Home » Cultura&Spettacoli » In scena con la sala vuota: Giovanni Mongiano recita lo stesso “per il rispetto del teatro e di me stesso”

In scena con la sala vuota: Giovanni Mongiano recita lo stesso “per il rispetto del teatro e di me stesso”

di Titti Duimio 

Tutte le forme d’arte sono comunicazione, ma c’e’ bisogno di qualcuno che voglia ascoltare per creare un dialogo.

Forse nei tempi sincopati di un egoismo verbale non c’e’ piu’ spazio per l’ascolto. Non c’e’ piu’ il tempo per fermarsi e pensare. Tutto deve essere veloce e consumato in rapidita’ e nella nicchia del tempo dilatato di un pensiero da assimilare si ritrovano in pochi. Anzi nessuno come e’ capitato sabato sera al Teatro del Popolo a Gallarate dove era in programma “Improvvisazioni di un attore che legge”, interpretato da Giovanni Mongiano, attore, regista, drammaturgo, direttore artistico di Teatrolieve.

Mongiano, 65 anni, attore di Pirandello e Tolstoj, doveva interpretare uno spettacolo ironico giunto già alla 70esima replica.

“Ho voluto recitare lo stesso – spiega l’attore intervistato dal Corriere della Sera – per il rispetto che devo al teatro e a me stesso. È stata un’esperienza strana, e anche un atto simbolico per difendere questa professione in un periodo di crisi della cultura”.

Molti gli attestati di solidarieta’ sulla pagina Facebook  e nei messaggi per l’artista, compresa la lettera di un insegnante di religione di Gallarate che si interroga su quella recita senza pubblico diventata una grande lezione di vita e di responsabilità.

Un plauso al grande professionista e’ doveroso. La profonda  responsabilita’ di chi ancora crede in quello che fa e nella consapevolezza assoluta procede nella sua mission a dispetto dell’insuccesso merita un riconoscimento, ma la domanda amara che ne segue e’ altrettanto indispensabile: regalare emozioni ad un pubblico male-educato con strumenti d’elite e’ ancora possibile? Dopo anni di immagini e linguaggi sopra le righe si puo’ ancora sussurrare un racconto sottile e impalpabile fatto di dubbi e domande, di incertezze e di pause che lasciano troppo tempo alla bellezza di un pensiero proprio? La riflessione, il magico silenzio personale che induce all’ascolto e al confronto sono forse passati di moda in favore di un’assenza di emozioni profondamente leggere? Siamo diseducati alla critica e ci nutriamo di scontri senza fermarci mai a pensare che esistono altri ritmi fuori da noi e forse il vero lusso sta nel lasciarsi emozionare forse l’unico vero nutrimento.

O forse qualcosa è semplicemente andato storto nella pubblicizzazione dell’evento.

 

1 Commento

  1. Ottimo articolo soprattutto la parte sull’analisi del fallimento..

Lascia un Commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.I campi obbligatori sono evidenziati *

*