Il gioco d’azzardo in Italia è stretto tra due realtà: da una parte c’è uno Stato che ha trovato una sorta di Re Mida, al punto da fatturare il 4% del PIL, dall’altra, molta gente che, rischia di cadere nel baratro della dipendenza. Ad oggi, la ludopatia è una malattia ancora sottovalutata nel nostro Paese. Non esistono dati certi su quanti siano effettivamente i malati, né su esiste una cura certa al problema. Sul fronte dell’opinione pubblica, inoltre, continua a far discutere la terminologia di Gioco Responsabile, un’associazione di parole ricca di contraddizioni che sta alimentando polemiche cocenti tra istituzioni e associazioni.
L’Emilia Romagna è una delle regioni che potremmo definire insospettabili nel suo rapporto con il gambling. La nostra regione occupa il quarto posto a livello nazionale nella classifica relativa alla spesa totale, 1,468 miliardi di euro giocati nel 2016. Ancora più significativo il dato relativo alla spesa pro capite che piazza l’Emilia terza con 393 euro annui a testa, dietro solo a Lombardia (420) e Abruzzo (419). Tra le province più spendaccione vi è Rimini, al comando nella graduatoria regionale e al terzo posto di quella nazionale, con una spesa annua media di 1250 € pro capite dedicati al gioco d’azzardo. La notizia è che buona parte di questi soldi sono utilizzati nei conti online.
Questi numeri ne generano altri, molto pericolosi. Nel 2015 sono stati curati, in Emilia Romagna, 1.310 giocatori d’azzardo patologici, rispetto al 2010 si è avuto un incremento del 155,9%. La città con il maggior numero assoluto di giocatori patologici in cura nel 2015 risultava Modena con 231, seguita da Bologna e Piacenza, rispettivamente con 224 e 173. Reggio Emilia ne contava 132, Ferrara 124 e Parma 122. Le città con il minor numero di giocatori patologici in cura risultavano invece Cesena con 75, Ravenna con 71, Rimini con 65, Forlì con 50 e Imola con 43.
Per tentare di contrastare questo fenomeno, la Giunta della Regione Emilia-Romagna ha approvato, con una specifica delibera, le modalità applicative previste dalla legge regionale sul gioco d’azzardo patologico, rafforzandone ulteriormente i suoi principi base (fonte e dettagli sul sito Regione.emilia-romagna.it). Questi prevedono il divieto di apertura e di esercizio delle sale gioco e delle sale scommesse, nonché la nuova installazione di apparecchi per il gioco d’azzardo lecito, entro una distanza di 500 metri da scuole, luoghi di aggregazione giovanili e di culto.
Questa legge è innovativa, anche perché specifica precisamente come va calcolata la distanza di 500 metri. Il calcolo si esegue secondo il percorso pedonale più breve, mentre la misurazione va effettuata dall’ingresso considerato come principale della sala scommessa a quello del luogo sensibile. Inoltre, in occasione di autorizzazione o in sede di applicazione del divieto, nel calcolo della distanza minima vanno tenuti in considerazione anche i luoghi sensibili posti fuori dal territorio comunale.
Quella dell’Emilia-Romagna è, dunque, una legge che tenta di contrastare un fenomeno, quello del gioco d’azzardo terrestre, che rischia di schiacciare i suoi cittadini. Anche qui, però, non si tiene conto del fenomeno dell’online. E’ questa la principale battaglia che si dovrà combattere nei prossimi anni: la rete, infatti, è sempre più la portabandiera invisibile dell’azzardo, e ha il vantaggio di essere difficilmente intrappolata dentro leggi. Del resto, uno dei capisaldi di Internet è proprio la libertà, ma, a volte, questa libertà può diventare pericolosa.
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