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Il mondo dei videogiochi, da sempre valvola di sfogo per un bacino d’utenza che travalica spesso e volentieri i confini della gioventù, è divenuto negli ultimi anni, come quello delle serie televisive, una costola molto importante di quello cinematografico, considerati risultati, incassi, impatto sociale e produzioni che non hanno nulla da invidiare a quelle passate sul grande schermo.
Peccato che, di contro, le trasposizioni dei titoli di culto per i giocatori di tutto il mondo spesso e volentieri non si rivelino affatto all’altezza neppure delle più basse aspettative – si veda l’orrido Warcraft uscito lo scorso anno -: rientra nel novero questo Assassin’s Creed, poggiato sulle spalle del trio che proprio a gennaio duemilasedici portò in sala l’ottimo Macbeth – Justin Kurzel, Michael Fassbender, Marion Cotillard – e che, probabilmente proprio per rendere possibile la trasposizione shakespeariana e trovarsi con il conto corrente in salute più che buona, in quest’occasione fa davvero tutto il possibile per rendere assolutamente anonimo ed inutile questo film.
Fatta eccezione per la perizia ed il colpo d’occhio di Kurzel dietro la macchina da presa – resto convinto che il regista australiano abbia un gran talento -, infatti, poco resta di quello che avrebbe voluto, dovuto o entrambe le cose essere un blockbuster e che, senza ombra di dubbio, si è rivelato – almeno finora – un buco nell’acqua anche al botteghino: attori svogliati, sceneggiatura vuota e macchinosa, enfasi assente e partecipazione quasi impossibile perfino per chi, nel corso degli anni, ha avuto quantomeno modo di vivere sulle piattaforme videoludiche l’esperienza di Assassin’s Creed.
Non un film dannoso o in grado di indispettire, quanto un titolo anonimo e poco consistente.
Una cosa che, in questi casi, è addirittura peggiore.
VOTO: 4