di Francesco Gallina
Frutto dell’assiduo e filologico lavoro durato un anno e mezzo e che ha visto all’opera esperti di iconografia, arabistica, storia rinascimentale e restauro, Le bandiere della Chiesa di Santo Stefano dei Cavalieri di Pisa. Loro storia, significato e restauro è il prestigioso volume presentato ieri 19 aprile 2017 presso la Biblioteca Palatina di Parma.
Al tavolo d’onore, alcuni emeriti rappresentanti dell’Istituzione dei Cavalieri di Santo Stefano e dell’Accademia Marina dei Cavalieri di Santo Stefano, quali il Presidente Gr. Uff. Am. Isp. Capo Luigi Romani, il Comm. Prof. Marco Gemignani, il Cav. Gr. Croce dr. Umberto Ascani, Lorenzo Benedetti dell’Accademia di Marina e Monsignor Fra’ Giovanni Scarabelli.
Opera bilingue (italiano e inglese) in grande formato, corredata dalle creazioni dell’artista Delio Gennai, Le bandiere della Chiesa di Santo Stefano dei Cavalieri di Pisa traccia un’analisi minuziosa delle preziosissime 98 insegne che ornano la Chiesa, gemma artistica di inestimabile valore, esaltata ab antiquo già da Joseph Furttenbach nel suo Itinerarium Italiae. Le bandiere e i resti di galere furono conquistate dall’Ordine ai turchi, fra il ‘500 e il ‘700, in occasione delle frequenti battaglie navali che i Cavalieri dell’Ordine combatterono con coraggio e perizia. Fondato nel 1561 da Cosimo I Medici, il glorioso Ordine militare ebbe come obiettivo primario la liberazione del Mediterraneo dall’infausta presenza corsara barbaresca e ottomana che ostacolava i viaggi e schiavizzava i prigionieri.
Dall’insegna a croce ottagona rossa su campo bianco – evidente richiamo all’Ordine dei Cavalieri di San Giovanni – l’Ordine ebbe la sua base operativa il porto di Livorno e il suo collegio del Palazzo della Carovana, istituto che offriva ai futuri soldati un’elevata formazione, prima teorica, poi pratica. Preparazione e abilità tecnica che dimostrarono sovente, basti pensare alla battaglia di Lepanto (1571), alla battaglia di Bona (1607) alla battaglia di Tavolara (1628) e alla battaglia del Canale di Piombino (1675), significativi eventi bellicosi che videro prevalentemente la vittoria schiacciante dei cristiani. Soggette ad un primo restauro “invasivo” a cura di Sara Butler Staunton Handcock, le insegne sono state restaurate con attenzione accademica dalla Prof.ssa Moira Brunori, fra il 1990 e il 2000, a cura del Centro di Restauro per la Tutela del Tessile Antico di Volterra.
La lectio magistralis, tenuta da Marco Gemignani sulle magnifiche fiamme ottomane e sugli çintemani decorativi, è stata preceduta da un intervento di Lorenzo Benedetti dedicato ai fitti rapporti fra l’Ordine e l’aristocrazia parmigiana. Numerosi furono infatti i nobili parmensi che vestirono l’abito dei cavalieri di S. Stefano, ricoprendo ruoli di primo piano, da Ferrante de’ Rossi a Mosè Musacchi, da Gaspare Cerati a Silvio Picenardi fino a Vincenzio Piazza, autore – fra le altre cose – della Bona espugnata.
Un gemellaggio (ancora ideale), quello fra Parma e l’Ordine di Santo Stefano, che si auspica ricco di futuri apporti accademici di grande rilievo storico-culturale.