di Nicolas de Francesco
Non c’è da meravigliarsi se Francesco Moneti abbia deciso in un momento come questo di far uscire il suo primo lavoro solista intitolato “Cosmic Rambler”: non si può fermare la vena creativa di un rambler e la sua energia forgiata da anni di tournee e dischi non potevano che sostenerlo anche ora; la sospensione forzata dai tour gli hanno dato, anzi, l’opportunità per dare il via ad una nuova avventura, attraverso un disco che si compone di un mix di suoni sperimentali tra folk, Prog, Balkan, Rock e World Music.
Musicista instancabile ed eclettico, da più di 30 anni ha intrecciato il suo percorso artistico con due band affermate che hanno dato vita alla scena folk in Italia, parlo dei “Modena City Ramblers” e della “Casa Del Vento”, ma nonostante questo non si è mai limitato ai confini del genere musicale e la sua curiosità artistica lo ha portato a collaborare con tantissimi artisti e band di varia estrazione sostenuto anche dalla sua abilità di polistrumentista, passando agevolmente tra strumenti quali violino, chitarra elettrica, bouzouki, mandolino, loudd ecc.
Da anni ormai vive a Parma, ma di certo non ha perso la sua natura e radice toscana, schietta e genuina, con la quale ha risposto alle nostre domande in vista dell’uscita di “Cosmic Rambler”, prevista per venerdì 22 gennaio per l’etichetta “New Model Label”:
Ciao Francesco, innanzitutto ti ringrazio per la disponibilità, tra pochi giorni uscirà “Cosmic Rambler” e immagino che tu stia fremendo e dai fan c’è molta attesa. Come stai vivendo il momento dell’imminente uscita? Più in generale come lo vivi in questo contesto di lockdown forzato?
Grazie a voi di cuore per lo spazio che mi concedete, innanzitutto!
Dunque ,son molto felice e nel contempo un pò stranito dal fatto che il disco esca in questa situazione mondiale molto particolare.
Sai, son quasi trent’ anni che faccio questo mestiere e son molto legato alla routine “uscita disco- prove-allestimento-tourneè”, routine che, evidentemente, sarà molto difficile che “Cosmic Rambler” possa vivere, almeno nell’ immediato.
Circa il Lockdown, non ti nascondo che sto vivendo molto peggio questo secondo Lockdown rispetto al primo.
Il primo stop l’ho vissuto, disagi evidenti a parte, come una inaspettata vacanza dopo una vita di tour; una vacanza forzata che comunque mi ha “regalato” del tempo importante da passare con mio figlio. Quest’ultimo faccio veramente fatica, lo ammetto…
“Cosmic Rambler” è il tuo primo lavoro solista che uscirà il 22 gennaio per l’etichetta “New Model Label” ed è distribuito da Audioglobe.
In anteprima possiamo già ascoltare “Jerusalem Vibes” su Youtube, dalle sonorità etniche e mediorientali molto suggestive. Dopo tanti anni in cui hai inciso un sacco di dischi tra Modena City Ramblers, Casa Del Vento e altri artisti, il fatto che esca un disco totalmente a nome tuo è già una notizia che porta molta curiosità.Ci racconti quando è nata l’idea e qual è il concept del disco?
Mah, guarda avevo un po’ di materiale che mi girava per la testa e che avevo raccolto in giro, magari con delle registrazioni rudimentali tipo video in camere d’albergo, audio vocali e idee varie. Mi son accorto che tra le cose che poi avrei presentato ai miei principali gruppi o alle band che mi capitava di produrre, prendevano sempre piu’ forma brani con sonorità diverse, originali e guizzanti, che necessitavano d’ esser dipinte con una tavolozza di colori diversa: pensa a un brano come “The sun is just a dot” presentato ai Ramblers o alla Casa del vento. Non avrebbe avuto alcun senso.
Inizialmente il cd avrebbe dovuto chiamarsi “Cosmic Love”, poi Govind della “New Model Label” che ancora ringrazio per la passione che ha messo in questo progetto, mi ha chiesto di trovare qualcosa di più interessante e ho trovato carino fare questo piccolo omaggio alla mia storia ed alla band con cui suono da 25 e più anni ormai.
