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‘The House of the Farmer’ -Mike Nelson abita lo spazio e i tempi di una Parma che dialoga con il mondo


di Titti Duimio


Un luogo che racconta una storia, la sua storia ma anche tante altre possibili storie immaginate, suggerite o forse stimolate dal percorso scultoreo di Mike Nelson, artista inglese che ‘invade’ spazi con racconti d’arte in dialogo con il luogo che abitano.

Ha aperto ieri 23 settembre la monumentale opera scultorea site-specific ‘The House of the Farmer’ di Mike Nelson al Palazzo dell’Agricoltore voluta da Davide Bollati e Alessandro Chiesi, curata da Didi Bozzini che fino al 12 giugno del 2022 sarà visibile in piazzale Barezzi 3.

Un luogo simbolico che parla del passato di questa città, ex convento di clausura prima e simbolo del potere fascista poi, imponente ed invasivo edificio in stile razionalista che celebra la sua funzione nel rigore monumentale delle forme (sede del Consorzio Agricolo nel ‘39 anno di conclusione lavori) con i suoi 7 piani che arrivano come un urlo nel tessuto urbano parmigiano, tra Teatro Regio, Steccata e via Carducci elegante ingresso alla Pilotta.

Simbolo di potere e di produttività il palazzo dominava la vocazione del territorio che l’aveva respinto, soffocando ogni altra possibile traccia di memoria in nome di un ipotetico nuovo corso modernista promotore di una nuova visione di società nella solennità del pieno ventennio.

Ma ogni storia è frutto di altre storie e così nell’opera ‘The House of Farmer’ di Mike Nelson all’ex Palazzo dell’Agricoltore diventa storia lei stessa, luogo di incontro e di inciampo di pensieri, opere come parole disseminate nelle sale abbandonate costruiscono e compongono frasi diverse, diverse relazioni probabili in mille lingue possibili. Un’operazione di rigenerazione urbana che annuncia la nuova destinazione d’uso dell’immobile di “farne un luogo che unisca ospitalità e sostenibilità, un luogo aperto a tutti che dia un impulso rigenerativo alla città e al racconto di sè in dialogo con il resto del mondo” dice Alessandro Chiesi.

Un luogo di cultura ‘rigenerata’ che aggiunga allo storytelling parmigiano anche una lingua mondiale.

Oggetti naturali, rami, radici e pietre, utensili di artigiani, residui superflui di una terra che si è voluta pura e pulita per produrre ricchezza, diventano materia nobile attraverso il gesto d’arte che contiene la storia, quella che non si legge ma che appare qui come materica composizione in cui si inciampa tra citazioni artistiche e letterarie che riempiono di significati l’intera opera.

“Questa mostra apre un nuovo capitolo di questo luogo e lo fa con il linguaggio artistico di Mike Nelson che, attraverso la sua land art apparentemente mono-tono, disegna con le sue sculture infinite sfumature di riflessioni politiche, sociali, economiche e ambientali come in un caleidoscopio, offrendo al visitatore un prisma dalle tante sfaccettature trasformando la mostra in un messaggio multicolore- suggerisce Davide Bollati, imprenditore parmigiano che fa della cultura uno strumento possibile di interpretazione della storia futura come  nella storica mostra visionaria ‘Il Terzo Giorno’ del 2019 al Palazzo del Governatore dove, sempre con la curatela di Didi Bozzini, si tentó di proporre una nuova visione della città nel linguaggio internazionale della riflessione sociale e ambientale dell’epoca contemporanea nel perenne contrasto tra natura e cultura- Siamo in un periodo di transizione sociale ed ecologica e stare in ascolto del cambiamento attraverso l’arte è un’esigenza impellente che permette il passaggio di riflessione dal micro che ci appartiene al macro che ci circonda”

“Una mostra da vivere e non da descrivere- spiega Didi Bozzini curatore del percorso espositivo- ognuno può leggerci il suo messaggio attraversandola secondo i propri strumenti e la propria storia.

Un intero paesaggio selvaggio alle porte della città — ripulito dai materiali che rendono più difficile la pratica dell’agricoltura quali rocce, tronchi d’albero, rami e radici, l’intero fianco di una collina — è stato spostato all’interno dell’edificio per diventare parte integrante della sua struttura, della sua architettura

Un’opera che non vuole dare soluzioni ma mille possibili idee e punti di vista con letture differenti a seconda dello sguardo e delle sensibilità personali”

“Lo strappo e il prelievo dalla campagna possono essere visti, o sentiti, come un gesto violento in qualche modo in linea con il rapporto dell’edificio con un passato totalitario e un promemoria della disumanizzazione dell’agricoltura da parte della meccanizzazione nel XX secolo e dei mali ambientali che ne sono derivati” aggiunge l’artista.

Orizzontale e verticale, logica geometrica e forme irregolari della natura, luce che cambia il dialogo con gli oggetti ad ogni piano, spazi vuoti che resistono alla pienezza della materia. Contrasto eppure armonia.

C’è una storia immediata nel percorso che arriva in linea retta a chi guarda e parla del significato del luogo, del suo passato, del rispetto di una terra non più abitata ma usata, che restituisce nobiltà al sapere del fare nell’equilibrio poeticamente imperfetto delle sculture dedicate ad ogni stanza, in un continuum ideale dell’intero monumento.

Poi c’è il dialogo tra opera e architettura, il quadrato che la contiene ma non la controlla, le linee rigide geometriche che definivano il palazzo diventano ornamento dinamico di un movimento irregolare. La logica che supporta il genio creativo e lo rende leggibile, forse.

E ancora, luce dalle finestre che indugia su porzioni di scultura giocando con i particolari, con i rami, con i sassi come ancora fossero la collina che erano.

