di Francesco Gallina
Una delle voci poetiche più interessanti della nostra città, Parma, è sicuramente Giancarlo Baroni, collaboratore della «Gazzetta di Parma» per quasi vent’anni e autore di libri di poesia quali Enciclopatia, Simmetrie e altre corrispondenze, Contraddizioni d’amore, Cambiamenti e I merli del Giardino di san Paolo e altri uccelli, edito nel 2009 da Mobydick editore, con una prefazione di Pier Luigi Bacchini.
Ultimo, ma non ultimo per importanza e qualità, Le anime di Marco Polo, pubblicato nel 2015 per i caratteri di Book Editore all’interno della collezione di poesia «Tabula». Il libro si struttura in tredici sezioni: I ritorni di Ulisse, Le anime di Marco Polo, Americhe da Amerigo, Attorno alle Galapagos, Vittorio Bottego, Incontri / apparizioni, Fiandre, Paesi Bassi, Le trappole del mare, Nel regno di Nettuno, Dintorni, Le città dei santi, Paesi reali luoghi immaginari.
Aggrappandoci ai versi liberi di Baroni, quasi fossero zattere, siamo piacevolmente mossi dalle acque poetiche, ora dolcemente, ora con più violenza, attraverso luoghi reali e immaginari, mari dune monti, lambendo le coste di isole da sogno, entrando nelle chiese patronali italiane, incontrando i grandi esploratori della Storia. Veniamo così sbalzati da acque cristalline che, tuttavia, accompagnano con sé tracce di sangue, petrolio e ordigni nucleari. Un viaggio polifonico, in cui prendono voce gli uomini e le loro terre, natie o ricercate col sudore della fronte.
Un’avventura che guarda al passato con gli occhi della contemporaneità e che riconosce al libro stesso uno strumento di viaggio imprescindibile, anche se la Storia ci insegna che «i libri di ammalano / macchie grumi sbavature / sbiadiscono le figure i segni / di storie memorabili». Se la zattera è la salvezza per il naufrago, il lettore è il salvatore del libro, e del suo cuore eternamente pulsante: la parola.
E allora… benvenuto su «Il Caffè Quotidiano», Giancarlo!
Leggendo prima I merli del giardino di San Paolo e altri uccelli e ora Le anime di Marco Polo, emerge una notevole dose di leggerezza calviniana, che rende gradevole la lettura senza depauperarla di intensità. In tempi di postmodernismi vari e compositi, ma soprattutto molto complessi, quanto credi che la poesia contemporanea debba mantenersi leggera?
L’odiernapoesiaitaliana mi pare possa venire paragonata a unampio mare che accoglie le voci e le tendenze più disparate. Esiste oggi una specie di democrazia letteraria basata su una pluralità di espressioni tutte meritevoli e interessanti. Il rischio è forse quello di una sovrabbondanza e di una ridondanzache possono generare un po’ di confusione e di rumore.
Per quanto mi riguarda, non potrei fare a meno, non potrei rinunciarein poesia alla leggerezza, ma di essanon faccio una norma né tanto meno un dogma. La levità non coincide con l’inconsistenza, al contrario rappresenta un modo per affrontare argomenti profondi e seri senza venire risucchiati dalla gravità e dalla pesantezza. La mia scrittura toglie anziché aggiungere, preferisce la trasparenza alla densità, aspira ad essere sintetica ed essenziale.
Ho ravvisato nella tua poetica l’influsso del genere medievale dei mirabilia, testi appartenenti alla letteratura di viaggio (periegetica) dedicati ai viaggiatori. Meraviglie, angoli curiosi, personaggi poco conosciuti: come nei mirabilia, anche nelle tua poesia emerge la volontà di catturare il lettore-viaggiatore attraverso chicche storico-artistiche. Quanto racconti è frutto di letture e/o reali esperienze di viaggio?
Mi catturano i resoconti di viaggio dove verità e finzione, realtà e fantasia, si intrecciano e si mescolano. Quando si spalanca la porta all’immaginazione, la poesia ne trae stimoli e giovamento.
Per comporre Le anime di Marco Polo mi sono documentato, ho letto saggi, libri illustrati, guide turistiche, riviste di viaggio, testimonianze e diari, ho visitato musei e mostre. Senza però mai approfondire troppo, evitando un eccesso di zelo e di erudizione. Lo stesso ho fatto con le altre raccolte.
Hai visitato tutti i luoghi che dipingi nei tuoi versi? Quali luoghi hanno segnato di più la tua esperienza di viaggiatore?
Non amo il rischio, la fatica, i disagi, gli imprevisti. Probabilmente ho scritto questo libro – che parla di viaggi, esploratori, città italiane, di luoghi reali e immaginari –proprio perché non sono un viaggiatore. Però vorrei tanto esserlo ed esserlo stato. Nel mio caso, scrivere è realizzare un desiderio, è vivere una vita parallela.
Un tempo il mio rapporto con i luoghi che visitavo era problematico e insoddisfacente, poi il velo che ci separava si è alzato, inaspettatamente, all’improvviso. Non so perché, spero solo che questa sintonia e questa vicinanza durino e si rafforzino.Le cittàpiù incantevoli? Venezia e Roma.
