Non è riuscito a realizzare i desideri per la fine dell’isolamento anti-Covid: sedersi sotto il calore e la luce del sole e abbracciare un albero. Si è spezzata a 48 anni la strada di Ezio Bosso, il pianista, compositore e direttore d’orchestra che ha incantato, commosso e dato una lezione di dignità all’Italia. Dal 2011 conviveva con una malattia neurodegenerativa che gli era stata diagnosticata subito dopo l’intervento per un tumore al cervello a cui era stato sottoposto nello stesso anno.
A febbraio 2020 era diventato cittadino onorario di Busseto.
La sua musica è stata commissionata e utilizzata da importanti istituzioni operistiche, come la Wiener Staatsoper, la Royal Opera House, il New York City Ballet, il Teatro Bolshoij di Mosca.
Un’infinta tristezza ha portato alla Toscanini la notizia della morte di Ezio Bosso. E il ricordo da parte dell’orchestra è andato al 28 giugno 2018 quando, in un Auditorium Paganini gremito, ha diretto la Filarmonica nel concerto inaugurale della rassegna estiva “Stelle Vaganti”; in programma la Sinfonia dalla Forza del Destino di Verdi, la Sinfonia n.5 di Beethoven e le versioni per pianoforte e orchestra, di due composizioni dello stesso Bosso “Split, postcards from far away” e “Rain, in your black eyes”. «In quell’occasione siamo rimasti colpiti dalla forza della sua personalità, e dalla carica che prendeva dalla musica – ricorda la spalla della Filarmonica Mihaela Costea-. Abbiamo notato il suo modo profondo di riflettere sui brani senza dare nulla per scontato: quello che diceva veniva proprio da lui, dalla sua preparazione: era ciò che sentiva e bastava un’occhiata a comunicarlo o un pugno stretto: tutti gesti “naturali” che faceva e che sembravano uscire dal suo corpo in modo spontaneo. Ci ha diretti in due autori che adorava, forse proprio per l’energia racchiusa dalla loro musica e pensando a Beethoven, il suo rispecchiarsi nelle difficoltà come il genio di Bonn per tutta un’esistenza quale strenua “lotta contro il destino”.» La Costea ammirava di lui il fatto che avesse generosamente aiutato i giovani musicisti e ancora, nel ricordare quel concerto e le prove, ha evidenziato appunto il senso di una continua lotta con se stesso e con tutti, durante le prove in cui il tempo trascorreva intensamente con momenti drammatici di sfogo legato anche a situazione in cui soffriva per il dolore. «Odiava l’abitudine collegata alla tradizione di eseguire in un certo modo la musica, perché, ad esempio, “si fa così”: Bosso non era d’accordo, ribaltava tutto e si infervorava nel comunicarlo.» La sua personalità totalizzante del resto veniva fuori durante i concerti nel dialogo con il pubblico al quale chiedeva concentrazione: anche a Parma, in quell’occasione, pur con difficolta si girava verso gli spettatori per sottolineare, questo o quel momento particolarmente suggestivo del programma ma a volte il discorso era legato ad un suo grande cruccio: al poco conto che in Italia si tiene per la musica. Inoltre Bosso per La Toscanini è stato una conoscenza di vecchia data in quanto venne suonare con l’orchestra, come primo contrabbasso, prima ancora della terribile malattia; lo troviamo in quel ruolo nell’Orchestra del Centenario nel 2001.
«La notizia della morte dell’amico Ezio mi ha molto addolorato – commenta l’ispettore della Filarmonica Roberto Carra-: quando veniva a Parma andavamo sempre a mangiare insieme. E anche in quei momenti parlava di musica in un modo che rivelava una profonda o originale conoscenza non solo di classica. Con noi ha dimostrato anche di essere un eccellente primo contrabbasso, sempre scrupoloso, pignolo ed anche caparbio! Spesso mi diceva che in Italia soffriva per la musica perché non è considerata una disciplina fondamentale per la formazione dei giovani, ma solo un semplice passatempo.»