Dopo il commento piccato sulla pagina Facebook del sindaco Pizzarotti in occasione del premio International Opera Awards ricevuto per il Festival Verdi 2017, l’ex assessora Laura Maria Ferraris spiega il motivo del suo risentimento e torna a parlare dell’esperienza parmigiana come assessore alla cultura nel primo mandato Pizzarotti.
Ferraris torna a parlare dopo mesi di silenzio anche con il sindaco, dopo la fine del mandato e le nuove elezioni che spazzano via il passato, l’ex assessora ha preferito voltare pagina e ricorminaciare a Torino, la sua città natia che oggi vede, ironia della sorta, la sindaca grillina Appendino. Mesi in cui anche i rapporti interpersonali con gli ex compagni di squadra si sono interrotti repentinamente, fino a ieri.
Vuole spiegare meglio il suo commento alle parole di festeggiamento del sindaco a Pizzarotti?
“Prima di tutto ci tengo a sottolineare che reputo complessi ma positivi i 5 anni di lavoro nella squadra del primo governo Pizzarotti. Non ci sono stati grandi fraintendimenti anche se non sono mancati i confronti su diversi temi con mie posizioni indipendenti ma mai di scontro.
La questione del Teatro Regio, per esempio, complicata e delicata dopo la fase di commissariamento e l’assenza di fondi da destinare, ma affrontata con la volontà di rilanciare un’eccellenza parmigiana in chiave moderna seppur con mezzi risicati. Decisioni prese sempre in maniera coesa, una partita rischiosa ma condivisa che ha suscitato parecchie perplessità e critiche ma che alla luce dei fatti è stata vinta.
L’edizione 2017 del Festival Verdi che è stata premiata è frutto di un lavoro triennale presentato l’anno prima ancora sotto la vecchia amministrazione e credo che il grande lavoro fatto con mezzi d’emergenza andrebbe riconosciuto. Il comune non era in grado all’epoca di garantire risorse in seguito poi trovate, e il gruppo dirigenziale del Regio si prese con coraggio responsabilità che sicuramente avrebbero portato polemiche ma erano indispensabili.
Quindi credo che oggi riconoscere quelle fasi sia solo un segno di merito e di correttezza intellettuale che purtroppo non ho ritrovato nelle parole di un sindaco che intende proporsi sullo scenario politico nazionale con la paura di nominare altre persone che hanno contribuito ai successi della città.
Mi ha fatto molto piacere il messaggio di Carlo Fontana (amministratore esecutivo della Fondazione Teatro Regio all’epoca dei fatti, dimissionario nel 2014 per contrasti con le decisioni prese sul destino del teatro insieme a Paolo Arcà allora direttore artistico n.d.r.) che si è complimentato con me per il lavoro fatto, nonostante il suo dissenso sulla linea adottata. Un gesto di grande stile”.
Come giudica l’esperienza del primo governo Pizzarotti a 5 stelle?
“Tante le persone coinvolte in quel progetto tra mille difficoltà burocratiche e economiche e credo che sia screditante e denigratorio non riconoscerne il coraggio e il percorso, per questo quindi mi sono permessa di farlo notare.
Il cambiamento è faticoso e richiede grandi sforzi e noto come troppo spesso si eviti di raccontarlo per scelte di convenienza politica o di visibilità personali che non contribuiscono alla causa di rinnovamento in corso. Anche nella mia città, Torino e nella capitale si sono ereditate realtà difficili e qualunque scelta porta a critiche feroci solo perché sono governate da 5stelle e noi all’epoca abbiamo subito lo stesso trattamento. Mi sarebbe piaciuto che Pizzarotti non perdesse questa empatia e invece, forse per ragioni di visibilità politica nazionale, ha bisogno di sottolineare differenze piuttosto che affinità”.
Crede che a Parma il cambiamento abbia funzionato?
“Una strada è stata sicuramente segnata ma il percorso è molto lungo e complicato. La macchina burocratica è molto lenta e farraginosa e prima di vedere a regime tutt’e le mosse impostate ci vorranno parecchi anni, ma Parma è una città che merita e che ha in se tutti gli anticorpi per non permettere al cambiamento di arrestarsi.
Da qui bisogna partire per ridisegnare un progetto collettivo e condiviso senza personalismi o imposizioni da ‘sol uomo al comando’ che purtroppo sembra essere invece il trend nazionale”.
E’ rimasta stupita della seconda elezione di Pizzarotti?
“No, in realtà me l’aspettavo, forse con un maggiore consenso di quello che ha ottenuto ma ho visto alcuni errori di comunicazione sul percorso fatto e anche sul gruppo che l’ha portato alla rielezione che sono stati penalizzanti. Il consiglieri sono quasi tutti nuovi come se avesse voluto girare completamente pagina eliminando chi non serve più, come se dicesse “partiamo da zero” perché in fondo sono io il leader.
Lui e’ bravo, spigliato, una grande dialettica che lo rende un uomo da palcoscenico e sapendo che non potrà avere un terzo mandato è giusto che guardi in altre direzioni politicamente di respiro nazionale e in questo momento storico è difficile trovare progetti a lunga gittata senza compromettere il consenso e quindi spesso si preferisce procedere a breve termine senza affrontare i grandi temi di questo paese.
Un mandato a governare in situazioni compromesse richiede per forza il coraggio di fare cose impopolari ma spesso si cerca la via breve del consenso perdendo la grande opportunità di cambiare veramente le cose. Per questo spero che in questo momento i 5stelle riescano a mettersi alla prova nel governo nazionale per non ingabbiarsi nel ruolo di speranza utopica e di opposizione senza mai fare la differenza”.
Un fondo di amarezza nelle parole di Laura Ferraris che dal giugno scorso non ha più avuto contatti con nessuno della precedente amministrazione che si trasforma in vera commozione quando parla della scomparsa dell’ex rettore Loris Borghi per il quale nutriva un profondo rispetto e forse anche affetto. Lo ringrazia per il grande lavoro fatto per aprire l’Università ad un dialogo con istituzioni e cittadini, ricordandone lo spessore professionale ma soprattutto il lato umano, quasi protettivo, di un medico attento alle esigenze delle persone. E se il riconoscimento non appartiene alla sfera politica, per alcuni e’ ancora un fatto di relazioni umane, forse.