A distanza di due giorni dalla mattanza e dal danno al Bar Jasmine, l’albanese che con un bastone e due coltelli ha seminato il panico e mandato due clienti, e amici del titolare, all’ospedale, è ancora in fuga.
Lo si cerca anche a Milano dove sarebbe residente. Ancora nessuna notizia anche dei due amici connazionali che l’hanno aiutato nella spedizione punitiva. I due clienti, marocchini, sulla 40ina, aggrediti, che erano finiti al Maggiore ed inizialemente preoccupavano i sanitari, sono invece stati dimessi.
I FATTI –“Non mi dai da bere? Io spacco il bar e mando due clienti all’ospedale”.
Sarebbe stato un “no” ad una richiesta di altro alcool a scatenare la furia dell’uomo, albanese, che domenica sera poco dopo le 22 ha devastato gli interni del Bar Yasmine, in Via Sante Vincenzi, interna residenziale di Via Mordacci.
Poteva essere una sera come tante quando invece, intorno alle 19,00 di domenica 16 ottobre, nel bar gestito da una coppia di parmigiani, un paio di uomini, albanesi avventori del locale, sono arrivati a bordo della loro vecchia Punto e sono entrati chiedendo da bere. Vedendoli visibilmente su di giri, l’uomo dietro il bancone ha detto “no”. Uno dei due si è defilato, l’altro ha fatto un gran chiasso e spintonato alcuni clienti, fino al primo arrivo delle volanti.
Portato in questura ha finto di calmarsi: identificato, in regola sul territorio, gli uomini di Borgo della Posta non hanno potuto fare altro che lasciarlo andare.
E lui che ha fatto? Ha raccolto un paio di amichetti, ha preso un bastone sull’auto, un paio di coltellacci da cucina, ed è tornato nel bar un’ora dopo, gridando minacce e ingiurie. Alcuni clienti si sono chiusi in uno sgabuzzino, insieme a Roberta e Michele, figlia e genero della titolare. Due malcapitati amici di Michele hanno cercato di farli ragionare mentre con il bastone devastavano frigoriferi, bevande, tavole, sedie, espositori ed ogni cosa trovassero a tiro. I due sono stati gravemente feriti e sono finiti in codice rosso al Pronto Soccorso del Maggiore. Uno dei due è stato accoltellato vicino al collo ed è grave. L’altro è stato colpito alla testa con una sedia. Tutto per un bicchiere di troppo.
LUNEDì MATTINA – Passano clienti e residenti, davanti al bar devastato dalla furia della squadriglia albanese. Scorrono davanti, curiosi e mesti, allungano un occhio, qualcuno prova ad entrare. La Punto delle tre furie albanese è scomparsa, la Questura sa chi cercare, anche se ancora non è stata sporta denuncia: saranno le immagini di videosorveglianza a parlare per prima. Anche per la squadra scientifica è stata una notte di rilievi.
LA TITOLARE: “AD AGOSTO UN FURTO, ORA LE MINACCE – Far il conto dei danni e raccogliere i cocci del giorno dopo tocca a Grace, la proprietaria, a casa col nipotino la sera precedente. “I danni sono evidenti – commenta mesta – per fortuna siamo assicurati. Il problema è che l’amico di mio genero, un ragazzo giovane, pare sia grave. E che ora abbiamo paura, perchè ieri sera ci gridavano: “Diamo fuoco al locale” Questi sono belve non sono uomini, non ci puoi parlare”.
Locale già preso di mira dai ladri, in estate. “In agosto – racconta ancora Grace – un pomeriggio c’era qui mia figlia da sola, sono entrati due ragazzi, uno è salito su una sedia e ha messo il silicone trasparente sul sensore dell’allarme. Lei stava servendo, non se ne è accorta, ma quando un mesetto fa sono entrati in due, di notte, incappucciati, con un piede di porco e hanno rubato la macchinetta cambia monete, incuranti della gente del palazzo che li vedeva, per poi fuggire con un terzo complice su una Mercedes rubata a Fidenza due giorni prima, abbiamo guardato le immagini di sorveglianza a ritroso. E la Polizia ha notato che avevano bloccato il sensore”.
“Ora ci hanno minacciato di tornare e bruciare il locale ma io non ho paura. – continua la titolare – Questo è il mio bar e con tutti i sacrifici che abbiamo fatto per aprirlo questo non lo accetto”.
Il quartiere non è, e non può essere, contento di quanto accaduto. Esce un uomo sulla 60ina, dal condominio sovrastante il bar. Ma ha poca voglia di parlare: “Conosco i colpevoli? Non saprei. E poi sa, qua ci conosciamo tutti, non vorrei mi venissero a cercare”.
Il via vai è tutto uguale, rapido, sgusciante, nessuno parla. Non si sa mai, che una parola di più possa rendere chiunque la prossima vittima della furia albanese. Ma intanto le telecamere hanno ripreso, gli aggressori sono già identificati e si aspetta solo l’arresto.
(effedivi)