Dopo la notizia di una raccolta pubblica di firme lanciata sulla piattaforma Change.org da Parma Capitale della Cultura, con un video in cui sindaco e assessore alla cultura chiedono al governo di riaprire i luoghi della cultura, la consigliera comunale Roberta Roberti oggi 9 novembre, nel corso del Consiglio Comunale, ha presentato una comunicazione a sua firma che contesta l’iniziativa.
“Abbiamo appreso dalla stampa, senza alcun confronto preventivo ed alcuna condivisione con la minoranza o il Consiglio comunale, che Parma Capitale italiana della Cultura ha lanciato un appello per la Cultura aperta sostenuto convintamente dal Comune.
Francamente devo dire che questa petizione mi è parsa fuori luogo e per varie ragioni.
Prima di tutto perché riteniamo inadeguato che in un momento grave come quello che stiamo vivendo giunga da un’istituzione un appello che essenzialmente pare voler forzare la mano al Governo quando proprio le istituzioni dovrebbero al contrario accompagnare i cittadini a comprendere ed accettare le restrizioni dolorose che la pandemia impone a tutti, in tutto il mondo.
Abbiamo visto tutti le fotografie degli assembramenti, senza alcun controllo, nelle vie del nostro centro storico durante il fine settimana appena trascorso.
E’ di ieri l’appello della Federazione nazionale degli ordini dei medici che chiedono il lockdown totale, in tutto il Paese, perché in pochi giorni le regioni gialle si potrebbero altrimenti trovare nella stessa situazione delle aree più colpite. Oggi si deciderà se la nostra regione sia ormai ad un livello tale da farla transitare fra le zone arancioni.
Quale messaggio potranno recepire i cittadini, se proprio dall’amministrazione arriva l’appello a riaprire i luoghi della cultura? Non crediamo che sia un messaggio errato e fuorviante, un invito a sottovalutare l’emergenza nella quale ci troviamo? Non è in qualche modo irresponsabile indurre il raffronto fra i luoghi della cultura e altri luoghi che restano aperti, come chiese e mercati? Perché è comprensibile che sorga spontanea la domanda sul perché ci si possa accalcare al mercato o a messa, per le strade dello shopping e l’aperitivo anticipato e non si possa al contrario andare al cinema, al museo o a teatro.
La questione non può trovare risposta se la affrontiamo in questo modo, nessuno sente di essere colpevole dopo tutti gli sforzi fatti per garantire le misure di distanziamento e la sicurezza sanitaria. Il nostro dovere non è quello di alimentare il risentimento e l’antagonismo delle categorie, oscurando il messaggio utile e doveroso da dare: siamo in una emergenza tragica, tutti dobbiamo essere responsabili, tutti siamo coinvolti.
A tutti noi è evidente la sofferenza dei settori cultura e spettacolo e tutti noi da mesi ci spendiamo per chiedere aiuti e solidarietà per questi settori. Ma, e spiace che il sindaco sottovaluti questo rischio un appello di questo genere suona come una nota stonata, in un quadro tanto grave. Si dice che è indispensabile far percepire quanto la cultura sia essenziale per la società. Sono pienamente d’accordo.
Ma dimentichiamo forse che stiamo chiedendo ai cittadini di rinunciare a altri servizi altrettanto essenziali? Abbiamo chiuso settori fondamentali quali la scuola e la sanità ordinaria. Quindi ci chiediamo: ma come possiamo chiedere che siano riaperti cinema, teatri, musei, mostre quando siamo tanto consapevoli della gravità della situazione da accettare che i nostri studenti non possano andare a scuola e che chi è ammalato debba rimandare esami, cure ed interventi?
Che poi l’appello provenga da Parma Capitale e non dalle categorie coinvolte rischia di apparire più come una reazione delusa alla perdita di una così importante e ghiotta occasione di visibilità per il nostro territorio che come una reale presa di posizione in favore di tutti i lavoratori dei settori della cultura e dello spettacolo.
Una specie di triste replica dell’iniziativa Parma non si ferma, con cui abbiamo dato prova di scarsa lucidità e di sottovalutazione colpevole della gravità dell’emergenza sanitaria, a pochi giorni dal lockdown totale di marzo.
Se davvero al contrario l’intento è sincero, perché non dimostrarlo concretamente e coi fatti destinando quanto resta del budget destinato alle iniziative di Parma 2020/21 ai lavoratori di questi settori? E’ ora che prendiamo atto che purtroppo le celebrazioni di Parma Capitale italiana della Cultura sono rimaste vittima di una crisi sanitaria mondiale. Non accettarlo, puntare i piedi e programmare senza immaginare che l’emergenza certamente non si ridimensionerà prima della tarda primavera, non serve a nulla.
Devolviamo quei fondi a chi lavora in settori così importanti per la società, aiutiamolo a superare questa crisi e a immaginare strade alternative per continuare a donare occasioni di cultura ai cittadini anche in questa fase di chiusura dei luoghi fisici dove normalmente la viviamo.”
Roberta Roberti