E’ stato grande lo spettacolo all’Istituto Penitenziario di Parma. Tra il pubblico cittadini che hanno fatto un’apposita richiesta, su palco bravissimi interpreti che hanno proposto una nuova lettura di “Amleto” – pesante il fardello della vita.
Un’impresa non da poco che è riuscita magnificamente. Gli interpreti hanno assorbito, fatto loro intimamente il testo, globalmente e per le parti che hanno interpretano (anche più d’una, e alcuni ruoli per più attori, diverse le sfumature).
Lunghissimi gli applausi per questo debutto che è una produzione Progetti&Teatro, maestri guida Carlo Ferrari e Franca Tragni, che ne hanno curato anche l’adattamento drammaturgico e la regia.
Laura Rossi, assessore al Welfare del Comune di Parma e Domenico Gorla, Comandante della polizia giudiziaria, hanno consegnato a tutti gli eccellenti interpreti, Antonio, Daniele, Domenico, Emanuele, Franco, Giovanni, Giuseppe, Nicola, Saverio, Tonino, singoli attestati di merito. Con motivato orgoglio, così come si era percepito nelle parole della Vicedirettrice dell’Istituto, Lucia Monastero “questa esperienza mostra i frutti di un lavoro teatrale di alta qualità, quindici anni d’impegno comune” ha ricordato la Monastero “un tempo forse più appartato, meno visibile, ora fortunatamente in più aperto dialogo con la città.”
Una domanda accompagna il titolo: Quale fardello dobbiamo sopportare e per quanto tempo? Via via gli interpreti, vestiti di nero, si sono seduti nella prima fila della sala: <Amleto> è di tutti – e si sale in scena per divenire Claudio o Ofelia. Così come per la vita?: una delle più amate metafore shakespeariane! E anche in questo spettacolo, non mancano intelligenti tocchi metateatrali, come per Amleto che, con noncuranza, passa il ruolo a un compagno. Tutto scorre veloce verso la tragedia finale. Amleto e Laerte sono di fronte, in posizione elevata, come statue in attesa con quel dilemma eterno: Essere o non essere.