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“La Di Vittorio vittima di commistioni e malagestione. Salviamo i soldi dei cittadini”

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La cooperativa Di Vittorio è fallita.

La sentenza di fallimento è stata emessa il 29 dicembre scorso, al termine di un concordato naufragato e vittima di pesanti accuse di mala gestione.

Per ora la cooperativa rossa non chiude: il suo destino verrà deciso da qui a marzo. Nella stessa udienza è stata dichiarata fallita anche la società Polis spa, controllata dalla Di Vittorio.

La Di Vittorio è una cooperativa di proprietà indivisa: ha costruito e possiede le abitazioni di centinaia e centinaia di soci, persone che abitano fra Fidenza, Parma, Salsomaggiore e i comuni della pianura e della collina parmense, ha incamerato milioni di euro di prestito sociale, depositi affidati dai soci.

Case e soldi che rischiano di sparire per sempre, sommersi da un monte di debiti.

E le rassicurazioni dei sindaci, firmate da Domenico Altieri (sindaco di Fontanellato), Fabio Fecci (sindaco di Noceto), Filippo Fritelli (sindaco di Salsomaggiore Terme), Massimiliano Grassi (sindaco di Fontevivo), Emanuela Grenti (sindaco di Fornovo Taro), Andrea Massari (sindaco di Fidenza), Federico Pizzarotti (sindaco di Parma) valgono poco o nulla. Ma eccole.

“La sentenza di fallimento che ha investito la cooperativa Di Vittorio, vede impegnati noi Sindaci nel proseguire, con determinazione, la strada di ogni azione possibile per tutelare non solo i Comuni che amministriamo ma anche i cittadini assegnatari di un alloggio di proprietà indivisa e coloro che in Di Vittorio hanno investito i risparmi di una vita.

In questa fase delicatissima, ogni passo va ancorato ad una attenta analisi della sentenza e dei suoi risvolti e, soprattutto, ad un confronto che porremo in essere nel più breve tempo possibile con i due curatori nominati dal Tribunale, per conoscere che tipo di azioni intenderanno intraprendere, certi di poter riscontrare una piena e fattiva collaborazione.

Attenendoci agli aspetti tecnici e amministrativi, è evidente che occorre completare le verifiche sulle convenzioni in essere e sugli obblighi che la Di Vittorio si era assunta per la loro attuazione, con particolare riferimento alla proprietà indivisa.

Proprio per questo, un punto di garanzia assoluta deve essere già oggi affermato – sia nel caso di un subentro nella gestione da parte dei Comuni, sia nel caso che l’esercizio provvisorio da parte della procedura abbia tempi lunghi – e riguarda i soci assegnatari di un alloggio di proprietà indivisa, il cui diritto alla casa non sarà messo in discussione, essendo un diritto sancito dalle convenzioni e blindato dalla legge 865 del 1971 (articoli 35 e seguenti).

Ora, al netto di tutte le variabili del caso, sapendo che nel novero delle possibilità può rientrare l’ipotesi che sia proposta dai curatori la risoluzione della convenzione, i Comuni dovrebbero subentrare alla cooperativa nella gestione dell’ingente e sano patrimonio della proprietà indivisa (485 alloggi spalmati nei nostri territori) assumendosi solo gli oneri dei mutui ancora attivi attinenti alla costruzione e/o ristrutturazione degli alloggi adibiti ad edilizia residenziale convenzionata pur dovendo fare i conti con le regole di finanza pubblica e del Patto di Stabilità. Come abbiamo già dichiarato nei mesi scorsi, non possiamo e non vogliamo fare fronte ad obblighi che vennero assunti dalla Di Vittorio per quello stesso patrimonio ma i cui fondi sono stati destinati ad altre operazioni del gruppo, che nulla hanno a che vedere con le finalità sociali e pubbliche legate agli alloggi dell’indivisa.

Essendo il fallimento della Di Vittorio una vicenda che investe gran parte del territorio provinciale e tantissimi cittadini, è evidente la necessità di un forte ed integrato impegno con i livelli istituzionali superiori, a cominciare da quello regionale, parlamentare e governativo, sui cui tavoli porteremo di nuovo l’eccezionalità di questa vicenda, la definizione dei poteri reali di intervento dei Comuni che devono misurarsi – lo ripetiamo ancora una volta – con le maglie strette del Patto di Stabilità e la ricerca di una soluzione al tema complesso delle tutele per i soci prestatori”.

Più caustica e meno ottimista Francesca Gambarini (FI):

“Il tribunale di Parma ha dichiarato il fallimento della cooperativa Di Vittorio e di Polis Spa, rigettando la richiesta di concordato sulla quale tante rassicurazioni erano state date anche dal sindaco Massari.

I nostri timori sono diventati realtà. Il primo pensiero va a tutte quelle persone che hanno avuto fiducia nella Di Vittorio affidandole i propri risparmi e a tutti coloro che vivono nelle abitazioni della proprietà indivisa. Si parla di milioni di euro”.

Così il capogruppo di Forza Italia al Consiglio comunale di Fidenza, esordisce.

“A questo punto, la convocazione del Consiglio comunale monotematico non può più essere rinviata: serve dare spiegazioni a chi ha affidato i risparmi di una vita alla Di Vittorio e alla città intera, dato che, stando alle dichiarazioni di Massari e degli altri sindaci, il passivo potrebbe ricadere sul Comune. Invito, quindi, il presidente del Consiglio comunale a convocarlo immediatamente.

Del cda della Di Vittorio hanno fatto e fanno parte diversi esponenti del centrosinistra cittadino (fra cui anche l’attuale sindaco): alla luce di questo legame, evidenziato anche dal capogruppo Pd in una seduta consiliare, l’amministrazione deve ancora di più sentirsi in dovere di spiegare ai cittadini cosa sta succedendo.

Questa commistione fra amministrazioni, politica , cooperative e ingerenze imprenditoriali in ambiti non propri va spezzata al più presto. Ho più volte chiesto chiarimenti senza mai ricevere risposta. L’opposizione è stata sbeffeggiata e accusata di voler speculare su questa vicenda. Inoltre, mi preoccupa il contenuto della relazione del commissario Capretti, che parla di “opacità” e che ha ritenuto di dover fare un esposto in Procura.

Al fallimento non si arriva in un giorno, ma quello che accade oggi è il risultato di tante scelte sbagliate del passato. Vanno accertate le responsabilità perché a pagare non devono essere i cittadini. Le cooperative nate per soddisfare esigenze abitative non devono utilizzare risorse dei soci per invadere settori imprenditoriali che esulano dalla loro mission originaria come ad esempio aprire bar, ristoranti o poliambulatori!”

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