di Titti Duimio
“La nostra era verrà definita l’epoca della Grande Cecità e siamo tutti colpevoli perché il silenzio e l’indifferenza verso la più grande e imminente catastrofe del presente umano è di tutti. Non solo dei politici, ma anche di scrittori e intellettuali..” cosi’ Amitav Ghosh antropologo indiano e scrittore esperto di problemi legati all’ambiente.
In effetti pochi gli autori che si cimentano col tema del cambiamento climatico senza sconfinare nella fantascienza, tra questi in Italia c’è Bruno Arpaia che con il suo libro ‘Qualcosa, là fuori’ costruisce un racconto reale su basi scientifiche difficilmente smentibili.
Ambientato alla fine del XXI secolo il romanzo racconta il difficile esodo di un gruppo di persone che da una Napoli distrutta e desertificata dai mutamenti climatici cerca di raggiungere il nord della Scandinavia attraversando un’Europa ormai irriconoscibile, stravolta dall’innalzamento delle temperature e dalle conseguenti catastrofi.
Dati scientifici forniti dall’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) 3000 esperti che studiano le conseguenze dei cambiamenti climatici per l’ONU, fanno di questo racconto uno scenario possibile e non un’apocalittica stima visionaria.
Sconvolgimenti climatici che portano anche uguali sconvolgimenti politico-sociali di cui l’esercito americano e’ da tempo consapevole prevedendo conflitti mondiali a causa dei cambiamenti epocali già avvenuti per esempio nell’area siriana dopo la piu’ grande siccita’ mai vista che ha spostato masse povere verso le capitali provocando tensioni sociali e politiche.
Cosi’ anche nella zona del Lago Ciad ridotto di 18 volte a causa della epocale siccità che ha colpito la zona e ha portato a grandi scontri sociali con il radicamento di gruppi terroristici come Boko Haram.
16.000.000 profughi climatici si sono gia’ spostati in giro per il mondo creando esodi inarrestabili.
“Ma il mio e’ un romanzo e i romanzi si occupano di relazioni-dice l’autore-Il protagonista Livio ambientalista convinto e neuroscienziato incontra la moglie affermata fisica e per motivi professionali si trasferiscono a Londra da dove assisteranno alla distruzione del mondo e alla deculturizzazione totale che ne consegue.
Costretti a ritornare in Italia trovano situazioni di violenza e disordine che porteranno Livio a perdere la moglie e il figlio trovandosi a vivere da solo come uno zombie fini a riconoscersi in un gruppo di disperati che decide di migrare al nord Europa.
E il romanzo diventa la storia di un viaggio geografico ma anche interiore che permette a Livio di ritrovare relazioni, affetti, emozioni ma anche il senso del dovere che lo incoraggia a guidare il gruppo verso la salvezza.
Un libro di speranza collettiva e individuale che mette in luce la grande fiducia dell’autore nell’uomo capace di inventare il suo riscatto dopo essere stato artefice della sua distruzione totale.
“Le migrazioni non possono essere viste come emergenza ma devono essere affrontate come cambiamenti culturali-spiega Bruno Arpaia- Il mio libro contiene due miei sogni: il primo che possa diventare una serie televisiva di successo con Leonardo di Caprio per garantirmi l’affitto e l’altro di poter avere davanti i potenti della terra e spiegare che i loro antenati si sono spostati a causa dei cambiamenti climatici esattamente come continua a succedere e che i grandi statisti dovrebbero occuparsi della visione del mondo a medio-lungo termine e non basarsi solo sul consenso immediato per le prossime elezioni.
Il problema delle migrazioni e’ un problema complesso e non si può affrontare solo con la pancia ma si deve usare il cervello”
E proprio il cervello e’ coprotagonista del racconto perché le storie che lasciano traccia sono solo quelle che coinvolgono le emozioni e, scientificamente, il cervello immagazzina storie per poter prevedere il futuro. L’immaginazione e la memoria entrano quindi a far parte del romanzo, quella capacità di proiettate in avanti il racconto completando il presente con esperienze acquisite nel tempo e costruire il futuro immaginabile. Un’esclusiva dell’essere umano che ci ha portato a distruggere il pianeta ma puo’ portarci anche a correggere il tiro. Ascolto, esperienza e informazione possono fare la differenza e suggerire una visione globale futura in miglioramento.
Le storie servono a vivere altre vite e l’uomo col potere dell’immaginazione può inventarsi soluzioni per essere protagonista e non vittima del suo futuro.
Visionari, immaginazione, uomo e natura: questi gli ingredienti del progetto Il Terzo Giorno che vede una rinascita della centralità umana sia nel gesto artistico come atto di creazione e di vita, sia nel progetto scientifico di un pensiero superiore per il bene comune.