Ah, ci tengo a dire, dato che in molti me lo chiedono che non ho lasciato i MCR né la Casa del Vento, eh!
“Cosmic Rambler” e’un progetto a parte, un’altra freccia del mio arco.
Con le altre due band siamo attivi: coi Modena stiamo discutendo la scaletta del prossimo tour col nuovo batterista che e’ fortissimo e che ho tirato fuori dal ‘vivaio’ di musicisti con cui ho collaborato e con la casa del vento dovremmo registrare il nuovo album.
Negli anni quello che mi ha sempre impressionato di te è la tua “voracità” musicale e la tua grande elasticità nel metterti a disposizione per collaborazioni e featuring con molti artisti e band ai quali ti sei sempre approcciato con molta elasticità, studiando repertori con stili diversi, a parte i consolidati percorsi con MCR e Casa del Vento; questa tua attitudine e questa curiosità musicale la rivedo e la risento anche in questo disco, una volontà di sperimentazione e di mixare linguaggi stilistici.
Vorrei chiederti, quindi: questo disco nasce da una esigenza comunicativa che rispecchia la tua indole o da un percorso di esperienza artistica arrivato a maturazione?
Sai, ci son due modi di approcciare questo lavoro: uno e’quello di imparare un po’ di cose, arroccarsi nella “comfort zone” e ripetere sempre lo stesso schema magari contando su un pubblico compiacente e poco curioso, l’ altro e’ cercare di assorbire esperienze, essere aperti, ricettivi ed inclusivi, mettersi in gioco, migliorarsi e stimolarsi.
Non c’è nulla di male nello scegliere il primo approccio da me descritto, ovvio, ma a me pare un po’ la vita dello struzzo che nasconde la testa dentro un buco per evitare il pericolo.
Io da sempre ho scelto il secondo approccio e mi capita di suonare folk il lunedì e magari roba alla “Dave Matthews Band” il giorno dopo!
Tornando al disco direi che non si è trattato di fissare un percorso di maturazione artistica perchè penso che la maturazione artistica non la si raggiunga mai, in questo caso si è trattato di urgenza espressiva e di gran voglia di suonare questi brani.
Nel disco, che ho avuto la possibilità di ascoltare in anteprima, ho apprezzato molto sia gli arrangiamenti sia le dinamiche che mi sono sembrate subito molto equilibrate e dosate nel giusto modo, ma sento molto anche una certa attitudine “power” che aggiunge molto carattere ai brani, un’attitudine che ho sempre riscontrato in te soprattutto nei live, sul palco, dove sei molto espressivo e coinvolgente: qual è il tuo modo di lavorare in studio e come ricrei il tuo approccio espressivo, considerando anche che hai registrato i brani in tempi diversi e in più sessions?
“Power”di sicuro!
Pensa che Luca Morino dei “Mau Mau” a volte mi chiama ”metallaro acustico”!
Di sicuro amo le situazioni musicali dove si respira energia e poco importa se l’ energia nasce da un muro di Marshall o da un’arpa. E’ proprio un’attitudine quella, che prescinde dai watt.
Ti diro’, ho sentito band di rockettari fare le facce truci sul palco e pero’ suonare senza un briciolo di grinta e magari un trio di vecchietti intorno ad un tavolo con strumenti acustici che mi hanno fatto rizzare i peli delle braccia.
In studio cerco di trovare un giusto bilanciamento fra una parte suonata bene ma che sia espressiva allo stesso tempo.
Non amo l’ esecuzione fredda, chirurgica, per capirsi.
Di sicuro questo processo è aiutato dalle tante registrazioni ed esperienze che ho fatto: mi è capitato di sentire cose che ho fatto suonate piuttosto precise ma dove si percepiva che stavo suonando con un orecchio al metronomo e l’altro all’ intonazione; è tutto giusto, per carità, ma il cuore deve essere sempre collegato.
Per questo lavoro mi son anche molto basato sull’ ascolto di Gino Pierascenzi, che ha prodotto artisticamente “Cosmic Rambler”con me.
Mi è capitato di suonare una parte, non trovarla così precisa e chiedere di rifarla.
Gino spesso mi diceva: ”e perchè? Suona così viva!”
