di Francesco Gallina
C’è una grande differenza tra studiare una lingua e possederla. Gianluca Vindigni, ventiseienne di Vittoria (Ragusa), lo ha dimostrato in occasione della sua laurea all’Ateneo di Catania, presentando una tesi di argomento latino, scritta in latino ed esposta oralmente in lingua latina. Per due anni consecutivi secondo classificato al “Certamen nazionale di lingua latina e greca”, Gianluca ha maturato nel tempo un amore smisurato per la lingua che è croce e delizia per migliaia di studenti italiani.
Tra abolizionisti e incalliti difensori dello studio della lingua, ho deciso di ascoltare il parere del collega, sottoponendogli alcuni semplici – ma spinosi – quesiti sullo stato del latino e della sua didattica ai giorni nostri.
Benvenuto su «Il Caffè Quotidiano», Gianluca!
Facciamo un gioco. Io sono un ragazzino di terza media. Con cipiglio, mi viene detto da babbo e mamma che, per 5 anni, dovrò sorbirmi lo studio di una strana lingua che si chiama ‘latino’. A te, che sei il babbo, ti chiedo: a cosa serve studiare il latino?
Se fossi il babbo, esporrei a mio figlio mille motivi per cui occorre studiare il latino. Ma mille è un numero simbolico, per cui mi limiterò a citarne soltanto alcuni. Innanzitutto direi che serve studiare latino poiché il latino è la lingua dei nostri padri, capace di fungere da chiave d’accesso a tutto il patrimonio culturale che sta alle nostre spalle. E poi perché dal latino non derivano soltanto parecchie lingue europee a noi note, ma anche (e soprattutto) l’italiano, che è la nostra lingua. E, da siciliano orgogliossimo quale sono, spiegherei a mio figlio un altro importantissimo motivo per cui lo studio del latino può risultare utile ad un siciliano: e cioè il fatto che il siciliano è una lingua di gran lunga più vicina al latino rispetto all’italiano stesso, e ogni giorno da un qualsivoglia siciliano vengono inconsapevolmente pronunciate pressappoco centinaia di parole di puro etimo latino, sebbene il tutto venga assolutamente ignorato. Ecco, credo proprio tratterei questi punti.
Sono un ragazzino un po’ cocciuto, ma in fin dei conti voglio conoscere la verità, nient’altro che la verità. E aggiungo: a che cosa serve il latino, oggi?
Se dobbiamo parlare in termini pratici non possiamo negare che il latino, da questo punto di vista, sembra avere poca utilità. Ma tuttavia non va negato il fatto che il latino sia una lingua matematica, geometrica, che partecipa di una perfezione grammaticale non comune alle altre lingue classiche, e che perciò permette di allenare la logica rendendo la mente assolutamente elastica. Dico sempre, e lo sostengo fortemente, che risolvere una frase latina equivale a risolvere un’equazione matematica: in entrambi i casi, infatti, occorre trovare l’ordine nel disordine. Per cui una buona conoscenza della lingua latina porterà di sicuro giovamento alla logica, che a sua volta viene sfruttata per mille e altre cose. Ma con ciò, e ci tengo a precisarlo, non voglio asserire che l’utilità del latino sia quella di fungere da “instrumentum” per la comprensione delle materie matematiche. Assolutamente no: il latino va studiato poiché lingua dei nostri avi, ma risulta impossibile negare il giovamento che essa comporta alla nostra logica.
Ho 14 anni, ma ho già un tablet, uno smartphone e altre diavolerie ipertecnologiche. Cosa vuoi che me ne faccia del latino! Oppure, grazie al digitale, posso avvicinarmi a questa nuova lingua in modo divertente ed originale?
Su questo sono un pochettino scettico. Non nego che oggigiorno grazie ad internet è possibile rinvenire nel web numerosissimi brani d’autore o addirittura opere intere (si pensi, ad esempio, alla pagina “splash latino”), ma ciò risulta utile solamente per chi è davvero interessato ad uno studio analitico delle opere latine. Per i giovani liceali tuttavia non credo ciò porti giovamento, anzi, potrei sostenere che internet “ammazzi” lo studio del latino, se si considera che moltissime versioni appaiono già tradotte in diverse pagine internet, e il che naturalmente impedisce all’alunno di lavorare ed applicarsi sulla versione assegnatagli.
Torno il laureato di 24 anni che sono, con la mia gavetta fatta di più di quaranta crediti universitari di latino. E ti chiedo: quali pregi, ma soprattutto quali falle individui nella tradizionale didattica del latino?
Io credo che l’unico problema sulla didattica del latino possa essere un cattivo docente. Cattivo in senso lato, ovvero incapace di trasmettere il proprio amore e la propria cultura agli alunni. Non sempre essere preparati vuol dire essere un ottimo docente: si può essere preparati quanto si vuole, ma se non si riesce a trasmettere la propria cultura agli altri non si è degni del nome di docente. Credo che questo possa essere uno dei problemi principali facili da individuare circa la didattica del latino, poiché non tutti i docenti di lingua latina ne sono realmente appassionati, anzi, alcuni spiegano soltanto per inerzia. Il che è tristissimo.
