Il 22 agosto scorso è stata pubblicata l’esemplare sentenza n. 777/2016 della Corte d’Appello di Bologna che, nel disporre la reintegrazione di un lavoratore ingiustamente licenziato nel territorio di Parma, fa grande chiarezza rispetto allo spinoso tema della genuinità degli appalti di servizio alle aziende e stabilisce inequivocabilmente che in tale ambito l’effettivo datore di lavoro è colui che esercita il potere direttivo e organizzativo anche se il lavoratore risulta formalmente dipendente della società o cooperativa appaltatrice. In particolare, l’azienda committente è stata condannata a riconoscere come dipendente il lavoratore fin dal primo giorno di impiego ed ha dovuto reintegrarlo essendo stato dichiarato nullo il licenziamento fatto dalla cooperativa appaltatrice e quindi non dal vero datore di lavoro.
Il caso, che nella fattispecie riguarda un lavoratore ex socio di cooperativa, la Società Minerva Consulence scarl operante presso il Consorzio Casalasco (ex Boschi Food and Beverage), riporta alle cronache la questione della “salubrità” di un sistema produttivo pur avanzato come quello parmense, comprese le filiere a più alta qualità e valore aggiunto, dove non è così infrequente incontrare fenomeni di intermediazione o interposizione di manodopera tali per cui vengono impiegati nel cuore dei cicli produttivi lavoratori che formalmente non risultano inquadrati in quell’attività, ovviamente a scapito di salario e diritti.
Tutto questo rafforza la convinzione della Camera del Lavoro di Parma e delle sue categorie (nello specifico sono coinvolte la FILT per il comparto logistica e la FLAI per l’alimentare) che lo straordinario impegno in corso da parte della CGIL per mettere ordine nel sistema degli appalti, sia pubblici che privati, nonché per tradurre in norme le idee contenute nella proposta di legge di iniziativa popolare per una “Carta dei diritti universali dei lavoratori” in materia di responsabilità solidale negli appalti, debba proseguire e anzi intensificarsi, nella prospettiva di dare concretezza ad un nuovo e condiviso sistema di regole che restituisca dignità e diritti ad un comparto, quello degli appalti appunto, troppo a lungo penalizzato e fatto oggetto di scarsa trasparenza quando non di vera e propria illegalità.
Un tema al quale le stesse rappresentanze datoriali e le aziende che vogliono fondare la propria competitività sulla qualità anziché sulla mera compressione del costo del lavoro non possono più sottrarsi. A meno che non vogliano rassegnarsi al contenzioso legale del quale, in casi come quello di specie, il sindacato continuerà a farsi promotore.