Il premio Giacomo Ferrari 2020 per la memorialistica e la saggistica è stato conferito dalla Fondazione – Archivio Storico Bocchi ad Angelo De Boca, per il libro “Nella notte ci guidano le stelle – La mia storia partigiana”, a cura di Mimmo Franzinelli, Mondadori Editore.
Angelo Del Boca, che ha compiuto 95 anni lo scorso 23 maggio, storico, scrittore, è considerato il più importante esperto del colonialismo italiano.
Con una ricostruzione critica e coraggiosa della storia politico-militare dell’espansione italiana in Africa Orientale e in Libia è stato il primo a denunciare in diversi saggi estremamente documentati i crimini di guerra italiani, compreso l’uso di gas vietati dalle convezioni internazionali, compiuti dalle truppe durante le guerre coloniali fasciste.
Tra il 1976 e il 1984 pubblica la sua opera più importante e famosa suddivisa in quattro volumi, Gli italiani in Africa orientale, alla quale segue nel 1986 la storia del colonialismo in Libia descritta nei due volumi Gli italiani in Libia.
A queste due importantissime opere seguono diversi libri con lo stesso tema. Nel 2005 esce uno dei maggiori successi editoriali, Italiani, brava gente?, in cui sono raccontati i maggiori crimini italiani dal 1861, durante la soppressione del brigantaggio, l’intervento militare in Cina per la ribellione dei Boxer, nonché i crimini di guerra italiani in Libia ed Etiopia, la guerra d’occupazione fascista nei Balcani, il collaborazionismo della Repubblica Sociale nelle deportazioni, dimostrando ancora una volta che il mito degli “italiani brava gente”, incapaci di crudeli atrocità, è smentito dai fatti.
Storico autodidatta, Del Boca ha ricevuto una laurea honoris causa nel 2002 da parte dell’Università degli Studi di Torino a cui si è aggiunta anche una medesima onorificenza da parte dell’Università di Lucerna.
Nel luglio del 2014 anche l’Università di Addis Abeba gli ha conferito una laurea honoris causa in Storia africana rendendo Angelo Del Boca il primo italiano e il primo europeo ad ottenere tale riconoscimento dall’Etiopia dopo la seconda guerra mondiale.
Durante le sue ricerche in Africa, Del Boca ha avuto la possibilità di conoscere e stimare Hailé Selassié, l’Imperatore d’Etiopia, e poter accedere ai suoi archivi privati per scrivere Il Negus, vita e morte dell’ultimo Re dei Re, libro tradotto in diverse lingue.
Nel 1998 è stato ricevuto nel deserto libico da Mu’ammar Gheddafi. Dal lungo incontro con l’allora leader libico scaturì il libro Gheddafi. Una sfida dal deserto. L’ultimo importante lavoro di Del Boca, in ordine temporale, è Nella notte ci guidano le stelle. La mia storia partigiana, pubblicato da Mondadori nel 2015.
Il libro Del Boca, di cui è stata annunciata una nuova uscita, è un’opera di grande narrazione e di straordinaria scrittura. A settant’anni dalla guerra partigiana di Liberazione, il libro illumina con una nuova interessante luce quel periodo e le ragioni di molti giovani, nati tra le due guerre, che scelsero la montagna come gesto di fedeltà per i più profondi valori sociali, umani e affettivi.
L’allora diciannovenne Del Boca annota con scrupolo ogni fase dalla scelta della libertà dal nemico nazifascista alla lotta con la 7a Brigata alpina della I Divisione G.L. “Piacenza”, fatta di coraggio, di tenacia, ma anche di fame, freddo, sonno, paura, pioggia, neve, nostalgia di casa, di ricordi d’infanzia, di un’irresistibile desiderio di normalità, rivelando in un passaggio tutte le inquietudini di un adolescente: «Combatto non per la Patria ma per rivedere il volto di mia madre”
Il Premio Giacomo Ferrari 2020 per i Racconti del reale è stato conferito alla memoria a Luis Sepúlveda per il libro “Storie Ribelli” e per il coraggioso impegno di tutta una vita dello scrittore cileno in difesa dei diritti e della libertà dei popoli.
Luis Sepúlveda nasce nel 1949 in una camera d’albergo di Ovalle (Cile) mentre i suoi genitori fuggivano a seguito di una denuncia – per motivi politici – contro suo padre fatta dal ricco nonno materno.
Il giovane cresce Valparaíso, in Cile, con il nonno paterno e con uno zio, anarchici spagnoli in esilio, che gli infondono l’amore per i romanzi di avventura di Cervantes, Salgari, Conrad, Melville.
A diciassette anni inizia a lavorare come redattore del quotidiano Clarín e poi in radio.
Nel 1969 vince il Premio Casa de las Americas per il suo primo libro di racconti, Crónicas de Pedro Nadie, e una borsa di studio di cinque anni per l’Università Lomonosov di Mosca, dove rimane però solo pochi mesi. È espulso per il suo spirito ribelle e per i suoi atteggiamenti anticonformisti.
