di Francesco Gallina
Benvenuti al tredicesimo appuntamento della rubrica Animali fantastici e dove trovarli, nella mia Drogheria dell’Arte. Con il gallo, oggi, proseguiamo il nostro viaggio lungo le pareti esterne del Battistero di Parma, fra i bassorilievi di questa eccezionale creazione scultorea che è lo Zooforo.
Il gallo traghetta l’umanità fuori dalle infauste tenebre della notte. Sentinella della notte, il suo canto annuncia l’alba, un nuovo giorno carico di attese e di speranza. La sua figura eretta, il suo portamento nobile, il canto squillante e il suo rampante orgoglio lo hanno da sempre identificato come messaggero del sole che sorge, il sole come stella, ma soprattutto il sole come allegoria del divino, dalle antiche religioni iraniche fino al Cristo che sale ad Oriente. Nell’Europa pagana le sue viscere erano studiate dagli aruspici. Nell’Europa cristiana il Gallicinium era l’ora dell’alba mentre il Lucernarium era l’ora del tramonto. E nel trapasso dall’oscurità alla luce il canto mattutino del gallo, incitatore delle anime, non era altro che la potente voce del Cristo che giudicherà alla fine dei tempi. Non è certo un caso che il canto notturno del gallo scandisca il tradimento di Pietro profetizzatogli da Gesù. E non è un caso che la Chiesa cristiana celebri il gallo nell’Ad galli cantum di Prudenzio e nell’Ad gallum cantum di Ambrogio. Nel suo Bestiaire d’amour, risalente al secolo XIV, Richard de Fournival paragona il suo canto, che si fa più acuto sul far della sera e sul far del giorno, all’ostinato appello dell’innamorato alla sua amata.
Non fosse per il suo ibridismo con il malefico basilisco (affiancato al gallo nello Zooforo), il gallo mantiene nei secoli significati tendenzialmente positivi, se ancora Leopardi, sulla scorta dei migliori prodotti teologici e filosofici del passato, dedica una sua operetta morale al gallo: il gigantesco gallo silvestre, che “sta in sulla terra coi piedi, e tocca colla cresta e col becco il cielo”. Gallo dotato di ragione, che rende cosciente l’umanità della sua inevitabile fine. Dove i galli non cantano – scriveva Guido Ceronetti – la tenebra resta per ventiquattrore attaccata al giorno. Eccolo, allora, il vigile gallo, svettare sotto forma di metallico segnavento, sui campanili delle chiese, lui, primo nunzio del giorno e di Cristo.
Calza allora a pennello la poesia che vi propongo oggi, scritta da Carlo Betocchi, che proprio nella nostra città frequentò la scuola militare, prima della Grande Guerra.
ODI IL GALLO
Odi il gallo, di vasta in vasta eco
entro la nebbia solatia ridesta
il proprio canto, e seco lui sparpaglia
di siepi e d’aie e rustiche muraglie
l’aria, evocando il paese d’infanzia
che mai non superò, che si accavalla
di viottoli, di spiazzi, di pruneti
stillanti pigramente una rugiada
che ci bagnò le mani, e che svanisce
al sole in quel suo canto.
FRANCESCO GALLINA ha 24 anni ed è pramzän dal säss.
Laureato in Lettere Classiche e Moderne, è critico letterario, docente, blogger, narratore e autore di articoli e saggi accademici su letteratura, poesia, filosofia e arti dello spettacolo.