di Marco Rossi
“E’ stata un’avventura bella e impegnativa e sento che questa rassegna è stata apprezzata dalla presenza di un pubblico molto coinvolto e attento” commenta Maria Caruso alla fine di ‘Summer Kermesse, un potpourri di musica’, la rassegna di musica antica e folk organizzata dall’assessorato alla cultura di Parma.
Quella di quest’anno, arrivata alla quarta edizione, si è svolta dal 13 al 31 agosto, con dieci incontri gratuiti presso il parco Ducale, tra le splendide cornici del Tempietto d’Arcadia, la Pinacoteca Stuard e il Palazzetto Eucherio Sanvitale. L’obiettivo è stato quello di diffondere la conoscenza di capolavori musicali meno noti al grande pubblico, tra conferenze, concerti e incontri con vari ospiti.
Nel Palazzetto Eucherio Sanvitale domenica 27 agosto si è tenuto l’ottavo incontro, intitolato ‘A Folk Elegy’, dove si è udita quella che avrebbe dovuto essere una chiacchierata sulle folk songs e sul lavoro del linguista e musicologo inglese Cecil Sharp. L’incontro è stato però tanto ricco ed interessante da non aver nulla da invidiare ad una vera e propria conferenza, tenuta dalla stessa Caruso. Una volta terminata, il pubblico è stato allietato da uno splendido concerto di folk songs, eseguite dalla relatrice, accompagnata al piano da Francesco Melani.
Il filone delle Folk Song indica una raccolta specifica di materiali di genere folk che sono stati rielaborati da vari compositori tra fine Ottocento e inizio Novecento, per essere trasformate in composizioni che rispecchino i raffinati canoni della musica del tempo: all’epoca non si è interessati alla loro autenticità. Nella seconda metà dell’Ottocento in Inghilterra c’è stato, infatti, un interesse per la musica popolare e la musica antica, essendo stata una forte eredità, anche linguistica.
Cecil Sharp è stato un fine musicista, non laureandosi però in musica, bensì in lingue, infatti si è interessato alla musica folk inizialmente per il linguaggio. Ha cominciato così a girare le isole britanniche col suo taccuino e i cilindri in cera per registrare, finanziato da una nobildonna dallo spirito nazionalista. Sharp si è messo in contatto con gli anziani delle varie comunità, pescatori e contadini sulla cinquantina, per sentire e registrare direttamente da loro le canzoni. Essendo cantate in gaelico o in scozzese, c’è stato un grande lavoro di ricostruzione da parte di Sharp, soprattutto linguisticamente parlando. I cilindri attraverso cui ha registrato queste canzoni sono oggi conservati nella Sharp House, la casa dove ha vissuto, trasformata in museo.
La sua attività non si è limitata all’Inghilterra, infatti, nonostante abbia moglie e figli e quasi sessant’anni, Sharp parte per gli Stati Uniti con la sua assistente, Maud Kerples. Nel 1916 hanno iniziato a girare l’America in tutte quelle zone con la presenza di famiglie isolate, Virginia, Tennessee, Kentucky, dove è rimasta la tradizione musicale popolare. Il loro motto è stato One song a day, una canzone al giorno. In seguito il materiale è stato pubblicato in un ricco volume che, funge da commentario. Leggendo il lavoro di Sharp in America, ci si è resi conto che queste canzoni sono derivate direttamente da quelle dei padri pellegrini che sono sbarcati secoli prima con la Mayflower e delle loro connessioni con la musica inglese antica, diventando una testimonianza potentissima.
Dopo la diffusione del lavoro di ricerca, a Sharp è stato chiesto di pubblicare queste folk songs in modo tale che possano essere seguite per il pubblico, arrangiandole in modo che rispecchino i canoni estetici del suo tempo. Proprio queste melodie rielaborate da Sharp sono state eseguite alla fine della conferenza, dando una degna conclusione al pomeriggio, grazie soprattutto alla splendida voce di Maria Caruso, diventando così, come lei stessa commenta, “momenti non solo musicali ma di vita cittadina”.