«Il metodo adottato nelle scuole italiane per l’insegnamento delle lingue classiche è il più difficoltoso e il meno redditizio; serve poco alla conoscenza della lingua, serve anche meno alla conoscenza dello spirito letterario». Questo è solo uno stralcio dell’indagine compiuta nel lontano 1909 dalla Commissione Reale per l’ordinamento degli studi secondari del nostro Paese. A distanza di più di un secolo – e in base alla tua esperienza – pensi che le cose siano cambiate?
Sul fatto che è difficoltoso concordo, sul fatto che è poco redditizio solo in parte. Se si è docenti universitari, infatti, credo si guadagni abbastanza bene! Sul fatto che serve poco alla conoscenza della lingua, invece, dissento completamente. Io ho studiato latino al liceo scientifico col tradizionale metodo che va avanti da moltissimi anni, e ne sono uscito totalmente innamorato. Addirittura mi iscrissi in lettere classiche volendo studiare il greco da autodidatta.
Tu non solo scrivi in latino, ma lo parli fluentemente, tanto che in latino hai esposto la tua tesi davanti alla commissione valutatrice. Ti servi del metodo naturale Ørberg?
No, non conosco il metodo Ørberg, anche se ho avuto l’onore di conoscere di persona Luigi Miraglia, grande sostenitore di tale metodo. Io arrivai al latino parlato tramite l’uso del latino scritto, e in particolar modo attraverso le lezioni private, che faccio da quando mi diplomai, a diversi ragazzi liceali (e universitari). Durante le spiegazioni riconoscevo di essere molto più sbrigativo a formulare una frase oralmente piuttosto che a scriverla, da qui dissi: “Perché non provare a parlarlo?”. Allora cominciai ad esercitarmi, con enorme passione e curiosità di tale arte, riuscendo a maneggiare discretamente la lingua latina anche oralmente.
Per chi non lo conoscesse, Hans Henning Ørberg è stato un geniale linguista autore di Lingua latina per se illustrata che si è servita del latino per insegnare il latino, senza il filtro di nessun altra lingua. Una full immersion nel latino, un po’ come lo studente italiano che va in Erasmus a Oxford per imparare l’inglese in mezzo agli inglesi. Tu a quale metodo didattico ti ispiri?
Credo che forse inconsapevolmente io mi sia ispirato a tal metodo. Ma, come ho detto prima, non ho avuto il piacere di conoscerlo né di leggere quel famoso libro, sebbene credo sia arrivata ora di farci un pensierino. Come metodo didattico condivido, per ora, il vecchio metodo tradizionale con cui ho sempre spiegato latino e con cui mi fu insegnato, ma arrivai al latino parlato non mediante la conoscenza del metodo natura ma tramite l’esercitazione del latino scritto. Di ciò, infatti, sono sempre un grande cultore.
Come affrontare la piaga dello studio della grammatica sotto i cui colpi molti cadono sin da subito? So che stai redigendo un versionario di latino per i licei classici e scientifici. Che cosa propone di innovativo rispetto a tutti gli altri attualmente in commercio?
Sì, sto redigendo un versionario latino, ma credo abbia poco di innovativo. Esistono moltissimi versionari latini con versioni d’autore rielaborate e adattate, come ne esistono tanti altri con versioni totalmente inventate ex novo. Io mi ispiro alla prima categoria, non scrivo storielle inventate di mia mano, ma tento di adattare, ritagliare e sistemare senza alterarne il senso brani d’autore, così che l’alunno possa concentrarsi su quel determinato costrutto in maniera diretta e mirata, senza che si trovi circondato da decine di altre regole grammaticali che ancora non sono state spiegate dal docente. I latini, infatti, credevano che la loro lingua fosse eterna e che non sarebbe mai morta, proprio come il loro impero, per cui è assurdo pensare di poter insegnare latino senza ritoccare un brano. Se si spiega ad una classe, ad esempio, la quarta declinazione, sarà impossibile rinvenire un brano latino in cui sia utilizzata soltanto la quarta declinazione. Sarebbe una follia! Motivo per cui, visto che il latino viene scomposto ed analizzato in maniera graduale, almeno per i primi anni di liceo, prima di aver raggiunto un ottimo livello di conoscenza della grammatica latina, occorre che gli alunni si esercitino su brani mirati e schematizzati. Il mio versionario, guidato e dotato di un ampia spiegazione di teoria, si ispira a questa ideologia.
Prima il dovere, poi il piacere. Ora che sono finite le domande difficili, passo a chiederti quali autori della gloriosa Letteratura Latina prediligi, e perché.
Io sono stato sempre un amante della prosa più che della poesia. Di poesia prediligo Catullo, Ovidio e Virgilio, di prosa invece il tanto amato Cicerone, Cesare, Quintiliano, Livio e Giustino. Più che la retorica mi piace tantissimo la storiografia, per cui sono appassionatissimo di Livio, Giustino e Cesare. Su Cesare, poi, ho interamente scritto la mia tesi di laurea. Sono innamoratissimo del suo usus scribendi.
Ti ringrazio per la disponibilità, Gianluca. Ce lo faresti un bel saluto in latino per i nostri lettori?
Utinam lingua Latina omnes legentes iuvet!
Bellissima intervista ! Solleva lo spirito leggere che i giovani continuano ad amare la nostra meravigliosa lingua latina , per quello che rappresenta : non una lingua morta ma una lingua che continua a vivere in quella in cui, nel suo organico e naturale divenire , si è trasformata . Principalmente l’italiano e poi tutte le altre lingue neolatine !
Gentile Rosa, La ringrazio per l’attenzione!