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AMARCORD: Quando Valenza mi mostrò due bonifici (falsi)

Mentre cala la sera sull’angolo destinato alla stampa, quello adiacente l’ingresso del Centro Sportivo di Collecchio, e i giocatori sfilano via tra un no comment generale e un “nessuna novità” di capitan Lucarelli, a tenere banco sono le parole di Giampietro Manenti a Radio Parma all’ora di pranzo.

“Stiamo facendo la due diligence (il controllo economico – fiscale), vedremo, non abbiamo avuto tempo di fare i controlli. Arriveranno i soldi?…Domanda di riserva, perfavore. Ma ormai abbiamo iniziato a lavorare e lavoriamo” .. .

Parole che lasciano temere che il neo patron ducale non arriverà nemmeno in tarda sera, o forse, come Taçi, magari non si vedrà proprio più…ma tanto vale ingannare l’attesa, con un ricordo dulcamaro. Anzi, amaro proprio, legato ad un difficile momento vissuto dal Parma anni fa: quello dell’immediato post-crac Parmalat.

All’epoca, a litigarsi il Parma erano Gaetano Valenza e Lorenzo Sanz. 

Una bella domenica, nel tardo pomeriggio, mentre uscivo dal Tardini dopo un non meglio definita  partita di campionato, nell’antistadio mi fermò un imbufalito Gaetano Valenza.

Ora, non volendo resuscitare ne disturbare alcun morto, mi sovviene di come, più o meno nello stesso posto i cui pochi giorni prima Vittorio Albertini mi aveva presentato Lorenzo Sanz Junior, sperticandosi a giurarmi che sarebbe stato nel brevissimo il mio nuovo presidente, Valenza mi sventolò davanti due fogli di carta.

Erano pseudo ricevute di bonifico, da 250mila euro cadauno: “vede che io faccio sul serio, lei che non si fida e scrive male di me”- mi strillò.

Io effettivamente non mi fidavo, e non avevo torto. I bonifici si rivelarono carta straccia, come le buone intenzioni di Valenza e quelle, equivalenti, di Lorenzo Sanz e famiglia.

Ora, mi fido di Manenti? Non più di quanto lo facessi di Taçi, ma credo che reggere un simile teatrino se davvero soldi non ce ne sono, non avrebbe senso. Quanto penso durerà? Non lo so. Fuggirà come gli altri? Spero di no. Da dove arrivino i soldi a questo punto conta molto poco, purché arrivino.

Perché un fallimento sarebbe una sconfitta per tutti, anche per coloro che sulle fortune del Parma hanno costruito la loro, beneficiando di vie piazze e ristoranti pieni di tifosi, anche da tutta Europa ai tempi belli, trasferte anche europee sponsorizzate dalla società e uno stemma di cui farsi lustro, e oggi godono della malasorte per ragioni non ben spoegabili.

Anche per chi oggi sghignazza o dice io l’avevo detto, il fallimento sarebbe un tonfo e una sconfitta: il Parma è un patrimonio anche loro, rischiano di accorgersene quando lo avremo perso tutti.

 

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