Ricordiamo che la fascia di protezione e cioè quelle famiglie che hanno un ISEE inferiore a 7.500 euro, riguarda la maggioranza (58%) degli attuali inquilini delle case popolari.
Il nuovo sistema entra in vigore dal 1 gennaio 2017 e sarà seguito da un meccanismo di monitoraggio, in base al quale si potrà verificare se nella fase applicativa vengono colti fino in fondo gli obiettivi di equità che il sistema si è voluto dare.
D’altra parte le case popolari della regione hanno una storia ben precisa: molte famiglie sono entrate 30 anni fa e sono “invecchiate” nelle case popolari, la modifica della soglia di decadenza, se applicata in modo automatico, rischiava ad esempio di costringere molte persone anziane, a volte non autosufficienti, a lasciare una casa popolare occupata da lungo tempo, in modo traumatico e comunque troppo repentino.
Come sindacato abbiamo chiesto con forza che il sistema tenesse in considerazione questa storia e le varie condizioni di disagio oggettivo che la nuova norma potrebbe provocare e abbiamo ottenuto che i Comuni possano applicare, quando occorre, una regolamentazione molto più “morbida” nei tempi di applicazione e/o percorsi di accompagnamento verso nuove formule abitative. A tale proposito si è convenuto di aprire una fase di approfondimento e di discussione allo scopo di dare concretezza alla “filiera dell’abitare”.
Come Sindacati Confederali CGIL CISL UIL e sindacati inquilini SUNIA SICET UNIAT abbiamo affrontato un lungo confronto con la Vicepresidente e Assessore alle politiche di welfare e politiche abitative Gualmini e con la rappresentanza dei Comuni, la discussione è stata molto intensa, si sono affrontate diverse ipotesi, la soluzione che abbiamo unitariamente condiviso tiene conto di tutte le istanze e cerca un equilibrio sugli obiettivi condivisi: maggiore equità sociale, sostenibilità del sistema ERP, maggiore mobilità e fruibilità del bene “casa popolare”, fase di accompagnamento all’uscita per casi specifici di disagio sociale.
Dopo l’approvazione della delibera regionale toccherà ai Comuni fare la loro parte e per noi sindacati la discussione si sposta a livello territoriale dove chiederemo ai Sindaci piena coerenza rispetto agli obiettivi, in un quadro di tutela delle situazioni di fragilità e di equilibrio nell’applicazione della nuova metodologia di calcolo dei canoni, al fine di rendere equi e sostenibili eventuali aumenti in particolare per le fasce più basse.
Avendo condiviso gli obiettivi generali che hanno portato alla definizione del quadro generale che viene espresso nella delibera regionale, esprimiamo soddisfazione perché sono state accolte molte delle nostre osservazioni.
Nel contempo siamo consapevoli che il sistema cambia in molte parti, si cala su realtà territoriali diverse e impatta con uno strumento, l’ISEE, che non ha ancora raggiunto un assetto normativo definitivo, per cui abbiamo convenuto con l’Assessore che se dovessero determinarsi degli effetti oggi non prevedibili e incoerenti rispetto agli obiettivi di equità sociale, si potrà riaprire il confronto e apporre i correttivi necessari”.
Segreterie CGIL CISL UIL EMILIA ROMAGNA
SUNIA SICET UNIAT EMILIA ROMAGNA