La personalizzazione dell’intervento alla spalla è una delle prerogative del trattamento nei casi di trauma. Ne parliamo con Michele Verdano, dirigente medico della Clinica ortopedica e specialista traumatologo, alla vigilia del convegno che si terrà alla Sala congressi dell’Ospedale di Parma, venerdì 5 febbraio, a partire dalle ore 14.30.
Come si decide quale intervento fare in caso di trauma alla spalla?
Il nostro intento, intervenendo sulla spalla, è sempre quello di fare il maggior numero di riparazioni, cioè cercare di recuperare al massimo la funzionalità.
Di solito i traumi coinvolgono i giovani, più di frequente maschi, che arrivano da noi dopo un incidente durante l’attività sportiva o sulla strada. Oppure si tratta di anziani e, tra questi in particolare, di donne, che spesso sono osteoporotiche e che arrivano in ospedale in seguito a un trauma tra le pareti di casa o durante la normale vita quotidiana.
Come si procede dunque per realizzare una valutazione corretta di ciò che è necessario fare?
La prima cosa è osservare la personalità della frattura; di solito si procede con esami strumentali: la lastra o una Tac, a seconda dei casi. Ma l’obiettivo è valutare la frattura anche in base alla richiesta funzionale della persona.
Decidete che tipo di intervento fare a seconda della richiesta della persona?
Dobbiamo procedere a una sorta di personalizzazione del percorso, in base alle aspettative del paziente. È un procedimento, chiamato tailor, che prevede di “cucire” la soluzione addosso al paziente. Per questo dobbiamo definire sia il profilo della frattura sia quello della persona, in modo da mettere bene a fuoco le future esigenze.
Come si passa da questa decisione alla sala operatoria?
A questo punto entra in gioco l’evidenza scientifica, cioè quello che le esperienze ci suggeriscono di fare sulla base della situazione a cui siamo di fronte. In altri termini, basiamo le nostre decisioni terapeutiche sulla valutazione critica dei risultati disponibili grazie alla letteratura scientifica.
Anche le tecniche impiegate variano molto, e vanno da quelle tradizionali, con la chirurgia a cielo aperto, a quelle in artroscopia. Per esempio, per quanto riguarda le rotture tendinee ormai si fa quasi tutto in artroscopia. Ma, come abbiamo detto, la decisione viene cucita addosso alla persona, quindi si decide sulla base delle esigenze e delle aspettative espresse.
Dopo l’intervento si deve procedere a un periodo specifico di recupero?
La spalla, in generale, richiede periodi di riabilitazione medi o lunghi: si va dai tre ai sei mesi per il ritorno alla normale attività. Dopo l’intervento però il periodo di immobilizzazione è breve, infatti il giorno stesso dell’intervento si comincia la riabilitazione.
La degenza in ospedale quanto dura?
Cerchiamo sempre di mandare a casa la persona il prima possibile. Di norma comunque si resta in ospedale un giorno, in caso di intervento in artroscopia, e due giorni, in caso di sintesi di frattura.