di Titti Duimio
Sulla pagina Facebook di Caterina Bonetti, consigliera comunale di opposizione a Parma è apparsa qualche giorno fa una riflessione sul nuovo logo di Parma2020 presentato a Milano durante la conferenza stampa del 3 dicembre dal suo autore Erik Spiekermann.
La consigliera Bonetti riporta un dialogo con un’amica parmigiana che abita oltreoceano:
“Ma lo sai che il logo che hanno presentato per Parma Capitale della cultura è identico a quello di una app che qui va per la maggiore?” mi dice a un certo punto. Le chiedo di illuminarmi e lei mi passa un paio di link:
“Non sembrano identici? Da una parte il logo di Pandora, app che ha già superato i tre milioni di utenti e, per quanto qui non sia ancora arrivata, minaccia altri colossi della musica in streaming, dall’altra il logo di Parma 2020. Commissionato e ben pagato dal Comune a un’agenzia che, a quanto risulta, sarebbe andato a prendere lontano da qui (chi mi segue sa che chiediamo da aprile di sapere cosa va in onda per Parma 2020 in sede di consiglio, ma invano).
Una osservazione legittima e comprensibile su un evento importante come Parma Capitale della Cultura che coinvolge tutta la città e sul quale tutta la città (chiamata appunto a collaborare nella “rete”) ha il diritto di esprimere pareri e critiche. Ma se a farlo è una consigliera comunale d’opposizione, che sottolinea la mancanza di comunicazione all’interno del luogo istituzionale preposto, forse la notizia sta proprio nella seconda parte del post pubblicato da Caterina Bonetti: “Chi mi segue sa che chiediamo da aprile di sapere cosa va in onda per Parma 2020 in sede di consiglio, ma invano”. A cosa è dovuto questo silenzio?
Ma cosa pensa di Parma2020 la consigliera Caterina Bonetti? “Esprimere un’opinione su Parma Capitale della cultura, al di là dell’entusiasmo iniziale per l’assegnazione, pienamente condiviso, è molto difficile- confessa la Bonetti- Difficile perché ad oggi il piano complessivo di quest’anno di eventi che si andranno ad aprire a gennaio non è chiaro o forse lo è per chi è stato messo a conoscenza del programma. Sicuramente non i consiglieri comunali. Abbiamo assistito a svariate presentazioni pubbliche, durante le quali sono state date suggestioni d’indirizzo, proposte immagini sicuramente accattivanti, ma la domanda su cosa si farà a Parma e cosa resterà di quest’anno di eventi in città è ancora nell’aria”.
Dal punto di vista politico, forse quello più trascurabile, “dispiace pensare ai continui appelli alla partecipazione di tutti, – continua la consigliera del PD – cui non hanno però fatto seguito adeguate risposte alle domande di carattere amministrativo: una conferenza stampa, un incontro informale non possono sostituire la programmazione condivisa. Non è un cavillo formale: proprio perché sarebbe bello essere tutti ‘ambasciatori’ di Parma 2020 sarebbe stato necessario metterci nelle condizioni di avere qualcosa da dire, eventualmente qualcosa su cui confrontarci con la città”.
Dal punto di vista generale invece, non risultando ancora chiara la proposta concreta, “diventa complicato immaginare cosa potrà essere quest’anno di eventi e, soprattutto, se ci sarà qualcosa che rimane – come spesso viene ripetuto – nel 2021,2022, 2023. – commenta la Bonetti – Parma Capitale della cultura è sembrata subito a tutti un’ottima occasione per dare nuova linfa alla vita culturale cittadina. La possibilità di un palcoscenico per quelle piccole realtà tenaci che, magari con pochi mezzi, da sempre lavorano in città, l’occasione per avere ospiti iniziative che possano essere da stimolo per uscire da un certo clima autoreferenziale che da sempre connota questa città in alcune (non generalizzo) situazioni. Eppure al momento, ciò che è dato per certo nel programma, è il finanziamento di grandi progetti sui quali verrà investito un bel capitolo delle risorse disponibili, sul resto si naviga di conferenza stampa in conferenza stampa“.
Viene poi da confrontarsi con alcuni dati di attualità: “Teatri che non hanno ancora trovato la loro sede (Teatro del Cerchio, ndr), altri che presentano situazioni di crisi rispetto alle quali l’intervento del Comune è parso poco incisivo (Teatro delle Briciole, ndr), progetti che non hanno ancora trovato una sede e molte altre iniziative che, pure essendo meritoriamente state inserite nell’elenco delle proposte di Parma 2020 esistevano già da un pezzo e che sostanzialmente continuano semplicemente a fare il loro buon lavoro culturale”.
Cosa porterà dunque questa scadenza? “Non so dirlo, in tutta sincerità. – commenta la Bonetti – Mi piacerebbe portasse nuove sinergie, apertura e possibilmente un rimescolamento delle potenzialità cittadine al di là dei soliti schemi consolidati. Mi permetto una piccola divagazione: un tempo (parlo di epoche remote, non di poche decadi) alla base della “sostenibilità” dei teatri c’era la differenziazione della proposta. Spettacoli estremamente popolari e, magari, di “grido” per fare pubblico e garantirsi la pagnotta e quel “di più” grazie al quale si potevano fare investimenti di sperimentazione. La cultura, soprattutto quando innova, difficilmente paga sul breve periodo. Occorre tempo e lavoro culturale verso il pubblico. Oggi il discorso potrebbe non essere diverso: un grande evento attrattivo, la mostra di grido potrebbe portare alla città le risorse necessarie per alimentare i filoni sperimentali che, in questo momento, faticano ad emergere. Rimane però una domanda: li sapremo valorizzare? Oppure i grandi eventi resteranno cattedrali nel deserto, che non porteranno alla nascita e allo sviluppo di nuovi percorsi?”.
“Continueremo insomma ad essere solo quello che siamo stati fino ad ora o sapremo fare il salto di qualità? Allo stato attuale, considerate anche le recenti notizie dal settore, fatico a pensare che saremo pronti a fare il salto” conclude la consigliera.
E infine una riflessione la facciamo noi, ma che fine ha fatto il logo di Franco Maria Ricci editore e designer? Un uomo che di Parma e della cultura ha fatto la sua cifra identificativa e che ha creato un logo (quello presentato con il dossier che ha portato alla vittoria) perlomeno originale e unico affiancato al claim “la cultura batte il tempo” abbandonato a favore del ‘nuovo ritmo della città’ dove la parola cultura e la parola tempo lasciano il posto ad un’immagine rapida e sonora di una Parma forse un po’ troppo sbrigativa e smart o forse un po’ troppo da pubblicità.