“Un reduce si aggira per il mondo.
Vorrebbe tornare a casa, ma non si sa più dove si trovi.
Vorrebbe amare una donna, ma teme di non sapere più come si fa”
Claudio Risè
Da cosa sia reduce l’uomo e cosa gli dia quell’aria così insicura al tempo stesso così aggressiva, e perché si trovi sempre più spesso protagonista di fatti di cronaca brutali e inspiegabili, sono quesiti sempre più presenti nella nostra quotidianità.
Spesso la violenza sulle donne viene considerata una questione di ordine pubblico o causa di un allarme sociale, ma si potrebbe definire soprattutto un problema culturale.
La nostra società negli ultimi anni si è trovata di fronte a profonde trasformazioni che hanno visto la donna emanciparsi ad un ruolo che per millenni le veniva negato. Con l’avvento del femminismo, la donna grazie al suo nuovo ruolo sociale determinato dall’affermazione lavorativa e dall’indipendenza economica ha contratto nuove prerogative e messo in discussione l’uomo e la sua posizione dominante, facendolo vacillare. Vediamo oggi, un uomo contemporaneo che manifesta una vera e propria crisi del maschile con sintomi quali: depressione, ansia, disturbi ossessivi, impotenza, fino a sfociare in situazione più gravi, come gli atti di violenza sulle donne, nell’omicidio e nel suicidio. Rientrano in questi ultimi casi, i delitti passionali, dei quali negli ultimi anni si è registrato un incremento notevole. Purtroppo, l’aggressività col crescere della frustrazione maschile diventa sempre meno potenziale e sempre più reale.
La reazione aggressiva maschile ora, sembra esprimere non solo l’esigenza di ripristinare un ruolo di potere rispetto al femminile, ma anche l’estrema difesa di una condizione di parità e reciprocità che viene vissuta da molti uomini ancora oggi come ingiusta e frustrante.
Non dimentichiamo che, oltre alle forme altamente patologiche esistono numerose situazioni in cui l’aggressività oltre ad essere utilizzata come strumento di prevaricazione e vessazione viene espressa sotto varie forme subdole di sottrazione o distanza affettiva o allo sviluppo di tratti caratteriali fortemente narcisistici sempre più presenti in maniera trasversale nella nostra società.
La crisi del maschile si è inevitabilmente tradotta anche in una crisi dell’identità del padre, che si trova a fare i conti con il processo di smantellamento della propria autorità. Sono in molti studiosi ad affermare che l’indebolimento della figura paterna porta con sé gli effetti devastanti della sottrazione di concetti fondamentali quali: l’autorevolezza, senso del limite, e l’autocontrollo. Proprio quest’ultimo viene inteso come la capacità di adattamento alla realtà anche se questa può essere vissuta come frustrante e disconfermante, sostanzialmente, un io adulto è capace di reggere un no.
Ricondurre quindi, solo al femminismo la crisi del maschile è limitante, perché la difficoltà dell’uomo a questo nuovo adattamento di ruoli diventa incompleta se non si considera l’aspetto della “morte del padre” e alla conseguente “morte del figlio” che vede deliberare un profilo di uomo incapace di strutturarsi in un’ottica di accettazione del cambiamento e della frustrazione che inevitabilmente esso comporta.
Si necessita quindi, di un nuovo modello di padre “potente”, non più nell’aggressività, ma nella capacità di integrare il cambiamento e la crisi che inevitabilmente esso comporta.
Counsellor, coach, formatrice
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