Sabato 16 Novembre sarà una giornata ricca di appuntamenti per la XXIV edizione del ParmaJazz Frontiere Festival.
Alle ore 17:00 alla Casa della Musica (Piazzale S. Francesco, 1, 43121 Parma PR) il musicista Luca Perciballi presenterà la sua nuova produzione che lo ha visto impegnato nel workshop con il Liceo Musicale Attilio Bertolucci di Parma He do the police in different voices, prezioso momento di formazione rivolto alle giovani generazioni che si concluderà come ogni anno con un concerto che vedrà l’esibizione degli allievi: Giulia Petucco (voce e percussioni), Letizia Zanfardino (flauto), Arianna Ruggeri (fagotto), Nico Tosi (trombone), Erika Bernardo (percussioni), Tommaso Pezzani (percussioni), Michele Violi (percussioni), Niccolò Ranieri (pianoforte), Tito Zucchi (pianoforte e violoncello), Giacomo Bianchi (chitarra), Matilde Lombatti (chitarra), Daniele Loche (violino), Mattia Rossetti (viola) e Gianluca Spagnoli (violoncello).
A seguire a partire dalle20.30, sempre alla Casa della Musica si esibirà il Roberta BaldizzoneWhite Quartet, composto oltre dalla pianista Roberta Baldizzone, anche dal sax soprano e tenoreGabriele Fava, la chitarra elettrica di Riccardo Costa e la batteria di Marcello Canuti.
Successivamente, Andrea Grossi e i Blend3si esibiranno in Lubok progetto ideato in collaborazione con l’Associazione I-Jazz- Italiajazz e presentato all’interno del progetto Nuova Generazione Jazz. Sul palco saliranno tutti i componenti di Blend3 che vedono oltre al contrabbasso diAndrea Grossi, anche il sax contralto di Manuel Caliumi e la chitarra elettrica di Michele Bonifati.
Il progetto che Luca Perciballi propone agli studenti del Liceo Bertolucci prende il nome dal working title che T.S. Eliot usava per il suo The Wasteland: la poesia di Eliot e di altri grandi autori (Celan, Mallarmè, Campana) sarà il materiale di base per il lavoro con l’orchestra.
La parola parlata, opportunamente registrata su supporto, verrà trascritta e organizzata in elementi musicali, fugendo da materiale tematico per la costruzione di una forma canzonediversa dalla comune accezione del termine, tralasciando la semplice forma a cui si riferisce la musica popolare per recupare un senso più profondo di drammmaturgia.
Gli studenti verranno condotti attraverso molteplici modalità del fare musica, al fine di costruire uno spettacolo organico che commenti e sottilinei le parole poetiche degli autori scelti: la parola trascritta permetterà un grande lavoro sul ritmo e sulla lettura/interpretazione dello stesso mentre la drammaturgia si muoverà attraverso scenari improvvisativi (improvvisazione jazzistica e conduction orchestrale) e partiture di vario tipo (dalla notazione tradizione alla partitura grafica).
Gli allievi verrano stimolati a partecipare alla creazione della drammaturgia e all’organizzazione degli elementi che verranno presentati loro a blocchi che potranno liberamente ordinare collettivamente.
He do the police in different voicesvuole essere soprattutto un’educazione alla scoperta di modi alternativi di fare e di guardare alla musica, veicoli importanti per la produzione di pensiero consapevole e possibile di infinite ramificazioni.
In Changing Texturesla pianista e compositrice Roberta Baldizzone basa il suo lavoro essenzialmente sulla ricerca del contrasto sonoro – timbrico, dinamico, tensivo – che nasce dalla sperimentazione su costruzioni intervallari e strutture aperte. A livello compositivo e improvvisativo, i temi, gli ostinati, le sequenze armoniche, così come gli elementi generativi degli episodi estemporanei, sono costruiti su simmetrie che hanno tra loro specifiche relazioni di distanza. Per lasciare sciolto da vincoli l’elemento improvvisativo, si è scelto di ridurre la scrittura al minimo, privilegiando un tipo di struttura per lo più libero nel quale si susseguono una sequenza di episodi a volte senza una metrica esplicita.
L’esplorazione del suono nelle sue varie dimensioni dà luogo a impasti timbrici, variazioni nell’intensità, mutamenti della disposizione nello spazio e genera di conseguenza un cambiamento dell’effetto tensivo/distensivo della musica. Da qui il nome del progetto, Changing Textures, a sottolineare il continuo mutare nella trama – intesa anche come “consistenza” percepita a livello tattile – degli accadimenti sonori.
Blend 3è un organismo composto da tre personalità differenti ma affini, che esplora le possibilità sonore di un trio che, senza alcuna scaletta prestabilita, utilizza composizione ed improvvisazione come unico materiale.
In questo modo ciò che già è scritto viene proposto con la stessa presenza e freschezza di un’improvvisazione e, allo stesso tempo, l’improvvisazione come prassi e non come genere viene sviluppata con profonda funzione compositiva. Blend 3non sa quanti brani suonerà o quanto improvviserà, conosce soltanto il suo bisogno primario: prendere nuovamente vita ricercando un costante senso di unicità. Un approccio, questo, che si ritrova naturalmente anche nei tracciati musicali che compongono il progetto Lubok, recente lavoro discografico, il quale Roberto Masotti, per descriverlo, utilizza queste parole: «C’è in Blend 3 un’arte di fondere modi diversi, evocandoli e trasformandoli, che sorprende».
