di Francesco Gallina
Adiacente al regno delle vasche notturne, via Farini, è possibile incappare nell’Oratorio di San Tiburzio, all’angolo fra Vicolo S. Tiburzio e Borgo Palmia. Chiuso per oltre cinquant’anni, viene riaperto nel 2016 ed è visitabile in questi giorni in occasione di Parma 360 Festival e per la mostra del Comune di Parma sul PSC, “Parma 2030”.
La chiesa, oggi sconsacrata, sorge sullo stesso luogo che ospitava in precedenza il primo tempio cristiano costruito a Parma, a sua volta edificato sopra l’antico tempio pagano dedicato a Marte. Nella tarda antichità viene dedicata a Maria Santissima e poi, fino alla fine del Medioevo, governata dal monastero di San Giovanni evangelista.
Nel 1531 le monache Convertite, legate al mondo del francescanesimo, erigono accanto il loro convento di clausura, intitolato a San Tiburzio nel 1577. Il declino inizia in epoca napoleonica, quando chiesa e convento sono soppressi e riconfigurati nei loro usi e destinazioni, finché il tutto non passa prima alla Congregazione della Carità di San Filippo Neri, che diventa prima Iraia e oggi Ad Personam.
Se in diversi punti dell’edificio troviamo “BD” non dobbiamo stupirci: le lettere stanno per Benedictus Dei, saluto dei congregati di San Filippo. Anche il simbolo del pellicano è connesso alla Congregazione e, più in generale, all’Eucarestia; si pensava infatti che il pellicano si strappasse il cuore per nutrire i figli, come Cristo si è sacrificato per l’umanità.
L’attuale Oratorio di S. Tiburzio è del tutto ridisegnato dall’architetto parmigiano Edelberto dalla Nave su commissione delle Convertite e ricostruito dai fratelli Bettoli negli anni ’20 del diciottesimo secolo. Ne derivano le caratteristiche spiccatamente tardo barocche, con la cupola ellittica, il tiburio ottagonale e la pianta centrale, le colonne interne in stucco a finto marmo e il pavimento in quadrati di marmo bicolori. Notevoli gli affreschi della cupola e i pennacchi che raffigurano l’Assunta e i quattro evangelisti, nonché le imponenti sculture delle Virtù Cardinali, opera di Giovanni Gaibazzi, mentre in facciata sono presenti le quattro statue di San Filippo Neri, San Carlo Borromeo, San Nicola e San Vincenzo de’ Paoli, realizzate da Agostino Ferrarini.
Le sorprese non sono finite. Della Congregazione fa parte la Farmacia San Filippo Neri, un altro gioiello. Un’altra storia.