Una delle tragedie più misteriose e particolari del Teatro Classico, un personaggio rimasto immortale nella memoria secolare e nella filosofia dell’Occidente, talvolta addirittura paragonato a una figura cristologica ante-litteram: Prometeo. Parte centrale di una trilogia andata perduta. Il Prometeo Incatenato non è solo il racconto della tortura inflitta al Titano che donò il fuoco agli uomini: è una profonda indagine umana sulla sofferenza, sul rapporto con il potere, sulla sopportazione.
Prometeo Incatenato di Eschilo, nuova produzione di Fondazione Teatro Due, con la regia di Fulvio Pepe, debutta in prima nazionale il
26 giugno alle 21.15 in Arena Shakespeare, anticipato il 25 giugno alle ore 19.00 da un incontro con il filosofo Massimo Cacciari dal titolo Prometeo: mito e tragedia.
In scena Andrea Di Casa, Federico Brugnone, Ivan Zerbinati, Ilaria Falini, Deniz Özdoğan affronteranno un corpo a corpo con la Parola, una vera prova di resistenza fisica per i tre attori che interpretano Prometeo nel suggestivo spazio dell’Arena Shakespeare, con le luci di Luca Bronzo e i costumi di Emanuela Dall’Aglio.
“Il Prometeo politico, rivoltoso contro il nuovo ordine imposto da Zeus non ha mai acceso la mia immaginazione. L’aspetto che mi colpisce della condizione prometeica, non è tanto la privazione della libertà quanto la sofferenza, il dolore.” Racconta Fulvio Pepe.
“Prende dunque sostanza la visione di un nuovo Dio che nel dolore può piegarsi verso un’umanità sofferente con la forza tipica del perfetto mediatore: colui cioè che tenta un contatto fra il mondo degli uomini e il mondo degli Dèi, e pertanto mai completamente umano pur avendo rinunciato ad essere completamente divino; solitario in senso assoluto poiché incompreso dagli uomini, inviso agli Dèi. Queste figure, come sanno bene i cattolici, non quadreranno mai, perdendosi esse stesse nella metafisica delle loro inevitabili contraddizioni.
La nostra messa in scena sarà dunque un’indagine attoriale sul dolore, utilizzando il testo di Eschilo. Sappiamo bene che non arriveremo mai a porgere il Prometeo Incatenato in tutta la sua portata filosofica, storica, etica ed estetica, ma vogliamo proporre comunque il nostro tentativo, disperato ed estremo, consapevoli che è proprio in questo tentativo che troverà concretezza la nostra proposta artistica.”
Vi è un ulteriore e non secondario motivo d’interesse nello studio odierno della tragedia greca: una profonda nostalgia verso la figura dell’eroe tragico.
“Dell’eroe tragico mi manca quella forza cosciente di chi non ha paura di nulla, quella capacità virile di affrontare senza illusioni l’esistente, che non è certo la virilità ginnica a torso nudo da sabato fascista, ma una forza intima, maschia, che oggi si può trovare raramente in alcuni uomini o donne che conoscono il dolore come necessario e sanno gestirlo” prosegue il regista. “Lo fanno con la potenza lucida di quel pensiero fermo che riesce ad attribuire il giusto peso, che valuta la giusta forma dei problemi, distinguendo quelli gravi dalle semplici stupidaggini, dosando le proprie forze senza mai, o almeno mai troppo, piangersi addosso. A costoro io mi inchino auspicando che essi (e solo essi) possano porsi un giorno come guide di intere comunità.”
Informazioni e biglietteria Te. 0521.230242 – [email protected]