di Titti Duimio
“Se molta gente di poco conto, in molti luoghi di poco conto, facesse cose di poco conto…la faccia del mondo cambierebbe” (Raoul Follerau giornalista e poeta)
Un uomo carico di storia Giorgio Torelli, giornalista scrittore classe ‘28 parmigiano interprete dell’Italia degli ultimi sessant’anni. Inizia la sua carriera alla Gazzetta con gli amici Baldassarre Molossi e Luca Goldoni ma dopo pochi mesi viene chiamato a Milano prima al Candido poi a Grazia nel gruppo Mondadori. Seguiranno testate storiche come Epoca per arrivare nel ‘74 a fondare ‘Il Giornale’ con l’amico e collega Indro Montanelli.
Iscritto alla facoltà di Medicina dopo studi classici al Liceo Romagnosi smette al quinto anno e sceglie di ‘curare’ la cronaca attraverso le parole.
Testimone di più di mezzo secolo di storia italiana Giorgio Torelli ha voluto raccontare episodi della sua vita giornalistica mercoledì 23 maggio all’ auditorium del Palazzo del Governatore nell’ambito delle iniziative promosse dal Comune del Parma per il “Il Maggio del Libri 2018” intervistato da Filiberto Molossi definito ‘un nipote’ dallo stesso giornalista per il legame quasi fraterno con il padre Baldassarre.
Ironia leggera per descrivere un clima italiano in anni in cui scrivere per un giornale poteva costare la vita, anni di piombo e di rabbia che scambiavano la rivoluzione culturale per lotta armata sovrapponendo giuste istanze di diritti con inaudite forme di violenza fisica e verbale sminuendone il significato e la portata storica fino a ridurla ad un’opaca pagina di terrorismo deprecabile confondendone i contorni intellettuali e il contesto culturale.
Giorgio Torelli liberale cattolico a dispetto ma con il rispetto del laicissimo Montanelli, porta avanti il suo racconto con un linguaggio pacato e misurato descrivendo realtà di cronaca sempre a favore del bene comune, dettagli di persone che al di là delle idee vivono all’insegna di un’etica positiva costruendo qualcosa invece di distruggere.
Inviato per storiche testate Torelli racconta i suoi reportage di viaggi in Africa dove singoli uomini costruivano micro alternative per cambiare il mondo fuori dai circuiti di contestazione politicizzata e dentro a fatti reali forse minuscoli e isolati ma certamente rivoluzionari come il medico Santino Invernizzi alpino novarese che gestiva un ospedale da campo nel deserto del Kenya ai confini con la Somalia unico presidio di assistenza organizzata in un territorio abbandonato e primitivo. O come Baba Camillo un trentino della Val di Non che ha insegnato a coltivare ortaggi alla popolazione di un piccolo villaggio in Alto Volta ora Burkina Faso.
Rabdomante di positività e innamorato perenne del genere umano Giorgio Torelli nella sua lunga carriera ha voluto rimanere una voce fuori dal coro della cronaca destabilizzante descrivendo un mondo fatto di gesti concreti e di attenzione alla normalità del proprio dovere, senza clamori ma forse proprio per questo assolutamente clamorosi.
Un esempio di giornalismo basato sui fatti venato da pensieri di buon senso cattolico fuori dalle aggressioni verbali, dai toni di scherno e dal nichilismo vincente che infetta un’epoca carente di racconti di valori positivi in cui riconoscersi per sentirsi una comunità.