Parma è la città più tassata dell’Emilia-Romagna e al 13°posto in Italia.
Le tasse sugli immobili produttivi dividono l’Italia degli imprenditori. Il fisco colpisce capannoni, laboratori, strumenti di lavoro con una ‘giungla’ di aliquote diverse. In Emilia-Romagna Parma è la città più penalizzata.
Lo rivela l’ufficio studi di Confartigianato che, in vista della scadenza dei pagamenti del 16 giugno, ha tracciato una mappa delle aliquote di Imu e Tasi applicate dai comuni italiani sugli immobili produttivi delle imprese. Le elaborazioni dell’Ufficio studi, su dati di ITWorking, mostrano che l’aliquota media di Imu e Tasi è del 9,97 per mille, ma con scostamenti molto significativi nelle diverse zone del Paese.
Parma, da questo punto di vista, è la città più cara dell’Emilia Romagna con un’aliquota del 10,28 per mille, ma non solo della nostra regione, visto che si piazza al 13° posto in Italia, su 108 capoluoghi di provincia (escluso Trento e Bolzano). A Bologna, per esempio, l’aliquota è del 10,15 nella vicina Reggio Emilia è di 9,65, chiude la classifica dell’Emilia Romagna Ferrara con 9,32 per mille.
In Italia, gli imprenditori più tartassati sono quelli di Trieste, con un’aliquota del 10,99 per mille, seguiti da quelli di Lucca (10,57) e di Terni (10,54). Il fisco è più clemente ad Aosta, su laboratori e capannoni si paga l’aliquota più bassa: 8,16 per mille.
Dall’elaborazione dell’ufficio studi di Confartigianato emerge, inoltre, che tra il 2012 e il 2014, la tassazione sugli strumenti di lavoro delle imprese è cresciuta del 18,4%, mentre nello stesso biennio le tasse sulle abitazioni principali sono diminuite del 10%. In media, in due anni ciascun imprenditore ha subito un aumento di 138 euro della pressione fiscale sugli immobili produttivi.
“Su laboratori, macchinari, capannoni – sottolinea Leonardo Cassinelli, presidente di Confartigianato Imprese Apla – si concentra un prelievo fiscale sempre più forte e la nostra città è ai massimi livelli in Italia. Non ci stancheremo mai di ribadire che è assurdo tassare gli immobili produttivi delle imprese come se fossero seconde case o beni di lusso. Come si può essere competitivi così? Ci chiediamo che fine abbia fatto l’annunciata riforma della tassazione immobiliare all’insegna della semplificazione e della riduzione delle aliquote”.