Da Rambler quale sei, sai che i compagni di viaggio da scegliere per un percorso sono sempre importanti e bisogna avere fiducia in loro; parlami della “squadra” con cui hai lavorato e come hai scelto le collaborazioni che hai ospitato nel disco: ci sono, infatti, nomi importanti e di estrazione diversa ma, come dicevo prima, il lavoro risulta molto equilibrato e tutti danno un apporto di grande qualità.
Un team di lavoro così non lo trovavo da anni e io di esperienze ne ho fatte tante ma tante, lo sai. Govind, il discografico, mi ha dato tantissimi input e stimoli ed in primis mi ha suggerito la partnership con Gino Pierascenzi.
Gino lo avevo già incontrato quando con la sua band “Gasparazzo” aveva aperto qualche concerto dei MCR.
C’eravamo scambiati qualche parola su chitarre ed amplificatori ma niente più, sinceramente. Molti anni dopo, come ci siamo trovati in studio abbiamo scoperto di avere mille e più affinità musicali.
Come due bimbi lasciati liberi in un negozio di giocattoli, abbiamo sperimentato di tutto, suoni, strumenti, voci, campionatori ed abbiamo lavorato con un’armonia e sintonia che per me è stata davvero rigenerante.
Gli ospiti son stati centellinati con attenzione.
Volevo che i brani evocassero gli ospiti e non raccogliere featuring qua e là alla ricerca d un”like”su facebook in più.
Su ”African Scars”che è una ballad dal sapore africano, ho voluto Patrizio Fariselli degli “Area” che ha suonato Moog e piano e mi ha trasportato come per magia al concerto del Parco Lambro del 1976!!
Eccezionale!
Alfio Antico che ha un curriculum pazzesco con nomi come De Andre’, Capossela, Peppe Barra, ha registrato le sue parti indiavolate di tamburo su ”My Sweet Tsunami” nella lavanderia di casa sua, dopo aver preparato a me e a Gino una pasta alla norma strepitosa: strepitosa come la sua performance nel mio disco.
Francesco Di Bella ex “24 Grana” ha scritto una parte di testo e cantato in “This is the world we live in”, con un pathos unico; nello stesso brano c’è Marco Confetti alla batteria che ha letto il brano alla perfezione e delle bellissime pennellate di elettrica del mio amico Alfonso”Fofò” Bruno, che poi e’il chitarrista di Di Bella
Nel disco ci sono brani con sonorità che intrecciano il folk, il balkan, il rock, le scale arabe e il prog, ma solo in una è presente il passato, il presente e il futuro: parlo di “Lorenzo The Magnificent”. Mi racconti qualcosa di questo brano?
E’ il mio brano preferito del disco e paradossalmente quello più legato al mio passato musicale. Musicalmente è una ballad che potrebbe fare parte senza problemi d un cd dei MCR o della Casa del Vento, dato che vi è una forte impronta Irish nella melodia.
Ma il motivo per cui amo questo brano è perchè il Lorenzo del titolo, è mio figlio Lorenzo che compie due anni in questi giorni e a cui è dedicato l’ intero disco: ho campionato la sua vocetta e gli ho fatto fare la sua prima esperienza come backing vocals in un cd.
Ma si tratta proprio di una “family song”, dato che all’ inizio la melodia del brano è suggerita da un banjo suonato da mio padre.
Hai sempre viaggiato tanto per la musica, per tour lunghissimi, live, studi di registrazione e prove, “Cosmic Rambler” stesso trova ispirazione in questi viaggi, da cui un musicista può solo trarre giovamento sia musicalmente, che umanamente. In questo momento in cui i live non si possono fare, molti si concentrano sulle produzioni per esigenza lavorativa. Il tuo lavoro, secondo me, non rientra però in questo schema, lo trovo più una restituzione di quello che hai coltivato, delle storie e dei ricordi che hai accumulato, in un momento in cui hai potuto fermarti ad elaborare. Mi piacerebbe ci lasciassi una riflessione su che cosa è per te la musica live e come vedi la prospettiva del settore nel prossimo futuro.
Si si, sicuramente è così.Una vera e propria urgenza espressiva, come scrivevo prima.
