di Angela Rossi
Francesco Ziosi, 34 anni, da pochi mesi è il nuovo direttore dell’Istituto Italiano di Cultura a Monaco.
“Un ragazzo emiliano – si definisce – nato in provincia di Bologna, cresciuto in campagna , che lavora qui da fine marzo e che da qualche mese è stato raggiunto dalla sua famiglia, moglie e una bambina”.
Il passo da Bologna a Monaco non è lunghissimo ma neanche breve, che realtà hai lasciato e quale quella che hai trovato qui …
“In realtà la mia strada per Monaco passa per Roma e quindi il paragone che ho in mente è con la Capitale. E’ una realtà molto diversa quella di Roma, dove, con una bambina da crescere abbiamo fatto molta fatica nella costruzione di una vita con un minimo di affidabilità e regolarità. Roma è una città molto emotiva, molto bella , piena di energia sia negativa che positiva. Monaco è affidabile, sai quando passa la metropolitana, sai che esci e c’è il marciapiede fuori casa, sai che le strade saranno pulite; anche cose banali ma, insomma, cose che mi sono mancate. Per certi versi invece, dico spesso che rispetto alla mia zona di origine Monaco mi sembra una grande Modena, una città ex contadina molto arricchita che si vuol dare un tono. Poi questa è anche la particolarità della vita culturale che magari non è particolarmente spontanea ma istituzionalizzata, con molte gallerie e musei,molte fondazioni, ma questa è una cosa ammirevole”.
Qual è la cosa di Monaco che ti è piaciuta di più? Diciamo come impatto istintivo …
“La mancanza di sospetto nelle persone quando si relazionano, l’assenza della forma mentis che abbiamo noi, un pochino quella di pensare , quando conosciamo qualcuno, chissà chi è e cosa vuole da me. Questo, qui fondamentalmente non esiste. Certo i monacensi hanno le loro asperità, le loro durezze ma c’è questa grande idea di fiducia. Nelle stazioni della metropolitana, ad esempio, non esistono i tornelli perché sanno che nessuno cercherà di entrare senza biglietto. I Tedeschi hanno fiducia nelle istituzioni e nella collettività. C’è la partecipazione di tutti alla vita collettiva e c’è anche una maggiore responsabilizzazione del cittadino a livello individuale. Ad esempio, come sai, sto ancora traslocando e le prime volte ho gettato i cartoni nel contenitore della carta. E’ venuto da me lo hausmeister , figura fondamentale in Germania, a dirmi che no, dovevo buttarlo in una apposito luogo di raccolta materiali. Una piccola fatica ma alla fine uno mette un mattoncino nella vita collettiva più che in Italia. Lo Stato te lo chiede e tu lo fai”…
A proposito di fiducia, dopo l’episodio dell’Olympiaeinkaufzentrum, come pensi che si vivrà nei prossimi tempi? La sicurezza qui era uno dei pilastri fondamentali no? Non è più cosi … Lo percepisci anche tu stando a contatto con la gente e la vita culturale di Monaco?
“Tocchi un problema serio e anche triste. Purtroppo questi sono i tempi che viviamo e l’ Europa è molto poco attrezzata a fronteggiare questo. Anche per ragioni nobili no? Si pensa che la vita insieme ad altri popoli non debba fare paura e questa è una conquista dell’Europa Occidentale. Per quanto riguarda l’atmosfera in giro è un problema, è una situazione anomala. Da un lato si attua una politica federale molto accogliente ma, nel contempo, c’ è una organizzazione che in qualche modo fa si che queste persone siano quasi invisibili, collocate alla periferia della città per non rendere l’immigrazione troppo visibile. Si, può essere che in qualche modo non si affronti il problema con serietà, che in qualche modo lo si voglia mettere in un angolo e che si risolva da sè. La sensazione dominante è non avere, in questo momento, delle certezze” .
Quanto valore ha la cultura anche in termini di cambiamento oggi?
“Tantissimo e forse anche di più di qualche tempo fa. Dal punto di vista concreto c’è una società che chiede in qualche modo continuamente di reinventarsi , riciclarsi, di spostarsi, di fare altro rispetto a quello per cui uno è stato addestrato e questo si può fare solo se si ha un atteggiamento mentale aperto ed una frequentazione con ciò che è pubblico, con le cose che ci riguardano tutti, intensa e non banale. Da un punto di vista diciamo, più ideale, occorre cercare di capire che quello che è il nostro , in questo caso italiano o meglio europeo visto che lavoriamo a cavallo delle Alpi, patrimonio è una cosa enorme, che ci definisce, determina veramente il nostro modo di pensare di agire, di comportarci verso gli altri. Assumere consapevolezza del perché, ad esempio, le architetture di von Klenze della Konigsplatz sono fatte così e perché richiamano le architetture greche e perché il neoclassicismo si sviluppa in un certo periodo, eccetera. E’ qualcosa che dovrebbe essere patrimonio veramente comune, qualcosa che dovrebbe essere alla portata di tutti; cercare di leggere e capire il mondo in cui si vive. E questo lo si può fare solo attraverso la cultura. Anche per relazionarsi correttamente con chi viene da una cultura diversa”
Ma la cultura non è, purtroppo, appannaggio di una nicchia per pochi eletti?
“Ogni tanto in Italia esce un dibattito sulla chiusura del Liceo Classico e sulla fine o no dell’insegnamento del greco. Io sono convinto che se anche di mestiere sposti i mobili, avere una consapevolezza degli elementi che caratterizzano il tuo paesaggio culturale, della musica , della letteratura , della poesia è una cosa che è molto importante saper fare . Penso alla poesia Tebe dalle Sette Porte di Brecht – Le domande di un lettore operaio: chi la costruì ? Ci sono i nomi dei re, dentro i libri.
Son stati i re a strascicarli, quei blocchi di pietra? . Questo vuol dire che le sette porte non sono state costruite dal re ma dai servi che portavano i mattoni. La cultura, se non serve ad essere la nostra “colla” e non costituisce lo spazio in cui tutti ci muoviamo, dall’ordinario di Filosofia teoretica all’operaio stagionale che raccoglie la frutta, allora veramente non serve a nulla”.
Le tue letture preferite quali sono?
“Romanzi, classici della letteratura italiana. Il libro che ho letto più volte è I promessi sposi. E’ un libro veramente bello, che vale la pena leggere leggere e leggere ancora, dopo aver finito le scuole. Poi il romanzo dell’800 in generale, circa il contemporaneo, mi piace molto la letteratura israeliana. Ho amato moltissimo Una storia di amore e di tenebra di Amos Oz”.
Quali le iniziative dell’Istituto per veicolare la cultura italiana?
“Quello che vorrei cercare di fare è, da un lato, far vedere il contemporaneo italiano, dal punto di vista della letteratura, della produzione artistica anche musicale e dall’altro, in qualche modo, fare interagire il mondo culturale italiano con le istituzioni culturali del posto. Sarebbe veramente molto importante. Inoltre vogliamo fare dell’istituto un centro importante anche nella produzione di manifestazioni. La difficoltà è che devi lavorare molto sia per un pubblico italiano che tedesco. Ed è questo la nostra missione principale, lavorare per un pubblico tedesco. Poi c’è una comunità italiana talmente ampia ed anche molto colta che si aspetta manifestazioni all’altezza. E anche questa è anche una bella sfida”.