Di ritorno in Cile abbandona la casa paterna e si trasferisce in Bolivia dove milita nelle file dell’Esercito di Liberazione Nazionale, l’organizzazione guerrigliera, fondata da Che Guevara. Tornato in Cile, entra nel Partito Socialista e nella guardia personale del presidente cileno Salvador Allende, il Grupo de Amigos Personales (GAP).
Durante il colpo di Stato militare di Pinochet, Luis Sepúlveda, viene arrestato e torturato, passa sette mesi in carcere. Viene condannato all’ergastolo, pena che poi, su pressione di Amnesty International, viene commutata a otto anni d’esilio.
Nel 1977 lascia il Cile per andare in Svezia, dove dovrebbe insegnare lo spagnolo e dove il governo di Thorbjörn Fälldin gli ha concesso l’asilo politico. Al primo scalo dell’aereo, a Buenos Aires, Sepúlveda scappa con l’intenzione di recarsi in Uruguay. Molti dei suoi amici argentini e uruguaiani sono in prigione o sono stati uccisi dai governi dittatoriali di quei Paesi, perciò si dirige prima verso il Brasile, a San Paolo, e poi in Paraguay, Paese che deve in seguito lasciare per problemi politici con il regime locale.
Nel 1978 raggiunge le Brigate Internazionali Simon Bolivar che stanno combattendo in Nicaragua. Dopo la vittoria della rivoluzione nicaraguense inizia a lavorare come giornalista e l’anno successivo si trasferisce in Europa.
Nel 1982 entra in contatto con l’organizzazione ecologista Greenpeace con la quale lavora fino al 1987 come membro di equipaggio su una delle loro navi. Nel 1989 inizia la sua attività stabile di scrittore con la pubblicazione di Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, pubblicato nel 1993 in Italia da Guanda, al quale seguono numerosi altri romanzi molto amati dai lettori di tutto il mondo.
Nel 1996 raggiunge il successo mondiale con la pubblicazione di Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare.
Le storie raccontate Sepúlveda sono avventurose, politiche, ecologiste. Narrano soprattutto la Storia e gli eroi che la fanno, la Natura e il difficile rapporto con l’Uomo.
Il libro premiato, Storie ribelli, dove lo scrittore ripercorre 40 anni di vita personale, pubblicato in Italia da Guanda editore, si apre con il racconto dedicato alla memoria di Óscar Lagos Ríos, il più giovane della scorta del presidente cileno che il tragico giorno del golpe resta fino alla fine accanto ad Allende nel palazzo della Moneda, e si chiude con il testo scritto a caldo in occasione della morte di Pinochet.
Nella prefazione Sepúlveda rievoca il momento emozionante in cui gli è finalmente restituita, dopo tanto tempo, la nazionalità cilena. Dichiara lo scrittore: “Sono sempre stato molto orgoglioso della mia generazione militante, delle centinaia di migliaia di giovani che cercano di cambiare la società. Sono un sopravvissuto di una generazione sacrificata, molti di coloro che sono stati i miei compagni sono morti o stanno sparendo, io sono la loro voce. Finché vivrò le voci dei miei compagni rimarranno vive. Ecco perché scrivo.”
In tutti questi anni Sepúlveda non ha mai smesso di raccontare il mondo con le sue parole implacabili, contestando il sistema, la globalizzazione, il capitalismo selvaggio.
Nel febbraio 2020 Sepúlveda, mentre si trova in Portogallo, ospite al festival letterario del Correntes d’Escritas, avverte i primi sintomi di COVID-19 ed è ricoverato all’Hospital Universitario Central de Asturias di Oviedo, dove muore il 16 aprile.
Ha scritto in uno dei suoi libri, «Sogniamo che un altro mondo è possibile e realizzeremo quest’altro mondo possibile.»
Il premio “La Resistenza e le resistenze” della Fondazione – Archivio Storico Bocchi è intitolato alla figura di Giacomo Ferrari, figlio e nipote di garibaldini, strenuo oppositore del regime fascista, “ingegnere delle barricate” di Parma nel 1922 con gli Arditi del Popolo di Guido Picelli, esule in Francia dal 1931 al 1936, comandante unico durante la Resistenza, con il nome di battaglia di “Arta”, di tutti i settemila Partigiani del Parmense.
Dopo la Liberazione Ferrari fu eletto nella Costituente e diede un straordinario impulso alla ricostruzione del paese come ministro dei Trasporti, in rappresentanza del PCI, nei governi De Gasperi dal 1946 al 1947. Eletto senatore della Repubblica nella V e VI legislatura fu sindaco di Parma dal 1951 al 1963.
Durante la sua lunga attività politica Giacomo Ferrari sviluppò e adottò l’idea innovativa per quei tempi, ma anche per i nostri, della “compartecipazione” dei cittadini alle scelte dei politici.
Quest’anno a causa dell’emergenza sanitaria, non ci terrà una manifestazione pubblica di premiazione. La Fondazione Archivio Storico Bocchi comunica che i premi sono già stati consegnati.
La Fondazione – Archivio Sorico Bocchi annuncia che ai primi settembre il comitato artistico decreterà il vincitore della prima edizione del PREMIO MARIO BOCCHI per l’arte d’impegno civile che verrà assegnato a un artista internazionale che lavora ad una ricerca estetica innovativa unita all’impegno tematico e personale d’impegno civile.