di Titti Duimio
“Come hai potuto? Questa la domanda più importante e la risposta più difficile da dare- dice Agnese Moro -superando ogni logica processuale e ogni senso di giustizia codificata dalle leggi, andando verso una comprensione umana privata ed enorme allo stesso modo. Come hai potuto?”
Così la figlia dello statista Aldo Moro rapito e ucciso dalle Brigate Rosse nel ‘78 che insieme a Fiammetta Borsellino e Manlio Milano, che perse la moglie Livia nella strage fascista di piazza della Loggia a Brescia nel ‘74, hanno fortemente voluto nel corso degli anni confrontarsi con gli autori dei loro lutti in un dialogo di comprensione che attraverso lo scambio di dolori restituisce dignità umana ad un periodo storico che ha dilaniato la storia italiana.
Si è parlato di giustizia riparativa ieri mattina all’Auditorium Paganini, nella terza edizione di “Vivere e non Sopravvivere”, evento promosso dal Comune di Parma insieme a CGIL Parma, in collaborazione con Rinascimento 2.0 aps e con il patrocinio della Provincia di Parma, focalizzato quest’anno su “la storia, il linguaggio, la parola, l’ascolto”.
Presenti sul palco dell’Auditorium Paganini Agnese Moro, figlia dello statista Aldo ucciso dalle BR nel ‘78, Giorgio Bazzega, figlio del poliziotto Sergio ucciso dal brigatista Walter Alasia in un conflitto a fuoco, Manlio Milani, marito di Livia morta nella strage di Piazza della Loggia a Brescia, che hanno incontrato, ascoltato e costruito un percorso con Franco Bonisoli, ex brigatista componente del comitato esecutivo delle Br, e Adriana Faranda, membro della colonna Romana delle Br e Fiammetta Borsellino, figlia del giudice Paolo ucciso dalla mafia.
La conduzione dell’incontro, che ha visto tra il pubblico numerose classi delle scuole superiori del territorio, è stata affidata al giornalista e saggista Gad Lerner.
Dopo i saluti del sindaco Federico Pizzarotti, del presidente del Consiglio Comunale Alessandro Tassi Carboni, intervenuto anche in rappresentanza della Provincia di Parma, e di Lisa Gattini, segretaria generale Cgil Parma, Max Ravanetti, di Filctem Cgil Parma, ha introdotto gli ospiti che hanno raccontato il loro percorso personale nelle vicende che hanno caratterizzato la storia italiana degli anni ’70 per capire cosa è rimasto dei fatti e delle persone che li hanno “prodotti” e subiti e che, attraverso il dialogo, la parola, l’ascolto e l’incontro, hanno iniziato il loro percorso di “riparazione” delle ferite.
Contrapposizioni e linguaggi che hanno scavato un solco incolmabile tra giusto e sbagliato e che solo oggi trovano la pacificazione, mai buonista e senza perdono, in un percorso umano che supera e sovrasta la giustizia corrente e le pene inflitte che ristabiliscono solo le regole comuni, ribadendo un no corale e condiviso alla violenza.
“Ma la sofferenza e la pena altrui non alleviava il mio dolore- prosegue Agnese Moro- che rimaneva un dolore disgustoso fatto di rabbia, di impotenza, di senso di colpa, di perdita irreparabile. Secondo la giustizia avrei dovuto essere soddisfatta e invece non era cambiato niente per me, costretta in una dittatura del passato, una scheggia di me era come intrappolata, cristallizzata in quell’attimo conservato e preservato che si ripeteva ogni giorno e ho dovuto e voluto incontrare i carnefici di mio padre perché avevo bisogno di capire, e la vera domanda è diventata ‘come hai potuto? umanamente’ oltre la legge, oltre le condanne, oltre la pena”
E il primo ad incontrare Agnese Moro è stato Franco Bonisoli ex brigatista componente del comitato esecutivo delle Br, condannati a 4 ergastoli nel processo romano Moro-Uno del 24 gennaio 1983, a metà degli anni ottanta si dissociò dalla lotta armata ottenendo la semilibertà.
“Mi sono sentito ascoltato- dice Bonisoli- un ascolto profondo che non avevo mai ricevuto, dettato dal suo dolore e dal suo bisogno di risposte. Ascolto che non vuole giustificare ma solo provare a capire”
“Le domande che mi rivolgeva Agnese erano le stesse domande che mi facevo io- afferma Adriana Faranda membro della colonna Romana delle Br responsabile del rapimento Moro e della strage della sua scorta- com’è possibile che una persona si sia convinta che la violenza poteva essere una risposta. Un gesto sbagliato acquisiva giustezza a seconda dello scopo che si prefiggeva e questa è stata una cosa tremenda che ha trasformato la possibilità della violenza in una necessità. Un codice culturale profondamente sbagliato che ancora adesso sento presente di questi tempi”
Giustizia riparativa : “ La giustizia riparativa o giustizia rigenerativa (in inglese restorative justice) è un approccio consistente nel considerare il reato principalmente in termini di danno alle persone. Da ciò consegue l’obbligo, per l’autore del reato, di rimediare alle conseguenze lesive della sua condotta”
Un patto tra gli uomini che sfida ed esclude la vendetta e contempla i percorsi di crescita sociale attraverso il linguaggio che è forma ma spesso anche contenuto.
Una lezione di civiltà ieri al Paganini sia sul palco tra gli interpreti della Storia, sia in platea in mezzo a 700 studenti attenti e partecipi nel difficile ruolo della nostra storia futura con l’entusiasmo di una speranza.
Ph.Credits Sandro Capatti