di Francesco Gallina
Benvenuti al diciassettesimo appuntamento della rubrica Animali fantastici e dove trovarli nella mia Drogheria dell’Arte, la rubrica dedicata allo straordinario Zooforodel Battistero di Parma.
Oggi tocca alla formella nella quale Benedetto Antelami scolpisce il bassorilievo del gatto.Siamo in pieno Medioevo. In altre parole, nel periodo in cui il gatto era l’animale più denigrato in assoluto. L’età, quella medievale, che più di tutte rappresenta un pericolo per il felino. Lungi dagli sdolcinati video di gattini, il gatto è l’alter ego di Satana, e come Satana concupisce e rapisce le anime. Il deretano del gatto era baciato dagli eretici catari – narravano, senza fondamento, alcune denigratrici malelingue cristiane – tanto da far derivare cataro da cattus, gatto. E al gatto nero, personificazione del Male, si diceva si prostrassero le streghe nel bel mezzo dei sabba; streghe dall’aspetto gattesco, chiaramente.
Ogni settimana, ad Ypres, si lanciavano gatti dal campanile. Un ingiusto ringraziamento all’animale che aveva liberato i lanifici dai topi, ma che nel tempo si era troppo riprodotto. Un massacro di gatti che è sopravvissuto a lungo, anche nei secoli successivi a quelli medievali, e che oggi si è tramutato – per fortuna – in una festa dedicata al gatto, forse per espiare il male perpetrato nel passato.
Addomesticato o non addomesticato, il gatto rifugge dalla dipendenza che il cane invece dimostra. E all’uomo del Medioevo, questo, dà fastidio. Il gatto è libero, fa di testa sua, infrange cioè gli schemi. Anche e soprattutto per questo si associava alla figura “deviata” dell’eretico, nonché dell’Islamico, che si dimostrava rispettoso verso l’animale.
Leggendo una delle poesie più tarde e meno note di Eugenio Montale, datata 15 luglio 1976, sembra riemergere l’atavico odio verso il gatto. La caccia alle streghe rinascimentale si è conclusa da un pezzo, eppure, il gatto finisce sempre per essere l’escluso per antonomasia. Così il poeta racconta la vicenda di un gatto orfano che viene cacciato da una famiglia – una delle tante famiglie borghesi indegne di memoria.
DI UN GATTO SPERDUTO
Il povero orfanello
non s’era ancora inselvatichito
se fu scacciato dal condominio
perché non lacerasse lesmoquettes con gli unghielli.
Me ne ricordo ancora passando per quella via
dove accaddero fatti degni di storia
ma indegni di memoria.
Fors’è che qualche briciola voli per conto suo.