di Francesco Gallina
Benvenuti al decimo appuntamento della rubrica Animali fantastici e dove trovarli nella mia Drogheria dell’Arte. Oggi sono entrati nel negozio due strani tipi con l’aureola in testa e una cerva per compagna di viaggio. Erano così desiderosi di fare un giro in Piazza Duomo che non potevo non accontentarli.
Insieme a Sant’Uberto e Sant’Egidio, proseguiamo il nostro viaggio lungo le pareti esterne del Battistero di Parma, fra i bassorilievi di questa curiosa creazione scultorea che è lo Zooforo.
Ho conosciuto la loro storia solo quando si sono fermati, estasiati, davanti alla formella raffigurante la cerva che, arrampicatasi ad una vite, ne mangia le foglie. Allegoria di salvezza, mi dicono. Uberto racconta di essersi convertito durante una partita di caccia, quando gli è apparso il crocifisso fra le corna di un cervo. Egidio, invece, da buon eremita qual è, narra di essersi ritirato in Provenza e di essersi nutrito del solo latte della sua fida cerva.
Non ho dubbi: il cervo è animale salvifico, protettivo e fautore di prosperità. Di grande fascino, la sua versione femminile è associata fin dall’antichità alla dea Diana e funge da sensuale medium fra il mondo umano e quello divino. La bellezza della cerva non ha smesso di affascinare, se Gabriele D’Annunzio ce ne dà una mirabile descrizione nel suo romanzo Il Piacere. Non è una cerva qualsiasi: è una cerva che si nutre di fogliame.
Che il Vate sia passato da queste parti? Uberto ed Egidio non rispondono. Si sono volatilizzati.
[daIl Piacere, capitolo VIII]
― Oh, Delfina, Delfina! ― esclamò Donna Maria, guardando quella devastazione. ― Che hai fatto?
La bimba rideva, felice, d’innanzi alla piramide vermiglia.
― Bisognerà bene che tu lasci qui ogni cosa.
― No, no…
Ella non voleva, da prima. Poi ripensò; e disse quasi fra sè, con gli occhi luccicanti:
― Verrà la cerva a mangiare.
Aveva, forse, veduto apparire la bella bestia, libera pel parco, in quelle vicinanze; e il pensiero di aver radunato per lei il cibo l’appagò e le accese l’imaginazione già nudrita delle favole ove le cerve sono fate benigne e possenti che giacciono su cuscini di raso e bevono in coppe di zaffiro. Ella tacque, assorta, vedendo già forse la bella bestia bionda satollarsi d’albatrelle, sotto le piante fiorite.
― Andiamo ― disse Donna Maria ― ch’è tardi.
Teneva Delfina per la mano, e camminava sotto le piante fiorite. Sul limite del bosco si soffermò, a guardare il mare.
Le acque, accogliendo i riflessi delle nuvole, davano apparenza d’una immensa stoffa di seta, morbida, fluida, cangiante, mossa in larghe pieghe; e le nuvole, bianche e d’oro, l’una divisa dall’altra ma emergenti da una comune zona, somigliavano statue criselefantine avvolte in veli tenui, alzate sopra un ponte senz’archi.
In silenzio, Andrea spiccò da un álbatro una ciocca che piegava il ramo col suo peso, tanto era folta; e la offerse a Donna Maria. Ella, nel prenderla, lo guardò; ma non aprì bocca.
Si rimisero pe’ sentieri. Delfina ora parlava, parlava abondantemente, ripetendo senza fine le stesse cose, infatuata della cerva, mescolando le più strane fantasie, inventando lunghe storie monotone, confondendo una favola con l’altra, componendo intrichi ne’ quali si smarriva ella stessa.
FRANCESCO GALLINA ha 24 anni ed è pramzän dal säss.
Laureato in Lettere Classiche e Moderne, è critico letterario, docente, blogger, narratore e autore di articoli e saggi accademici su letteratura, poesia, filosofia e arti dello spettacolo.