“La crisi economica in Italia ha colpito duramente anche il lavoro degli stranieri negli ultimi 8 anni, tanto che il tasso di disoccupazione degli stranieri ha raggiunto quota 17% .
Dal 2008 sono tantissimi i cittadini di Paesi Terzi che hanno perso il lavoro e non sono riusciti a trovarne uno nuovo entro un anno – termine previsto dallo Stato italiano per trovare una nuova occupazione. Oltre a questo dramma, gli stranieri vedono messa in discussione la propria permanenza regolare sul territorio nazionale stante le norme restrittive vigenti in materia di soggiorno in Italia.
Come risultato, una parte di loro è dovuta andarsene per cercare lavoro all’estero. La maggior parte, però, è finita nella trappola del lavoro sommerso, un tunnel da cui è difficilissimo uscire ed in cui vengono cancellati i diritti fondamentali, civili e del lavoro. Con la legge 92/2012, lo ricordiamo, la durata del permesso per attesa occupazione è stata portata da sei mesi ad un anno (minimo). Il permesso può essere ulteriormente rinnovato per “tutto il periodo di durata della prestazione di sostegno al reddito percepita dal lavoratore straniero, qualora superiore” e nel caso in cui egli dimostri l’esistenza di un “reddito minimo annuo derivante da fonti lecite non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale”. Questi aspetti sono stati anche precisati in una circolare del 09/07/2012 inviata dal Viminale alle questure.
Malgrado ciò tra il 2014 ed il 2015 oltre 300 mila permessi non sono stati rinnovati. Circa 100 mila stranieri si sono trasferiti all’estero e i restanti 200 mila sono scivolati nell’illegalità del lavoro sommerso, spesso con conseguenze ancora più drammatiche per i loro familiari a carico, con particolare riferimento ai minori, magari nati in Italia. Per questo motivo, da molto tempo Cgil, Cisl, Uil hanno chiesto all’Esecutivo di estendere la durata del permesso per attesa occupazione a due anni, “vincolando il provvedimento alla messa in atto di concrete politiche attive del lavoro…”.
Le tre Confederazioni hanno suggerito inoltre la necessità di monitorare il comportamento delle questure, visto che – malgrado la norma di legge e la circolare citata – il numero dei mancati rinnovi si è rivelato eccessivo. In diversi casi, le questure di importanti città hanno mancato di rinnovare il permesso di soggiorno a stranieri che avevano perso il lavoro, avendo esaurito i benefici del permesso per attesa occupazione o quelli derivanti dagli ammortizzatori sociali. In alcuni casi, viene rigettata addirittura la prima istanza di rinnovo per attesa occupazione se la
Questura verifica che lo straniero è stato disoccupato già nei dodici mesi precedenti, quando era ancora titolare di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro. In altri ancora, pur in presenza di un contratto di lavoro di breve durata, le Questure tengono in sospeso l’istanza di rinnovo, in attesa che il contratto venga prorogato o, in alternativa, rilasciano un permesso di soggiorno della durata di pochi mesi.
A tutto ciò si accompagna poi una difficoltà derivante dalla impossibilità attuale delle Questure di verificare i contributi relativi alle prestazioni lavorative “occasionali” che non compaiono nella banca dati INPS e che rischiano quindi di prorogare ulteriormente i tempi o addirittura sospendere la valutazione delle istanze. Vale la pena di ricordare come il lavoro nero (in molti settori produttivi) stia producendo situazioni di grave sfruttamento e sia spesso funzionale a fenomeni di tratta e lavoro forzato.
Da qui la necessità di affrontare seriamente questo problema con l’adozione di provvedimenti legislativi atti a prolungare la durata del permesso per attesa occupazione (almeno a due anni) ed evitare che decine di migliaia di persone finiscano nelle mani del racket del lavoro nero e del grave sfruttamento. I sindacati confederali chiedono altresì di fornire indicazioni univoche alle questure, perché il permesso venga correttamente e in maniera omogenea rinnovato su tutto il territorio nazionale.
Visto che il Governo continua a non dare risposte alle ripetute richieste, CGIL, CISL e UIL hanno deciso di indire una giornata di mobilitazione nazionale per il prossimo 28 giugno, con i seguenti obiettivi: proroga a due anni della durata del permesso di soggiorno per attesa occupazione; sanare le posizioni dei migranti che hanno già perso il permesso di soggiorno; lotta al lavoro nero ed al grave sfruttamento che ne scaturisce.
In Emilia Romagna è prevista una unica manifestazione davanti alla Prefettura di Bologna, dalle ore 10 alle 12, con delegazioni da tutta la regione, Parma compresa. Nel corso della giornata si svolgeranno incontri con le singole Prefetture territoriali”.