Nel panorama contemporaneo il suo impiego nell’ambito della musica improvvisata crea il presupposto per una particolare forma di conduction dove – come nel caso della Chironomic Orchestra diretta da Roberto Bonati – il direttore usa gesti e segni particolari per indicare, stimolare e sostenere l’azione dei musicisti. Non esistono leggii o spartiti a cui i musicisti guardino, la loro attenzione è completamente rivolta alle indicazioni del direttore e all’azione dei loro colleghi. Ciò che accade in questo contesto è diverso da quello che gli stessi musicisti sono soliti fare nei rispettivi ambiti. Ogni performance è unica e irripetibile.
Roberto Bonati
Compositore, contrabbassista, direttore d’orchestra. Nato a Parma nel 1959, Roberto Bonati deve la sua formazione allo studio del contrabbasso e agli studi letterari e di Storia della Musica.
Studia composizione con Gianfranco Maselli e Herb Pomeroy, direzione d’orchestra con Kirk Trevor. Presente sulla scena italiana dal 1980, ha al suo attivo una lunga esperienza sia come solista e leader di propri ensemble (dal quartetto alla ParmaFrontiere Orchestra), sia al fianco di Giorgio Gaslini e di Gianluigi Trovesi, e all’interno di prestigiose formazioni cameristiche (Ensemble Garbarino e Quartettone) e sinfoniche (Orchestre della Rai di Milano e Torino). Con le formazioni Musica Reservata e Rara Quartet ha effettuato numerose tournée in Europa, Messico, Sudafrica, Tunisia, Marocco, come leader del Silent Voices Quartet (Stefano Battaglia-pianoforte, Riccardo Luppi-flauti e sassofoni, Anthony Moreno-batteria) ha inciso, nel 1995, il CD Silent Voices.
Dal 1996 è Direttore Artistico del ParmaJazz Frontiere festival. Nel 1998 ha creato la ParmaFrontiere Orchestra per la quale ha composto: I Loves you Porgy (1998), dedicata alla musica di G. Gershwin, Le Rêve du Jongleur: memorie e presagi della Via Francigena (1999), basata su una rilettura di musiche medievali, …poi nella serena luce…, omaggio ad Attilio Bertolucci (2000), The Blanket of the Dark, a Study for Lady Macbeth (2001), A Silvery Silence, frammenti da Moby Dick (2003), progetti applauditi in tournée italiane e all’estero. Nel 2000, su commissione del Festival de la Medina di Tunisi, ha presentato Chants des Troubadours con il suo Chamber Ensemble (Lucia Minetti-voce, Riccardo Luppi-flauti e sax soprano, Mario Arcari-oboe, Vincenzo Mingiardi-chitarra, Stefano Battaglia-pianoforte, Fulvio Maras-percussioni).
Del 2005 è la produzione Un Sospeso Silenzio, dedicata a Pier Paolo Pasolini, eseguita in anteprima nella decima edizione del ParmaJazz Frontiere festival e presentato, fra l’altro, al Festival Internazionale di Cinema Contemporaneo di Città del Messico. Fiori di neve è del 2007 ed è ispirato alla tradizione letteraria degli Haiku e realizzato con l’Haiku Ensemble, un lavoro teso alla scarnificazione della materia musicale che segna l’approfondimento del dialogo con lo strumento voce che ha negli ultimi anni ulteriormente sviluppato grazie anche alla collaborazione con Diana Torto. Al 2011 risale Tacea la notte placida da cui è nato il progetto discografico registrato al Verdi Festival 2011, Bianco il vestito nel buio. Roberto Bonati ha maturato negli anni un linguaggio molto particolare, approdando ad una sintesi di alcuni dei molteplici linguaggi musicali che ha frequentato.
Nel 2015 ha composto e registrato, su commissione della Stavanger University, Nor Sea, nor Land, nor Salty Waves, per il Bjergsted Jazz Ensemble, un lavoro che prende l’avvio dalla mitologia norrena. Nel 2018 Bonati ha prodotto due nuove opere: Norwita (Tore Johansen-tromba e filicorno, Tor Yttredal-sax tenore e soprano, Mario Piacentini-piano, Marco Tonin-percussioni) un album che unisce l’atmosfera mediterranea con un mood nordico, in un evocativo scambio tra diversi mondi e culture, e il DVD Il suono improvviso, una performance orchestrale tenutasi nel 2015 al Teatro Regio di Parma, sotto la conduzione di Bonati con il suo metodo di chironomia improvvisata.
La musica di Bonati attinge costantemente alla contemporanea e al jazz, un jazz che non è mai genere o stile ma linguaggio, raffinato e capace di costruire intensi pannelli emotivi e di restituire in chiave differente poesia e cultura, grazie anche ad un particolarissimo uso della vocalità, in particolare di quella femminile.
Dal 2002 è docente di Composizione Jazz e Improvvisazione nonché Capo Dipartimento di Nuove Tecnologie e Linguaggi Musicali presso lo stesso, contribuendo a rendere il Conservatorio un polo di attrattiva anche per la musica contemporanea. Da sempre affascinato anche da altre espressioni artistiche, ha scritto musica per il cinema e la danza. Ha inciso per le etichette ECM, Soul Note, Splasc(h) Records, MM Records, CAM, Imprint Records, Nueva, Giulia, ParmaFrontiere (etichetta da lui fondata).
Chironomic Orchestra
La Chironomic Orchestra, diretta da Roberto Bonati nasce dalla riscoperta dell’atto improvvisativo, quello proprio dell’improvised chironomy che dà il nome all’ensemble.