Roberta Roberti, insegnante, consigliera comunale del gruppo misto ma soprattutto attenta osservatrice delle dinamiche culturali e delle politiche amministrative che le sostengono in città, ha organizzato al WoPa un convegno per il 27 novembre dal titolo ‘Cultura al Bando’ ovvero ‘Il sistema di gare, concorsi e appalti e le ricadute sulle professioni della cultura’ per portare alla luce le gravi mancanze di procedure nel settore culturale delle amministrazioni italiane.
La sua battaglia contro lo sfruttamento delle qualificate figure professionali in ambito intellettuale è iniziata con un appello al Comune di Parma per la regolamentazione dei bandi per la gestione delle biblioteche pubbliche che favorirebbero grandi strutture esterne senza garantire un adeguato inquadramento economico ai lavoratori impegnati, che si vedrebbero così costretti ad accettare lavori di alto profilo con contratti non commisurati al ruolo.
Con questo convegno la consigliera Roberti intende proseguire e approfondire quindi la sua denuncia a livello nazionale favorendo l’incontro tra addetti ai lavori nel delicato ruolo di organizzatori del sistema cultura italiano.
Roberta Roberti, promotrice dell’incontro al Wopa spiega i motivi del convegno
‘Cultura al Bando’ un titolo provocatorio che suggerisce un dibattito oltre i confini locali. Qual’è lo scopo di questo convegno?
Parma è soltanto un esempio di quello che succede a livello nazionale attorno al mondo dei professionisti culturali. I recenti fatti locali che hanno visto coinvolte delle lavoratrici della Magnani Rocca licenziate dopo anni di contratti come viglianti e in realtà impegnate nel difficile compito di organizzazione e comunicazione delle attività museali, dopo l’assegnazione per l’ennesima volta previo bando della gestione delle biblioteche pubbliche a una grossa cooperativa di Ferrara esternalizzando ogni responsabilità sulle figure utilizzate e il loro inquadramento, mi è sembrato opportuno chiedere un confronto pubblico su un argomento così attuale come il Sistema Cultura soprattutto in vista dell’importante appuntamento cittadino del 2020 come capitale della cultura italiana che deve essere un’occasione di riflessione e di proposta e non soltanto di vetrina della città.
Parma con questo convegno potrebbe diventare un laboratorio di idee per correggere una grande stortura nazionale che, seppur in piena legalità, permette lo sfruttamento di persone altamente qualificate che non trovano riscontro economico e riconoscimento professionale nel circuito pubblico di diffusione e proposta culturale del paese.
A cosa si riferisce quando parla di ‘stortura nazionale’?
In particolar modo mi riferisco ai bandi pubblici, uguali in tutta Italia, per l’assegnazione della gestione biblioteche, per esempio, che permette di concorrere solo a grandi realtà con imponenti volumi d’affari invece di favorire imprese locali magari di piccole dimensioni ma con competenze adeguate. Nel corso della mia interrogazione in consiglio comunale ho chiesto la possibilità in futuro di ‘spacchettare’ il bando in tanti piccoli appalti per favorire le imprese culturali locali e forse anche un controllo maggiore sull’operato attraverso una figura di coordinamento del comune stesso che possa anche garantire un adeguato inquadramento delle mansioni e maggior rispetto dei lavoratori. Ci tengo a ribadire che si tratta di procedure del tutto legali, ma ritengo che un ente pubblico non possa e non debba tollerare lo sfruttamento del lavoro intellettuale all’interno delle proprie strutture e che si debba intervenire affinchè questo non accada più.
Spesso, infatti, i dipendenti sono costretti ad accettare posizioni economiche di basso profilo addirittura come lavapiatti, nonostante il ruolo professionale ricoperto a causa dell’esiguo budget a disposizione delle società vincitrici del bando riservato al personale.
In Italia e non solo a Parma si investe troppo poco in cultura e i risultati sono troppo spesso insoddisfacenti sia come qualità dei servizi al pubblico sia come riconoscimento del lavoro svolto da professionisti che rimangono precari per molti anni.
Esistono, però amministrazioni virtuose che sono riuscite a mettere a punto un sistema funzionante e di grande utilità pubblica come quella di Reggio Emilia che sarà presente con un video al convegno del 27 novembre per illustrare come sia possibile investire in questo settore e far crescere l’offerta pubblica nel pieno rispetto dei lavoratori e dei budget pubblici.
Oltre un’offerta culturale pubblica con servizi mediocri quali sono i danni per questi lavoratori?
