Abbattuto un anonimo soffitto in laterocemento, ecco la grande sorpresa: il riapparire di un possente, elegante soffitto ligneo a cassettoni. Del quale si tramandava memoria grazie a una foto storica, ma che nessuno aveva mai visto.
Ciò che il visitatore percorreva nella visita all’Archeologico era infatti un enorme parallelepipedo bianco, asettico e freddo come possono esserlo una stanza d’ospedale o una sala anatomica. Un vuoto dentro il quale i reperti archeologici si percepivano sideralmente distanti.
Un salone che è il frutto dell’ansia di modernità che, nel bene e nel male, infervorò l’intera penisola negli anni ’50 e ’60, quando divenne prioritario rinnovarsi, ripulire, togliersi di dosso tutto ciò che sembrava vecchio.
Successe, appunto, anche alla Pilotta di Parma e a essere, nella fattispecie coinvolta, fu la grande Sala delle Ceramiche del Museo Archeologico Nazionale.
Una foto, risalente agli anni ’30, ci tramanda cosa questo modernismo abbia cancellato. Ci restituisce l’immagine di una austera, elegante sala d’esposizione dell’allora Museo di Antichità, con al centro un enorme tavolo ligneo, con sullo sfondo un bel camino e un sontuoso soffitto ligneo a cassettoni dal quale scendevano degli enormi lampadari di cristallo.
Per volontà del Direttore della nuova Pilotta Simone Verde, nel progetto di rinnovamento del Museo Nazionale Archeologico è stato previsto il recupero di questi spazi, centrali del Museo rinnovati nella concezione e negli spazi.
Avviati gli interventi, ecco riemergere ciò che si temeva perduto o pesantemente deteriorato: il soffitto originario dal salone. Sorretto da una struttura portante del tutto slegata dalle travi che sorreggono il tetto, risulta costituito da un tavolato ligneo dello spessore di 3-4 centimetri circa, lavorato con modanature e cornici a formare il disegno delle figure geometriche e dei sottosquadri visibili. Nella parte centrale sono presenti cinque ottagoni regolari di larghezza di 2 metri circa ed al centro di ciascuno di essi è fissato un rosone a motivo floreale lavorato a mano del diametro di 70 centimetri.
“Per tutti, questo riapparire è stata una emozione. A partire dai muratori che sono rimasti ammirati dalla bellezza e dalla imponenza del manufatto che man mano liberavano dalla sua gabbia di cemento e laterizi.
“Il nostro progetto – annuncia il Direttore Verde – prevede che al centro della sala venga riposizionato il lungo tavolo in legno su cui era esposto il Trionfo da Tavola, ritrovato in stato d’abbandono in uno dei depositi della Galleria Nazionale e attualmente sottoposto a un intervento di restauro, che permetterà la restituzione alle pregevoli collezioni greche, etrusche, italiche e romane del Museo di un adeguato contesto monumentale. Le ceramiche, provenienti dalle private collezioni del Ducato, saranno esposte, singolarmente o a piccoli gruppi, in ordine cronologico, entro teche di vetro poggiate sul tavolo. Dal punto di vista cromatico e concettuale ci siamo liberamente ispirati alle realizzazioni di Palagio Palagi al castello di Racconigi”.
Nelle quattro vetrine a muro collocate sulla parete nord saranno invece esposti la collezione luigina di specchi etruschi e frammenti di vasellame, in un allestimento che dia risalto alle caratteristiche tipologiche, ai temi trattati nelle raffigurazioni, e alle tecniche di decorazione. È previsto il riposizionamento, al centro della parete sud della Sala, della quinta vetrina che ospiterà il tondo, fondo di bacile, raffigurante la divinità Oceano. I sei busti delle collezioni Farnesiane saranno collocati fra le cinque finestre che si affacciano sul Lungoparma; sul lato opposto, fra le due porte, saranno collocati altri quattro busti. Per la loro musealizzazione è previsto l’utilizzo di nuovi piedistalli in marmo nero, Nero Assoluto dello Zimbabwe, a finitura opaca. L’intervento permetterà inoltre di munire la sala di nuove dotazioni impiantistiche, quali telecamere, sensori d’allarme e sensori di rilevazione di fumo, garantendo una maggiore tutela delle opere esposte.
Le due sale successive, in cui l’intervento degli anni Sessanta aveva collocato la Biblioteca e gli uffici della direzione, saranno restituite alla fruizione originaria mediante il nuovo allestimento, diviso per nuclei filologici, della Collezione egizia acquisita in epoca luigina, che sarà in grado di garantire alti standard di conservazione preventiva dei reperti, elaborati grazie alla collaborazione con il Museo Egizio di Torino. La biblioteca storica del Museo verrà allocata in una stanza comunicante con la Biblioteca Palatina, con caratteristiche di accessibilità e fruibilità. Nella sala della ex biblioteca verranno poste in un primo momento scansie storiche contenenti i documenti del museo e collocate vetrine che illustreranno la storia dell’Istituto. In seguito troverà posto in questo spazio una rappresentanza significativa del medagliere Borbonico dell’Istituto. Grazie all’attivazione delle erogazioni liberali oggetto di Art Bonus la famiglia Chiesi ha fornito 220.000 euro per l’acquisto delle vetrine utili all’ottimale conservazione dei materiali archeologici. “Tutti gli elementi progettati, controsoffittature, pannellature alle pareti, vetrine, mobilio e dotazioni impiantistiche secondo i brandiani principi di intervento di restauro – sottolinea ancora il Direttore – mantengono caratteristiche di completa reversibilità e non comportano alcuna modifica permanente all’architettura”.