Hai presente quando senti quella voce che ti dice ”ok, uomo, devi fare questa cosa e devi farla ora!”? Poi il tutto è nato in maniera quasi magica.
Un team di lavoro ottimo, una vena creativa florida, gioia di suonare e di creare, era tanto che non mi divertivo così.
Per quanto riguarda la situazione della musica live, io credo che i concerti streaming siano stati una bella cosa durante lo stop del lockdown, ma non credo e non voglio che siano il futuro.
Il concerto è un rito e la musica in tour crea gioia e benessere psicofisico, senza contare l’ importante indotto economico che fa registrare: tu pensa solamente a due band come MCR e Bandabardo’, con tutte le date che hanno fatto in quasi trent’ anni di attività, quanta gente han fatto lavorare.
Club , teatri, promoter, tecnici, baristi, i paninari onnipresenti fuori dai locali, ma pensa anche ai ristoranti, agli ostelli, agli hotel, alle agenzie di viaggio, ai banchetti degli street food e a tutto il mondo che ruota attorno ad un tour di una band.
Si deve ripartire, con calma, coi tempi giusti ma si deve ripartire.
Il concerto lo si vive di fronte al palco non di fronte ad uno schermo con le cuffiette.
Parliamo della copertina; è sempre molto importante l’immagine di presentazione di un disco e di solito focalizzare l’idea non è facile, però devo dire che per me è una delle più belle viste negli ultimi anni. Come è nata l’idea e come si è sviluppato il progetto?
Guarda, all’ inizio con Govind volevamo fare una copertina coloratissima in stile africano e stavo già valutando immagini.
Poi mi è giunta la folgorazione ed ho pensato alla mia vita ed al mio attaccamento alle mie radici. Io son sempre in giro ma so esattamente chi sono, cosa voglio e dove voglio tornare e ho pensato a questo ”vagabondo cosmico” che resta in panne col furgone su Saturno e che vuol tornare a casa. Ho telefonato a Daniele Caluri che è uno dei fumettisti migliori dello stivale che stimo tanto dai tempi in cui disegnava per ”Il Vernacoliere”.
Gli ho esposto la mia idea e lui ha creato questa magnifica tavola.
Se Daniele non avesse accettato avrei ripegato su una copertina fotografica o un disegno stile africano come dicevo prima.
Di sicuro non avrei esposto quell’idea ad un altro fumettista, pur conoscendone altri famosi e bravi.
Ho pensato:”o Daniele o muerte”
Quali sono i prossimi step di “Cosmic Rambler” e dove potremo ascoltarlo? So anche che stai per pubblicare un libro! Ci puoi dare qualche anticipazione?
Allora “Cosmic Rambler” sarà presente in tutte le piattaforme esistenti ma vi sarà anche la copia fisica. Si meditava di fare anche qualche vinile, vedremo.
Vorrei tanto portarlo in tour e presto mi vedrò con Gino Pierascenzi in sala prove per allestire lo spettacolo.
Ho già delle richieste in giro ma dobbiamo capire quando si sbloccherà la situazione; però ho una dannata voglia di suonare questo disco ed ho mille idee per il live.
Mi chiedi del libro: si, c’è anche questa novità!
Ho scritto un libro intitolato ”In un elaborato impeto d’ira” che uscirà per la casa editrice genovese “L’ Officina di Hank”. Dovrebbe uscire orientativamente a marzo.
Il libro e’ una sorta di road movie, anzi road book, ambientato nel mondo della musica nei primi anni 90.
Il protagonista è Vincenzo Brodo, aka Vinnie Brody, un musicista “dalla parte sbagliata dei 40” , come spesso si definisce, che vive la sua vita senza grossi scossoni in un’ Italia più ricca e florida di quella di adesso.
E’ambientato in un mondo pre-social dove ci si recava al ristorante per mangiare e non per fare le foto ai piatti per postarle poi su facebook.
Un’Italia se vogliamo più ingenuotta ma ricca di locali, feste e musica e dove l’ arrivo del supporto cd al posto del vinile e musicassette era visto come la discesa dei marziani sulla Terra.
L’ estate del 1995 è particolarmente calda e di sicuro Vinnie, il protagonista del libro, quell’ estate se la ricorderà per sempre…