In questo caso mi sono concentrata sulle condizioni dei lavoratori nelle biblioteche, nei musei e negli archivi pubblici ma lo sfruttamento del lavoro intellettuale riguarda sicuramente tanti altri professionisti del sistema culturale italiano che vedono sviliti quotidianamente i propri titoli e i propri percorsi di studi.
I danni non sono solo economici, Si tratta di lavoratori precari, sottopagati e inquadrati in settori diversi ben lontani da quelli di appartenenza regolamentati da Federculture, spesso come operatori socio assistenziali ma che non hanno il coraggio di contestare per paura di perdere il lavoro. Inoltre se dovessero presentare un curriculum per cercare un altro posto vanterebbero solo anni come lavapiatti e aiuto cuoco senza alcun valore nel loro settore di riferimento. Un danno sociale enorme per gli addetti al sistema culturale che mettono a disposizione la loro professionalità, spesso usata per vincere i bandi da parte di macrostrutture multiservizi, senza poi alcun riconoscimento nè prospettiva futura.
Ha citato Reggio Emilia come esempio di sistema funzionante, a cosa si riferiva?
Alla biblioteca civica Panizzi e a tutto il sistema bibliotecario che è organizzato su scala provinciale regolamentato e controllato da una consulta di tutti gli assessori alla cultura dei vari comuni reggiani con una proposta organica e capillare dei servizi.
Una rete coordinata che garantisce aperture quotidiane sette giorni su sette e d’estate fino alle 10 di sera, consegne di libri su tutto il territorio in tempi brevissimi, con una pubblicazione annuale di tutti i progetti e le iniziative delle biblioteche affiliate per l’anno successivo a disposizione di chiunque volesse consultarlo e inserire proposte e progetti anche personalizzati oltre i 350 offerti annualmente. Tutto gratuitamente. Anche loro non riescono a garantire tutto il personale di cui hanno bisogno e hanno fatto convenzioni con soggetti privati esterni prevalentemente in ruoli di front office ma sempre in presenza di un coordinatore del comune che dirige il servizio. A questi lavoratori esterni viene poi sempre applicato il contratto di categoria previsto da Federculture. Reggio Emilia investe molto più di noi in questo settore e i risultati sono un incremento costante di utenti delle biblioteche con acquisizioni annuali di volumi per migliorare l’offerta.
I numeri di Reggio parlano chiaro: 710.000 prestiti in un anno, circa ⅔ in più di quelli di Parma; 23.000 nuovi acquisti contro i -50.000 di Parma persi in 5 anni testimoniano che si può lavorare molto in questa direzione e far funzionare anche da noi il sistema bibliotecario pubblico. Inoltre a Reggio sono stati studiati progetti ad hoc per le diverse fasce d’età per attirare diversi utenti con diverse esigenze raccolti in un’agenda coordinata a disposizione delle scuole e degli insegnanti.
Oltre al sistema biblioteche quali sono gli altri settori culturali in cui urgono interventi organizzativi?
Nell’incontro del 27 alcuni ospiti illustreranno le situazioni di disagio anche di altri settori chiave del panorama culturale pubblico italiano come archivi, musei, scavi archeologici e le guide turistiche che promuovono il patrimonio italiano su tutto il territorio confermando una disattenzione istituzionale a 360 gradi nel campo umanistico della nostra economia.
Purtroppo devo anche dire che gli stessi professionisti spesso assumono una posizione remissiva nei confronti dei datori di lavoro un pò per paura di perdere il posto e un pò,forse, per la passione e l’amore che mettono nelle loro attività che impedisce di far valere dei diritti pur di poter esercitare nel loro campo. La gratificazione intellettuale per qualcuno vale di più del riconoscimento economico, un nobile pensiero ma totalmente ingiustificato e fallimentare per un settore indispensabile alla crescita sociale ed economica di un paese avanzato che fa della sua storia culturale il suo fiore all’occhiello.
Parma propone quindi questo convegno in vista del 2020 per lanciare un appello nazionale e proporre un modello funzionante di sistema cultura che possa servire da spunto per un nuovo percorso di rispetto e di valorizzazione di un settore troppo spesso sbandierato e utilizzato come grande attrattiva del paese ma mai realmente organizzato e finanziato per tramutarlo in un sistema vincente. Parma si propone come laboratorio di idee per chi fa cultura oltre il 2020, anzi per dare un significato più profondo e duraturo al titolo di capitale della cultura italiana e non farlo esaurire in un anno di eventi e intenti fine a se stesso.