Regione, Provincia e Amministrazione comunale di Salso riunite intorno a un tavolo per salvare le Terme Zoia. Ma è ancora possibile? E perché i segnali non stati ascoltati prima, senza ridursi oggi a chiedere aiuto al Ministero del lavoro?
Riavvolgiamo il nastro partendo da oggi.
Una richiesta al Ministero del Lavoro perché intervenga concedendo il finanziamento del contratto di solidarietà di tipo B per i lavoratori dell’azienda Terme di Salsomaggiore e di Tabiano.
E’ la decisione sottoscritta oggi in Regione al termine del tavolo riunito per esaminare la situazione aziendale, a cui hanno preso parte l’assessore regionale alle Attività produttive Palma Costi, il sindaco del Comune di Salsomaggiore e presidente della Provincia di Parma Filippo Fritelli, insieme alle parti sociali e all’impresa.
La crisi delle Terme di Salsomaggiore e Tabiano va avanti ormai da anni, e alla fine del mese di maggio si esauriranno i cinque mesi massimi di cassa integrazione in deroga previsti dalla normativa nazionale per il 2015.
“La Regione da tempo segue da vicino questa situazione – ha detto l’assessore Costi – L’azienda ha affrontato in questi anni diverse fasi di riorganizzazione, supportate dagli ammortizzatori sociali, che hanno consentito di ridurre gli impatti sociali e occupazionali, ma è ora necessario individuare soluzioni per affrontare la fase conclusiva della risoluzione della crisi”.
Ma il problema delle terme di Tabiano non è solo la crisi, con conseguente perdita dei posti di lavoro, ma è anche una gestione scellerata, e, secondo i rappresentanti di Forza Italia a Salsomaggiore, non chiara da parte della Regione.
Riavvolgendo di alcuni mesi, vediamo come il consigliere comunale Bignami (FI) da mesi sostiene che le terme giacciano in “ in una situazione di grave e protratta difficoltà” e “il consiglio di amministrazione ha fatto richiesta ai soci di poter procedere ad affitti di rami aziendali”.
La Regione, che partecipa al capitale sociale con una quota pari al 23,43% delle azioni, ha avallato la richiesta, ma “non ha menzionato la necessità di attivare procedure di evidenza pubblica, dato che l’azienda è totalmente partecipata da soggetti pubblici, vale a dire, oltre alla Regione, il Comune di Salsomaggiore e la Provincia di Parma”.
Bignami, pertanto, già mesi fa aveva chiesto alla Giunta “se ritiene corretta la stipula di contratti di affitto di rami aziendali – finalizzati, tra l’altro, alla cessione a titolo definitivo agli affittuari, trascorso un periodo di 46 mesi – di una società a totale partecipazione pubblica senza procedure di evidenza pubblica” e “se non ritiene che questo modo di procedere possa danneggiare Terme spa e aprire il fronte a contenziosi”.
A Bignami aveva fatto eco Francesca Gambarini, facendo notare come le “Terme di Salsomaggiore e Tabiano siano la peggior partecipata della Regione Emilia-Romagna. Negli ultimi 7 anni ha bruciato milioni di euro in investimenti assurdi”.
“Terme di Salsomaggiore e Tabiano salgono ancora una volta agli orrori della cronaca” – lamentava Francesca Gambarini già sul finire del 2014. La Corte dei conti, infatti, ha rilevato come sia la peggiore partecipata della Regione Emilia Romagna. La Corte sottolinea come i 2,4 milioni di euro di perdita nel 2013 abbiano inguaiato il bilancio della Regione e come sia già al terzo esercizio negativo consecutivo. Ma il giudizio della corte è stranamente clemente. Infatti, Terme perde 4 milioni di euro, non 2,4 (se si conta la cassa integrazione) e perde non da 3 esercizi consecutivi, ma ormai quasi da 10. Secondo la relazione dei revisori dei conti di Salsomaggiore, Terme ha perso 15 milioni di euro di valore patrimoniale il 30% del valore della produzione (ovvero dei ricavi). Da 5 anni ha piazzato 81 dipendenti su 220 in cassa integrazione in deroga, saccheggiando il fondo regionale senza alcun progetto serio di rilancio. Finita la cassa, il 30 novembre prossimo, gli 81 cassaintegrati diventeranno, per l’azienda, di colpo, 81 esuberi da licenziare. Negli ultimi 7 anni ha bruciato milioni di euro in investimenti assurdi, con la complicità di Comune, Regione, Provincia e di manager incapaci. Insomma, di fronte a tutto questo e al fatto che gli autori sono noti e riconoscibili, nessuna autorità fa nulla, nonostante da anni Forza Italia denunci questo autentico scandalo. Ormai l’azienda è morta, ma sarebbe moralmente doveroso chiedere conto agli autori del misfatto. Ma siamo in Emilia e la Corte dei conti guarda i conti degli altri ma non quelli, in rosso, dei compagni”
In pratica, facendo due conti spicci: a fine 2014 la società aveva 29 milioni di debiti con le banche, a cui se ne aggiungono circa 14 tra fornitori e leasing, a fronte di un fatturato di 17,5 milioni, che solo nel 2007 arrivava a 26. Una lenta decadenza di cui però oggi il Comune non si può più fare carico, spiega il sindaco Fritelli, che nella sua campagna elettorale aveva puntato molto sul rilancio del settore terme.
I sindacati però, più che una progettualità per il futuro, vedono in questa operazione un grave rischio per la prosecuzione dell’attività e la chiara volontà della proprietà di svendere l’azienda.
Il progetto ci sarebbe e la salvezza per l’azienda termale potrebbe arrivare proprio dall’ingresso di partner privati, con la vendita di parte delle quote o addirittura l’alienazione di singoli rami aziendali. “Nel piano di rilancio – chiarisce il sindaco Fritelli – si prevedono azioni legate alla riorganizzazione dei prodotti con investimenti sul marketing, ma anche la valorizzazione sul piano sanitario riabilitativo grazie alla Regione. Le Terme sono in perdita dal 2004 – ha concluso Fritelli – abbiamo bisogno di capitali privati, in modo da poter rinegoziare con le banche un piano di rientro. Cercheremo di fare il massimo per salvaguardare l’attività e i lavoratori, ma purtroppo la situazione è questa e il Comune da solo non può più sostenerla”.
E oggi, l’ennesimo salto verso il basso di una crisi che sembre sempre più un tunnel senza fine.