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Gioielli di Parma: visitiamo il Palazzo Ducale ora sede dei RIS

di Francesco Gallina

 

Palazzo Ducale ha spalancato le porte al pubblico, eccezionalmente, ieri mattinata, 4 marzo. Ora sede militare e centro dei RIS di Parma, il Palazzo custodisce gioielli artistici di incredibile fascino.

Voluto da Ottavio Farnese nella seconda metà del ‘500, venne realizzato su progetto di Jacopo Barozzi accanto ai nuovi giardini ducali. Risultato di diversi rifacimenti e restauri sotto il Bibiena e il Petitot, l’edificio attuale mantiene il caratteristico giallo Parma e mantiene i quattro padiglioni angolari e il mezzanino aggiunti nel Settecento, mentre non più presente è lo scalone a due rampe che ornava l’ingresso. Ma soprattutto è assente la gigantesca fontana – adornata di coralli, smalti e oro – che padroneggiava l’odierno spiazzo antistante il Palazzo. Fontana di cui facevano parte i famosi Du Brasé, oggi “decontestualizzati” all’interno del cortile di Palazzo Cusani (Casa della Musica). 

Un monumentale scalone settecentesco conduce alla magnificente Sala degli Uccelli, dove troneggia un enorme lampadario in cristallo che rischiara il soffitto ornato a stucco e a fresco da Benigno Bossi, dove sono incastonati più di duecento uccelli di diverse specie in formelle ottagonali. Nelle sale interne, gli splendidi cicli pittorici, risalenti ai secoli XVI-XVII, rappresentano storie d’amore prevalentemente tratte dalla mitologia e dalla grande Letteratura italiana, testimoniando la raffinatissima vita culturale e profana che allietava la corte farnesiana.

 

La Sala delle tre Leggende, affrescata dal Malosso e impreziosita da due paesaggi del fiammingo Jan Soens. La Sala dell’Amore, affrescata da Agostino Carracci. La Sala di Alcina, la più antica, affrescata da Girolamo Mirolacon la collaborazione del Bertoja (Jacopo Zanguidi), con scene tratte dal libro VII dell’Orlando Furioso. La Sala di Erminia, stuccata dalle infiorescenze di Carlo Bossi e decorata con affreschi di Alessandro Tiarini, raffiguranti scene della Gerusalemme liberata. La Sala di Orfeo, affrescata dal Mirola e dal Bertoja fra il 1568 e il 1570, con scene della storia d’amore di Orfeo intervallate da altorilievi scultorei di magistrale fattura. Si approda infine nella spettacolare Sala dell’Aetas Felicior o del Bacio che, ispirandosi all’Orlando innamorato del Boiardo e affrescata da Mirola e Bertoja nel 1570-73, raffigura il mito di Amore e Venere Notevole. Si resta abbagliati dal suggestivo tripudio di colori, stupefatti dalla resa pittorica delle colonne di cristallo, cullati dai paesaggi sfumati, morbidi, eterei. Puntando il naso verso l’alto, però, restiamo schiacciati dalla verità di un’allarmante massima latina riportata sul cornicione del soffitto: Trahetas sua quemquae voluptas. Ognuno è schiavo del proprio piacere.

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