di Giuliano Serioli, Rete Ambiente Parma
salvaguardia e sostenibilità del territorio
L’estate 2017 ha rappresentato per la California un vero incubo: colpita da una terribile siccità, km e km quadrati di boschi hanno preso fuoco, migliaia di alberi sono andati in fumo.
Arrivato l’inverno, l’incubo continua.
Nei giorni scorsi, infatti, piogge battenti hanno letteralmente dilavato via quelle colline ormai prive di manto boschivo, determinando colate di fango che hanno distrutto case e strade.
Ma non è solo un problema americano.
Piogge mai viste hanno provocato anche nel nostro territorio diversi disastri: l’allagamento della città di Parma ad opera del Baganza nel 2014 e quella di Colorno nel 2017.
Ma anche la siccità ha colpito duramente campagne e coltivi emiliani.
Dietro la spinta delle popolazioni colpite, le autorità locali e la Regione Emilia Romagna hanno predisposto e già approvato un progetto di cassa d’espansione sul torrente Baganza per evitare future alluvioni. Per far fronte alla siccità, la Regione ha stanziato 8 milioni di euro finalizzati all’aumento della capacità di captazione della rete degli acquedotti.
L’assessore Paola Gazzolo, inoltre, ha predisposto un tavolo in cui valutare la realizzazione di una nuova diga in montagna, forse a Vetto, come da tempo propongono gli amministratori locali.
Per affrontare siccità e inondazioni sono davvero necessarie dighe, casse e cemento con una spesa prevista per la sola cassa di espansione di 55 milioni di euro?
Sulle dighe si è espresso con autorevolezza il geologo Luigi Vernia. “Una diga in montagna – afferma- bloccherebbe la corrente di sub alveo del torrente, quella che alimenta le varie conoidi dell’alta pianura, dalle quali l’acqua affluisce nei pozzi per i coltivi “ .
Che senso avrebbe raccogliere acqua con una diga se poi la si perde nell’alta pianura e non la può utilizzare durante la siccità?
D’altra parte che senso ha un invaso di 4,7 milioni di metri cubi, la cassa d’espansione, che deve sempre restare vuoto per fronteggiare eventuali alluvioni future?
Va trovata una soluzione che affronti entrambi i problemi: siccità ed alluvioni.
Sarà sufficiente aumentare la capacità di captazione da nuove sorgenti per far fronte alla siccità? Forse per le esigenze degli acquedotti di alcuni comuni, ma non certo per le esigenze della campagna, per i coltivi.
Infatti, il Consorzio di Bonifica già da tempo ha individuato aree di scavo per laghetti in cui conservare l’acqua per irrigazione.
Stranamente aree troppo vicine ad insediamenti urbani, come a Medesano, che suscitano la protesta degli abitanti.
Il principio di difesa attiva, su cui si fonda l’azione del Consorzio, pare corretto.
Addirittura questa azione sembra una solida alternativa alla cassa stessa, alla cementificazione che questa comporta ed ai guai conseguenti.
Certo è che tale pratica deve basarsi sulla partecipazione attiva dei cittadini, delle amministrazioni locali e dei contadini. Non può essere calata dall’alto come successo a Medesano, suscitando ulteriori problemi e paure nelle popolazioni.
Crediamo sia possibile affrontare le piene del Baganza con un piano di difesa attiva capace di coinvolgere popolazione e contadini in un progetto di rialzo degli argini ed in un sistema di sfioratoi che porti l’acqua di piena in una serie di cave e opere di scavo a fianco del torrente.
Acqua che nei periodi di siccità dell’alta pianura è possibile riutilizzare.
E se l’eventuale alluvione fosse maggiore delle opere di contenimento è sempre possibile aumentare lo sfioramento fino ad allagare aree di campagna di agricoltori che partecipano al progetto, a cui rifondere i danni.
L’eventuale indennizzo ai contadini coinvolti sarebbe comunque inferiore alla spesa per la cassa d’espansione. I soldi risparmiati si potrebbero impegnare in una una cassa più piccola da costruire in aree golenali della bassa pianura, per proteggere dalle piene l’abitato di Colorno.
E cosa c’entra la California?
Se la principale attività industriale del nostro Appennino diventerà il taglio raso dei boschi, le piogge battenti, che il cambiamento climatico ci sta già mandando, faranno in poco tempo colare il fango giù dai monti, spazzando via interi paesi.
L’effetto spugna del manto boschivo, che permette di fermare il diluvio d’acqua per poi rilasciarla poco alla volta, rimarrebbe solo un ricordo del passato.