Gli esploratori a cui dai voce (Polo, Colombo, Vespucci, Pigafetta, Ricci, Bottego, Darwin) sono accomunati da audacia e spirito di avventura. Vi si rispecchia la tua anima? Ma nelle pagine scorre anche sangue e si sentono strida di bambini massacrati…
Nel bene e nel male, gli esploratori sono persone speciali. Audaci, temerari, avventurosi, inquieti, contraddittori, spregiudicati, in certe occasioni brutali, disposti a tutto pur di raggiungere la meta. Guidati da una febbre interiore che vince qualunque dubbio e timore, che supera ogni ostacolo e barriera, spinti da una curiosità sconfinata e da una sete inesauribile di fama, gloria, ricchezza, potere, si proiettano avanti e oltre, sprezzanti dei pericoli.
Marco Polo, Colombo, Vespucci, Magellano…personaggi ideali per racconti avvincenti e intensi. Grazie a loro,la storia e le storie, la geografia e gli spazi, irrompono nelle pagine de Le anime di Marco Polo. I versi si aprono al mondo, un mondo a volte quasi fiabesco e altre volte tremendamente, crudelmente reale.
Quali dei tanti personaggi che racconti ne Le anime di Marco Polo apprezzi di più e perché?
Mi affascinano sia la figura del vescovo domenicano Bartolomé de Las Casas, che condanna e denuncia i misfatti e le violenze dei conquistatori spagnoli, sia quella del gesuita Matteo Ricci che, per entrare in contatto con la cultura cinese, la studia, la vive, la fa propria, l’assimila. A Darwin e alla sua giovanile navigazione intorno al mondo ho dedicato un’attenzione particolare. Il protagonista della mia raccolta resta però lui, Marco Polo, il viaggiatore per antonomasia.
Enciclopatia segna il tuo esordio poetico. È il 1990. Il titolo fa riferimento ad un sapere enciclopedico, anche se non fatuo o esclusivamente erudito. Enciclopedismo che affiora – intermittente – nell’uso di un lessico specifico, spesso afferente alla botanica, alla zoologia e alla geografia…
Il mio libro di esordio, Enciclopatia, ha permesso ai miei versi di uscire dal cassetto della scrivania e di rivelare la mia passione per la poesia. Il titolo era ironico e autoironico però, a distanza di anni, mi accorgo che i libri fin qui pubblicati costituiscono quasi le tessere di un mosaico più ampio che ha la forma geometrica di un cerchio aperto. Ogni mia raccolta trova identità e coesione attorno a un tema dominante (che coincide con ciò che in quel momento mi appassiona, emoziona, interessa, incuriosisce, stupisce): la natura, il volo, gli uccelli e i merli del Giardino di San Paolo; la geografia, la storia, i viaggi, gli esploratori e Marco Polo. Potrei portare altri esempi.
Enciclopedismo fa rima con ecologismo. Una delle sezioni delle Anime di Marco Polo che ho più apprezzato è Nel regno di Nettuno, in cui racconti la natura deformata dall’uomo, come gli uccelli che “si dibattono in mezzo al catrame / come un’anima dentro i peccati più tristi” e i capodogli del Gargano col “ventre gonfio di sacchetti / trasparenti simili a meduse”. Pensi che la poesia contemporanea possa avere ancora un afflato civile efficace sulla società?
Senza assolutamente estraniarmi dal presente, preferisco raccontare vicende e fatti avvenuti nel passato, certe volte persino remoto. Il motivo? Perché quello che è trascorso non va dimenticato e anzi continua ad offrirci insegnamenti utili e validi sia per il presente sia per il futuro. Sant’Agostino diceva che tre sono i tempi, uno di questi è “il presente del passato”.
8)Affascinanti anche le sezioni Dintorni, dove ad esempio descrivi la bellezza marziana degli ofioliti del Monte Prinzera, e la più vasta La città dei santi che scava nel rapporto fra le cittadinanze e i loro santi patroni, fra miracoli e martiri. Quale sentimento si crea fra gli italiani e i loro santi protettori?
Spesso trascuriamo quello che ci è più vicino e che invece può regalarci sorprese incantevoli e inattese. Il Monte Prinzera con i suoi ofioliti che provengono dal fondo di antichi oceani; il Monte Bardone, tappa fondamentale della via Francigena o Romea, dove risuonano ancora le voci e i passi dei pellegrini medievali.
La consistente sezione intitolata “Le città dei santi” costituisce quasi un libro a sé. Certe leggende dei santi protettori descrivono al meglio le caratteristiche salienti delle città italiane e offrono alla poesia suggestioni particolari. Scrive l’antropologo Marino Niola: “Identificare come petroniani i bolognesi, o come ambrosiani i milanesi non fa altro che ricordare incessantemente il legame fondativo tra la cittadinanza e il santo che ne è il simbolo”.Con grazia gli fa eco Vincenzo Cardarelli: “Ce ne sono di chiese e di chiesuole, / al mio paese, quanto se ne vuole! / E santi che dai loro tabernacoli / son sempre fuori a compiere miracoli”.
Figlio della nostra Parma, quali autori della nostra terra hanno ispirato i tuoi versi? E, fuori dalla nostra città, quali poeti hanno più inciso sulla tua poetica?
Ho una ammirazione incondizionataper i versi di Pier Luigi Bacchini. Fra i tanti protagonisti della poesia italiana, oltre a Bacchiniapprezzo particolarmente Giorgio Caproni e Raffaello Baldini.
E’ un buon momento per la poesia parmigiana, che andrebbe sostenuta e valorizzata. Ci sono a Parma diversi bravi poeti che, negli ultimi anni,hanno pubblicato raccolte poetiche di innegabile qualità.