Andrea Bui, candidato di Potere al Popolo+Rc+Pci si interroga con una lettera aperta inviata in redazione, sul possibile taglio del 30% ai contributi ministeriali per il Teatro Regio.
“Il probabile taglio ministeriale per il Teatro Regio di Parma, per il prossimo triennio, potrebbe veder decurtati i propri contributi fino al 30%.
Il Comune pare sia corso subito ai ripari stanziando un altro milione di euro, che così sale a 4,1 milioni, istituendo un fondo rischi legato alla “variabilità del contributo statale” per il triennio 2022-2024.
Ma se il ministero taglia il contributo al Teatro Regio, e il Comune deve provvedere, quelle risorse a chi verranno tolte? Non è un dettaglio, perché occorre sborsare un milione di euro in più per il teatro, in una città in cui l’aumento della spesa sociale è la priorità.
Ma una cosa è sicura: parliamo di una mancanza di fondi che colpirebbe i lavoratori e lo stesso pubblico del Regio. Vediamo perché.
Più o meno tutti, lavoratori, appassionati e quotidiani locali, si chiedono il motivo di questo provvedimento, ed è già stato chiarito che non c’è una “contrazione generalizzata dei contributi”ma che il problema riguarda solo il Regio di Parma.
Viene spontaneo, quindi, non avendo raccolto riscontri né da parte della Direzione Generale del Teatro né dall’Amministrazione Comunale, tornare con la mente alle vicende giudiziarie che vedono coinvolti Anna Maria Meo, la sovrintendente e Federico Pizzarotti quale Presidente del CDA della Fondazione Teatro Regio, entrambi rinviati a giudizio.
Accusati di falso ideologico e truffa ai danni dello Stato, mentre per la Meo viene contestato anche il peculato in concorso con Paolo Mandai, presidente dell’Orchestra Filarmonica Italiana, l’indagine fa riferimento ad alcune rappresentazioni liriche andate in scena a Busseto durante i Festival Verdi 2016 e 2017.
Pare che, contrariamente alla massima capienza consentita agli orchestrali in “buca”, sarebbero stati impiegati 45 orchestrali al fine di ottenere più contributi ministeriali e producendo attestazioni false, secondo l’accusa.
Per quanto riguarda il peculato poi “si tratterebbe di alcune migliaia di euro che sarebbero state pagate a fronte di prestazioni mai rese.”
Possibile che il taglio dei contributi ministeriali e le vicende giudiziarie dei vertici del Regio abbiano un nesso, che ne siano una diretta conseguenza, come si chiede Mauro Balestrazzi dalle pagine di Repubblica Parma? Ancora non è dato saperlo e tutti gli attori coinvolti in questa vicenda si guardano bene dall’entrare in argomento o fornire spiegazioni.
Prudenza? Omertà? Intolleranza al confronto? Anche il CDA del Regio qualche mese fa rispondendo, tramite una nota, alle polemiche esplose durante la presentazione del Festival Verdi 2022 sulla “collaborazione” (per usare un eufemismo) tra Parma e Bologna, lamentava una chiusura al dialogo pressoché totale da parte dei vertici del teatro, nei confronti di lavoratori, collaboratori e pubblico.
Lo stesso CDA, di cui il Sindaco uscente è Presidente, che però non ha mai battuto ciglio nel deliberare di anno in anno l’aumento di compensi e premi di risultato a dirigenti e collaboratori di “alto livello”, anche durante la pandemia, con l’attività del teatro ridotta ai minimi termini, i lavoratori in cassa-integrazione e le “casse”del teatro in sofferenza.
Lo stesso CDA che avvalla scelte vergognose come quella d’integrare il compenso della direttrice di produzione pagandole l’affitto.
Lo stesso CDA che, in perfetta continuità con Sindaco ed Assessore alla Cultura, non ha mai voluto incontrare i lavoratori, che in barba alla tanto sbandierata trasparenza ed a tutti i codici etici prodotti non rende pubblici i verbali dei propri incontri.
Lo stesso CDA che, nonostante la “collaborazione” intrapresa con Bologna per il Festival sia ormai datata, pare accorgersi solo ora che da tale collaborazione Parma ne abbia ricavato i costi e Bologna i benefici.
Non sappiamo come finirà questa vicenda ma siamo certi che,come sempre, anche questa eventuale contrazione del contributo ministeriale ricadrebbe in primo luogo sui lavoratori, che vedrebbero ridotta la propria attività.
E in secondo luogo, per gli stessi motivi, sul pubblico pagante, che ha già lamentato negli anni la drastica riduzione delle recite durante la Stagione Lirica.
Parliamo di lavoratori che, ci preme ricordarlo, continuano a lamentare situazioni di precariato cronico anche ventennali, salari bassi al confronto con realtà che godono di minori contribuzioni, livelli d’inquadramento bloccati e in generale una gestione personalistica, clientelare e autoritaria di un teatro di tradizione.
Torniamo, quindi, a quanto detto dagli stessi lavoratori, con un bello striscione appeso fuori dal teatro una decina di anni or sono, nel pieno del terremoto che travolse la giunta Vignali e non risparmiò i vertici del teatro”
“Il Regio è patrimonio di tutti, non un affare per pochi”.