A nulla è servito ad un imprenditore parmigiano nascondere il profitto dell’evasione fiscale perpetrata.
Operante nel settore della fabbricazione di macchine ed attrezzature per il settore caseario, dal 2006 al 2014 l’imprenditore aveva emesso ed utilizzato fatture per operazioni inesistenti per oltre un milione di Euro: con tali fatture aveva documentato i lavori eseguiti presso i propri clienti utilizzando i dati di una società che, in realtà, era cessata da diversi anni.
In virtù di mirati sopralluoghi sui cantieri e di controlli incrociati effettuati anche fuori provincia dai militari del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Parma, è emerso che la società fatturante non aveva mai eseguito alcun lavoro ma che, invero, le reali prestazioni erano state rese da lavoratori assunti in nero dallo stesso imprenditore parmense: quest’ultimo, così facendo, si garantiva la possibilità di porre in essere opere a prezzi più bassi rispetto al mercato, risparmiando sui costi ordinariamente connessi a chi ha lavoratori dipendenti e che salvaguardano lo stesso lavoratore, quali contributi previdenziali, polizze assicurative, ecc..
Il contrasto a questo sistema di frodare il fisco mediante l’utilizzo di società “inesistenti” che, pertanto, non adempieranno mai al versamento delle imposte, rientra nel piano di azione che la Guardia di Finanza pone in essere, al fine di garantire la “leale concorrenza” sul mercato e tutelare gli imprenditori che diuturnamente operano e fanno crescere l’“economia sana” del Paese.
Le azioni repressive del fenomeno da parte dei finanzieri vengono coordinate con la Procura della Repubblica di Parma per una maggiore incisività ed efficacia, come nel caso del sequestro operato nei giorni scorsi.
Su proposta della Procura della Repubblica, infatti, il Tribunale di Parma ha riconosciuto e recepito l’intero quadro investigativo disponendo – nei confronti dell’imprenditore indagato – il sequestro preventivo di qualsiasi bene e denaro nella disponibilità del soggetto, fino al raggiungimento del valore equivalente all’evasione fiscale accertata, pari ad oltre 275.000 Euro: sono stati eseguiti, quindi, sequestri di proprietà immobiliari e denaro depositato sui conti correnti.
Il provvedimento del “sequestro per equivalente”, introdotto nella normativa italiana qualche anno fa, è finalizzato a bloccare il denaro ed i beni nella disponibilità del presunto evasore, allo scopo di sottrarre subito il risparmio di imposta conseguito attraverso la condotta fraudolenta posta in essere; tutto ciò, in attesa del giudizio definitivo a seguito del quale, in caso di condanna, l’intero patrimonio sequestrato verrà confiscato dallo Stato.