Il 18 gennaio, in occasione del 30° anniversario della scomparsa di Renato Guttuso usciranno il libro “Ritratti d’artista. Renato Guttuso raccontato da poeti e scrittori” e la nuova edizione del film documentario “La vita è arte. Renato Guttuso, l’artista e il suo tempo” del regista parmigiano Giancarlo Bocchi.
Il libro raccoglie i racconti dei maggiori interpreti della cultura italiana del ‘900 sul grande artista scomparso nel 1987 percorrendo,attraverso la sua vita, anche il clima culturale e politico del nostro paese.
Che rapporto aveva Guttuso con Parma?
Negli anni ’60 la città di Parma era una straordinaria capitale della cultura europea, non solo per il suo passato artistico (gli Antelami, Correggio, Parmigianino), per la sua tradizione musicale (Giuseppe Verdi, Arturo Toscanini, Ildebrando Pizzetti), per artisti innovativi come Atanasio Soldati ed Ettore Colla, per le prestigiose case editrici, per i numerosi giornalisti, intellettuali, fotografi che emergevano a livello nazionale e internazionale, per cineasti e registi entrati nella Storia del cinema, ma perché era una città che realizzava, con pochi mezzi, importanti eventi, produceva idee, dibattiti, creazioni artistiche di ogni tipo. Questo fiorire di idee e iniziative era dovuto a cittadini e amministratori avveduti e preparati. Chi si ricorda oggi di Giacomo Ferrari, un sindaco straordinario o di Giuseppe Negri l’ineguagliato assessore alla cultura e al Teatro Regio che univa competenza a una mente molto aperta? O di altri cittadini che hanno visto nella promozione della cultura un obbiettivo primario per la rinascita della città dopo le devastazioni materiali e morali della città?
La mostra antologica di Renato Guttuso del 1963 si era inserita in quel contesto culturale e politico. Fu una mostra di grande successo con decine di migliaia di visitatori paganti. Ma fu anche un esempio d’innovazione museale per tutti i direttori dei musei d’arte moderna d’Europa che vennero a visitarla (cito per tutti Willem Sandberg dello Stedelijk Museum di Amsterdam). Parma, dal 1960 al 1964, fu per Guttuso la “sua città”. Risiedeva a Roma e a Velate di Varese, ma veniva più spesso a Parma che in altre città. Grazie alla mostra e agli sforzi di alcuni cittadini Parma divenne la meta preferita per alcuni dei più importanti intellettuali e scrittori. Nel libro “Ritratti d’artista” uscito in questi giorni, Guido Piovene scriveva a proposito della mostra di Guttuso: “Parma, allestendola, ci ha ridato la prova di essere una delle nostre città più civili, capace di celebrare l’intelligenza anche quando è ancora operante.” Non fu però facile organizzare quella mostra. Ci fu una opposizione durissima e futile da parte della destra locale, gretta e avida. La stessa che aveva foraggiato il fascismo, la stessa che ha depredato, più recentemente, Parma per un dozzina d’anni, aiutata da molte “quinte colonne”.
Come vede Parma culturalmente oggi?
Diceva lo scrittore Louis Aragon “L’ignoranza della storia rende gli uomini bestie”. Allora come si può definire un sindaco come Pizzarotti che fece ruotare un monumento ad un “eroe del popolo” come Guido Picelli per favorire una manifestazione d’intrattenimento? Gira voce di un grande inciucio Pizzarotti, PD e industriali. Come si può avere speranza in un futuro migliore per Parma? Potrei parlare per ore di spazi storici, l’Ospedale vecchio, Il San Paolo, l’ex carcere di S. Francesco che potrebbero fare la fortuna e rilanciare la città e invece sono lasciati al degrado. Potrei parlare delle Scuderie della Pilotta (restaurate splendidamente in occasione della mostra di Guttuso del 1963) lasciate chiuse e abbandonate al degrado dopo essere state incredibilmente affidate per la gestione, già fallimentare nella conduzione di S. Francesco, dell’Università di Parma.
Non credo che politica culturale sia di acquistare un palazzo per sette milioni per poi non avere un quadro di proprietà da appendere. Politica culturale sarebbe stata invece dare alla città un vero Museo d’arte moderna. Con sette milioni di euro si potevano acquistare un centinaio di opere di grandi artisti contemporanei. Un museo d’arte non ha bisogno di stucchi e dorature. Basta un grande spazio che mantenga la sua aurea, come hanno dimostrato a Venezia con il restauro dell’Arsenale per la Biennale di Venezia. Ma i “poteri forti” ovvero “occulti” hanno un’idea diversa dell’arte e anche dello stato dell’arte. Devo solo aggiungere che con questa gente Parma sarà definitivamente finita e non solo culturalmente. I cittadini non si sono accorti dello scempio portato avanti da alcune istituzione e dalle giunte comunali (di tutti i partiti) negli ultimi trent’anni? Non si sono accorti della ricchezza della città di trent’anni fa (municipalizzate, immobili pubblici, proprietà di banche ecc.) e come è povera e indebitata oggi? Non si accorgono dell’ormai irreversibile decadenza culturale della città se non cambieranno veramente le cose? Un sindaco inadeguato – per essere gentili e non dire di peggio – sarà l’ultimo danno irreversibile, non solo alla cultura, ma anche alla dignità e all’anima della città.