Il gup Francesca Zavaglia ha disposto il rinvio a giudizio per oltre 140 imputati nel processo di ‘Ndrangheta ‘Aemilia’. Il dispositivo è stato letto nell’aula speciale, allestita in Fiera a Bologna. La prima udienza è fissata per il 23 marzo 2016 a Reggio Emilia.
Tutti rinviati a giudizio gli” imputati parmigiani”: oltre al boss Michele Bolognino, anche Salvatore Gerace, Rosario Adamo, Aldo Pietro Ferrari e Giuseppe Manzoni. Gli altri 9 imputati parmigiani avevano scelto riti alternativi, abbreviato o patteggiamento.
In tutto, gli imputati parmigiani sono 14, eccone nomi e capo d’imputazione:
Giovanni Paolo Bernini, politico, ex assessore ai Servizi per l’ Infanzia durante la giunta Vignali dal 2007 al settembre 2011 quando venne arrestato nell’ambito dell’indagine Easy Money. L’accusa è concorso esterno in associazione mafiosa;
Michele Bolognino, sarebbe stato promotore, dirigente ed organizzatore dell’attività dell’associazione mafiosa per la zona di Parma. Garantiva il collegamento tra i partecipanti, manteneva i rapporti con la “casa madre di Cutro” e con Nicolino Grande Aracri, in funzione di aggiornamento delle attività in corso. E’ in carcere con accuse di: associazione mafiosa, estorsione, reimpiego di soldi di provenienza illecita, truffa, attribuzione fittizia di quote societarie e altri;
Giuseppe Pallone, avrebbe partecipato a numerose riunioni con tutti gli esponenti apicali con i quali compie una serie di reati espressivi della consapevole e volontaria partecipazione al clan. Osservante delle regole e delle gerarchie, della fedeltà e delle direttive ricevute. Grazie alla capacità affaristica partecipa alle attività illecite delle società immobiliari. In particolare circa l’investimento del denaro della cosca Grande Aracri. Agli arresti domiciliari per : associazione mafiosa, reimpiego di soldi di provenienza illecita, estorsione e attribuzione fittizia di quote societarie;
Alfonso Martino, si sarebbe interessato alla raccolta voti per le elezioni per Scarpino Pierpaolo candidato alle amministrative del Comune di Parma del maggio 2007, fornisce ad altri membri del clan somme di denaro provento di attività illecite per pagamenti spese legali, coadiuva altri affiliati nella gestione dei lavori edili di Mantova. Detenuto con l’accusa di : associazione mafiosa, spaccio e detenzione illegale di armi;
Domenico Amato, da tempo inserito insieme ai famigliari (Alfredo Amato e Francesco Amato) nell’ambiente ‘ndranghetistico si occupava, secondo l’accusa, per lo più di minaccia ai fini estorsivi. Fedeli alle direttive impartite e osservanti delle regole della cosca utilizzano in modo costante il rapporto con gli altri associati come forma di allargamento della propria influenza e capacità affaristica nel sistema economico emiliano. Agli arresti domiciliari con l’accusa di: estorsione e tentata estorsione;
Francesco Lapera, in contatto costante con gli altri membri del clan. Fedele osservatore delle regole dell’associazione mafiosa, dotato di una notevole capacità affaristica avrebbe partecipato a riunioni in cui si mettevano a punto le strategie finalizzate a realizzare tentativi di riciclaggio di denaro proveniente dall’estero. Si sarebbe avvalso della conoscenza di altri membri per ottenere il porto d’armi e avrebbe organizzato sotto la direzione di Villirillo Romolo la raccolta dei voti da destinare ai politici vicini alla cosca per il caso delle elezioni di Parma del 2007 a favore di Bernini. Imputato per associazione mafiosa;
Francesco Falbo, imprenditore. avrebbe detenuto quote di società con altri affiliati del clan. Accusato di : reimpiego di soldi di provenienza illecita;
Caputo Gaetano, affiliato della cosca, ha l’obbligo di firma in caserma. E’ imputato per: detenzione e porto illegale di arma da fuoco;
Salvatore Gerace, avrebbe partecipato a numerose riunione con i vertici emiliani del sodalizio mafioso (Sarcone, Bolognino, Diletto). Stretto osservante delle gerarchie e delle regole della ‘ndrangheta. Abile ad inserirsi nel sistema economico emiliano, avrebbe partecipato alla gestione delle imprese immobiliari che erano utilizzate per il reimpiego del denaro proveniente sia dall’organizzazione mafiosa cutrese che da quella emiliana. Avrebbe compiuto atti di intimidazione contro Falbo e suo cognato Aiello, affinchè cedano le partecipazioni detenute in alcune imprese;
Rosario Adamo, accusato di aver accettato percentuali di quote societarie di provenienza illecita;
Aldo Pietro Ferrari, estorsione in concorso;
Francesco Pellegri, tentata estorsione;
Giuseppe Manzoni, prestanome. Imputato per: false fatturazioni e accettazione di quote societarie fittizie;
Antonio Marzano, prestanome, l’accusa è di aver accettato percentuali di quote societarie fittizie.