Grande palazzo privato in strada Farini 37, fu costruito per i fratelli Scipione e Alessandro Tarasconi verso la fine del ‘500 su probabile progetto di Giovanni Francesco Testa al quale subentrò quasi sicuramente l’architetto Giovanni Battista Magnani per l’ampliamento avvenuto dopo il 1604.
Incompiuto nei prospetti esterni, l’edificio si sviluppa attorno ad un grande cortile centrale circondato da un portico sovrastato da loggiato, con decorazioni policrome raggiungibile attraverso uno scalone d’onore ed una scala elicoidale con colonne d’ordine dorico.
All’interno il palazzo presenta varie sale decorate con affreschi del XVI e XVII secolo.
Il palazzo nel 1860 divenne sede del primo sportello della Cassa di Risparmio di Parma.
ll committente del Palazzo fu Scipione Tarasconi (1555-1618), figlio di Giovan Battista, al servizio di Alessandro Farnese, nominato cavaliere nel 1592.
La famiglia Tarasconi, la cui presenza è attestata in Parma a partire dal 1415, imparentata con quelle dei Lalatta e dei Bajardi ha mantenuto la proprietà fino alla metà dell’Ottocento quando, per mancanza di discendenza, l’edificio è passato per via parentale ai Meli Lupi Soragna , che lo hanno ceduto nel 2014.
I lavori di restauro sono iniziati l’anno seguente nel 2015.
L’attuale planimetria dell’edificio risale in gran parte al tardo Cinquecento su progetto di Giovan Francesco Testa (1506-1590), collaboratore di Jacopo Vignola, soprintendente al Palazzo Farnese di Piacenza e dei lavori al palazzo del Giardino di Parma, che esegue i lavori verso il 1580, accorpando tre fabbriche preesistenti, attribuibili a fasi edilizie trecentesche e dell’inizio del Quattrocento, come è possibile verificare dalla facciata su strada Farini, ma alcuni recenti ritrovamenti di resti di una statua probabilmente di epoca romana fanno pensare ad una stratificazione artistica ben più remota che riassume l’intero percorso storico della città.
La scenografica scala a chiocciola barocca del Testa pare ispirarsi a quella all’interno del Palazzo Barozzi di Vignola progettata da Jacopo Barozzi, detto “il Vignola” con il quale l’architetto parmigiano collaborò.
Al piano nobile, si apre verso strada Farini un salone con soffitto ligneo a cassettoni tardo-cinquecentesco, suddiviso in nove riquadri interamente decorati; al centro campeggia la probabile raffigurazione della Primavera, mentre intorno si trovano vari motivi a grottesche alternati a volti femminili, uccelli e leoni.
Sulla sommità delle pareti corre un fregio che rappresenta, all’interno di cornici, 12 scene dell’Antico Testamento, strutturalmente correlate strettamente all’orditura dei cassettoni.
I dipinti dei cassettoni furono probabilmente realizzati da Cesare Baglione, mentre i fregi furono presumibilmente completati in un secondo momento dai suoi aiuti, tra i quali Girolamo Curti detto “il Dentone”, Angelo Michele Colonna e Giovanni Maria Conti della Camera.