di Arianna Belloli
Sguardi, emozioni, follia e coraggio. Questo si legge nelle foto di Sandro Capatti che ieri, 12 maggio, ha presentato il suo ultimo libro presso la libreria Feltrinelli di via Farini.
“Teatro 360°. Riabilitare, educare, essere” edito da Edit Faenza è un viaggio fotografico nei luoghi della reclusione, quei luoghi celati agli occhi dei più ma che nascondono un mondo ricco di emozioni contrastanti.
Il libro è infatti frutto di tre anni e mezzo di assiduo lavoro e set fotografici nelle carceri, nelle strutture di accoglienza per disabili e nei centri psichiatrici italiani. Carceri maschili, femminili e minorili. “Tutte quelle strutture chiuse e recluse che la gente comune non conosce – spiega Capatti – Ho seguito le compagnie teatrali che portano queste persone a rivedersi, rieducarsi e diventare attori di teatro anche professionisti. Attraverso questi laboratori, percorsi, i detenuti possono anche cambiare vita. Attraverso il recente articolo 21 infatti i detenuti possono fare gli attori anche fuori aggregandosi alle compagnie. Ne sono esempio la compagnia di Volterra ma ci sono anche quelle di Lecce, Bollate e altre”.
“Il vedere, ascoltare anche i loro silenzi, o ascoltare e vedere i loro sorrisi era un’emozione continua” diceva Chaplin. Ed emozioni sono proprio quelle che il fotoreporter Capatti fa trasparire dalle sue foto, per lo più in bianco e nero, ma che anche nei colori non perdono potenza: “La fotografia era un parlare con loro, anche in momenti critici. Fotografarli e a loro volta loro, farsi fotografare, è stato un atto di profonda fiducia che si è instaurato con me perché non partecipavo solo al momento della messa in scena ma ho seguito tutti i progetti e percorsi”.
“La cosa incredibile è stato vedere l’impegno e la forza che queste persone ci mettono a fare teatro. – continua l’autore – Ho conosciuto ad esempio un detenuto che al di fuori della sua pena scontata è tornato in carcere chiedendo di poter far parte della compagnia. Cosa irrealizzabile ma che fa capire come queste persone non prendano sottogamba il Teatro, che non sia tanto per ingannare il tempo”.
Alle foto, che già di per se potrebbero parlare da sole, ci sono alcuni testi redatti dalle persone, dai professionisti che hanno accompagnato il fotoreporter in questo viaggio. La prefazione è redatta dal dottor Luigi Pagano, provveditore regionale dell’ amministrazione penitenziaria per Lombardia, Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta, già vice capo vicario Dap, Ministero della Giustizia. A completare con una spiegazione scientifica e artistica i testi della psichiatra Maria Inglese e della professoressa del Dipartimento delle Arti Alma Mater dell’Università di Bologna, Cristina Valenti. Capatti ha lavorato infatti col Teatro Carcere Emilia Romagna . Tra le realtà del parmense hanno collaborato la Cooperativa Le Mani Parlanti Parma, la Compagnia Progetti&Teatro Parma, la Cooperativa Giolli Coop Montechiarugolo.
L’intuizione per il progetto Teatro 360° nasce durante un reportage realizzato sul confine tra la Biellorussia e l’Ucraina, in un’area chiamata zona 30, dove ancora oggi sono tangibili le conseguenze del disastro di Chernobyl – si legge nella presentazione dell’autore. Sandro Capatti infatti è fotografo professionista dal ’92 e, oltre a collaborare con diversi giornali e riviste nazionali, ha la passione del fotoreporter di guerra e dei temi sociali. Il suo interesse da sempre è concentrato sulla fotografia sociale come strumento di documentazione dei soprusi, dei diritti violati, con particolare attenzione per i bambini e le donne. Dal suo viaggio in Eritrea nasce ad esempio un reportage sulla situazione alimentare e sui campi profughi. Nel 2008 si reca in Bosnia e lì nascerà il libro “Sorrisi strappati alla guerra”. Nel 2011 parte appunto per l’est Europa raggiungendo la Zona 30 con l’Associazione Help for Children Parma e, tornandoci nel 2014, da il via al progetto Teatro 360° a Minsk, Bielorussia.
Capatti è stato definito colui che fa le radiografie dell’anima e “il fotografo degli scarti”, non in senso diminutivo o dispregiativo. Scarti sono infatti ciò che resta di qualcosa, sono nostalgia di ciò che era.
Questo è il settimo libro di Sandro Capatti ma già in realizzazione ce n’è un ottavo.
Alla presentazione ha preso parte anche l’assessore alle politiche sociali e welfare del Comune di Parma, Laura Rossi, che ha ricordato come il ruolo del carcere sia rieducare, riabilitare: “Senza questo lavoro la pena e la detenzione non hanno senso. Ma oggi, nei penitenziari, a malapena viene spiegato il perché di certe “punizioni”, soprattutto per gli stranieri. Molte persone non vogliono pensare a chi sta “dentro”, basta sapere che siano lì e non possano uscire. Queste persone invece prima o poi usciranno ed è per questo che l’amministrazione destina parte dei fondi a questi laboratori teatrali e ai tirocini formativi lavorativi per chi è prossimo all’uscita”.
Teatro non è solo momento di svago per i detenuti. E’ anche una o due ore in cui ci si può mettere una maschera, non essere se stessi e avere modo di fare una riflessione su sé. Sono soddisfatta, e credo sia un passo importante, che quest’anno, per la prima volta, gli spettacoli nel carcere di Parma siano stati aperti al pubblico”.