«Follia. Come ristoratore penso sia questa la parola che meglio riassuma la situazione che il nostro settore sta vivendo da quasi un anno», esprime sgomento lo chef presidente del Parma Quality Restaurants, Andrea Nizzi, dopo l’ultimo decreto in vigore fino al 15 gennaio.
«Nonostante i continui appelli, le manifestazioni, le ripetute critiche sulle decisioni prese dal Governo nei confronti del comparto – senza alcun risultato sull’andamento dell’epidemia da Covid19 –, ancora una volta sembra che chi prenda le decisioni non abbia la minima idea di come funzioni il nostrolavoro – spiega il presidente del PQR –. Il martedì mattina i ristoratori scoprono che il giovedì e venerdì successivi i locali possono riaprire, ma sempre fino alle ore 18, poi ancora chiusi per due giorni, in attesa di sapere cosa succederà la settimana dopo. Ma come può un ristorante lavorare in questo modo, senza nessuna programmazione? Per far ripartire le cucine occorre fare ordini, alcune linee richiedono tempo per essere organizzate, occorre pulire e sanificare i locali, richiamare in servizio il personale. Ogni ristorante, dalla trattoria al fine dining, richiede una specifica pianificazione dell’attività, che si fa ancora più puntuale e precisa in un momento come questo, dove le regole sono più stringenti».
«Ma chi governa pensa davvero che un ristorante può lavorare a singhiozzo un giorno sì, l’altro no e poi chissà? Così si fa fallire un settore che è simbolo dell’italianità in tutto il mondo, fra le fonti principali di turismo, elemento essenziale della nostra economia e che ha già perso in media il 40% di fatturato a causa di questa situazione – prosegue Nizzi –. Se non si conoscono i settori sui quali si va a intervenire, allora sarebbe necessario far sedere al tavolo delle decisioni anche i rappresentanti delle divere categorie, altrimenti si rischia di causare danni su danni. Finora si sono regolamentati ristoranti e bar allo stesso modo, ma si tratta di due realtà fortemente diverse, vissute dai clienti in modo diverso, che seguono regole diverse. Piuttosto teniamo chiuso per tutto gennaio, ma quando si apre occorre poter aver continuità del lavoro. Anche solo il fatto di restare chiusi alla sera per un locale è devastante».
«E non ci venga detto che c’è l’asporto: un ristorante non nasce per questo servizio e i risultati di vendita lo dimostrano. Le persone scelgono di andare al ristorante per vivere un’esperienza, fatta di ospitalità e di relazione. Questo non può essere consegnato a domicilio – conclude lo chef-. Fra i colleghi c’è tanta rassegnazione e paura per un futuro che è sempre più difficile da intravedere. O si cambia atteggiamento ora, oppure le perdite in termine di chiusure e licenziamentisaranno devastanti».