E altro ancora ogni volta che guardi nell’infinito prisma citato da Bollati, e il palazzo diventa diaframma di un fuori che c’è anche dentro e la ‘promenade’ diventa viaggio nello spazio e nel tempo.

ORARI:

Settembre, ottobre, aprile, maggio e giugno: sabato e domenica dalle 10 alle 17

Novembre, dicembre, gennaio, febbraio e marzo: sabato e domenica dalle 10 alle 16

Aperti anche 1° novembre, 8 dicembre, 25 aprile, 2 giugno

Aperture giorni feriali su appuntamento

INGRESSO:

Gratuito

L’ingresso è consentito alle sole persone in possesso della certificazione verde Covid-19(Green Pass). Il Green Pass non è obbligatorio per i bambini al di sotto dei 12 anni e per i soggetti esenti in base a idonea certificazione medica.

Visite guidate su prenotazione. Informazioni e prenotazioni:[email protected]

CONTATTI:

Informazioni e prenotazioni: [email protected]


Mike Nelson

Nato nel 1967 a Loughborough (Inghilterra), oggi vive e lavora a Londra.

Mike Nelson è un artista britannico contemporaneo la cui pratica artistica è improntata alla realizzazione di installazioni site-specific che esistono solo per il tempo della mostra. Si tratta di labirinti in cui lo spettatore è libero di orientarsi e in cui è spesso difficile determinare la posizione dell’ingresso e dell’uscita.

L’installazione “The Coral Reef” (2000) — un dedalo di quindici stanze e un labirinto di corridoi realizzata alla Matt’s Gallery — gli è valsa la nomination al Turner Prize nel 2001. Nelson è stato nominato una seconda volta per il Tuner Prize nel 2007. Nel 2011 ha rappresentato la Gran Bretagna alla Biennale di Venezia. Nel 2018 è stato insignito del Charles Wollaston Award Summer Exhibition, Royal Academy of Arts.

Tra le mostre personali si ricordano nel 2001 ‘The Deliverance and The Patience’, Peer Commission per la Biennale di Venezia all’isola della Giudecca a Venezia e ‘Nothing is True. Everything is Permitted’ all’Institute of Contemporary Art di Londra [UK]; nel 2016 “Cloak” al Nouveau Musée National de Monaco, Offsite project – UBS building di Monaco e le più recenti ‘The Asset Strippers’ che da marzo a ottobre 2019 ha trasformato le Duveen Galleries alla Tate Britain di Londra e ‘L’Atteso’ ospitata nel 2018 alle Officine Grandi Riparazioni (OGR) di Torino. Tra le mostre collettive si ricordano nel 2008 ‘Eclipse – Art in a Dark Age’ al Moderna Museet di Stoccolma in Svezia e ‘Psycho Buildings – Artists and Architecture’ alla Hayward Gallery di Londra [UK], nel 2009 ‘Altermodern’ alla Tate Triennial, Tate Britain di Londra [UK].

 

Didi Bozzini

Nato nel 1961 a Parma dove attualmente risiede dopo una ventina d’anni trascorsi a Parigi. Già ricercatore alla Sorbona e professore di filosofia, poi critico d’arte e curatore indipendente, ha collaborato con numerose gallerie private e con: il Centre Pompidou di Parigi, l’Institut National de l’Audiovisuel, il Musée de la Vieille Charité di Marsiglia, il Fotografiska Museet di Stoccolma, il Musée Vouland d’Avignone, le Rencontres Internationales de la Photographie di Arles, il MACRO di Roma e la Fondazione Brescia Musei. Recentemente ha curato la mostra “Il terzo giorno” al Palazzo del Governatore di Parma e “Koen Vanmechelen – The worth of life” al Museo dell’Accademia di Architettura di Mendrisio (CH). Ha firmato diverse pubblicazioni monografiche su artisti moderni (Goya) e contemporanei (tra gli altri Alighiero Boetti e Sol LeWitt). Le più recenti riguardano l’opera del fotografo Roger Ballen (“Asylum of the Birds” presso Thames and Hudson – New York e “The House project” presso Odee – Londra). Di imminente pubblicazione (settembre 2021) una monografia sull’opera di Koen Vanmechelen dal titolo “Not to be mistaken” (Labiomista press – Genk). Il suo ultimo saggio in data è apparso presso la casa editrice Aliberti con il titolo “Abbecedario Eretico”. Tiene la rubrica di arte contemporanea ‘La domenica della vita’ sulla rivista culturale ifioridelmale.it

 

Palazzo dell’Agricoltore

Le famiglie Chiesi e Bollati, proprietarie rispettivamente del Gruppo farmaceutico Chiesi e del Gruppo cosmetico Davines, hanno acquisito nel 2020 — tramite la società Beneficium da loro creata — il Palazzo dell’Agricoltore, un edificio storico nel centro storico di Parma, con l’intenzione di trasformarlo entro il 2023 in hotel rigenerativo in grado di coniugare benessere olistico, sostenibilità e impatto sociale. Circondato dai monumenti simbolo della città: il Teatro Regio, il complesso della Pilotta, la Chiesa della Steccata, così come da botteghe e mercati storici che si snodano nel dedalo di vie del centro, il Palazzo dell’Agricoltore è un monumentale edificio modernista degli Anni ’40 di 9.000 metri quadrati e 7 piani completamente liberi — dal rifugio antiaereo costruito al piano interrato per ripararsi dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale alla splendida terrazza che domina la città e il suo patrimonio artistico — che rappresenta da sempre il legame profondo di Parma con il suo territorio e la sua economia rurale.

 

 

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