di Rossella Assanti
Natale, le file in macchina per gli auguri, le code per i regali last minute. Spesso ci si ricorda di tutto e ci si dimentica l’essenziale.
Quest’anno la nascita di Gesù e del profeta Mohammed, viene celebrata nello stesso mese di dicembre. Eppure oggi, come in tempi non troppo lontani, tra le due religioni rischia di esserci uno squarcio, una voragine al centro, nonostante gli sforzi dei più grandi esponenti religiosi per ricucire ferite e creare un dialogo. Il problema è generato da un’informazione che spesso disinforma, genera errati stereotipi come quelli legati al mondo della religione islamica.
Nel giorno del nostro Santo Natale, da cristiana, ho indossato l’hijab per partecipare alla celebrazione della santa messa in una parrocchia del bellunese, in Veneto.
A coprirmi il capo un velo verde, il quale colore simboleggia l’equilibrio totale fatto di armonia e amore.
Era quello l’intento: creare un’armonia, mostrare che oltre l’hijab non c’è nulla da temere. Che la donna con il velo che siede al tuo fianco è donna, come te. Non una sottomessa alla violenza, non un’incarnazione della violenza stessa.
L’odore d’incenso, gli occhi addosso, il segno della croce all’entrata della Chiesa. Il banco sul quale sedevo è rimasto vuoto a lungo. Molti preferivano stare in piedi o cercare un posto altrove.
Una donna e una bambina chiedono di sedersi al mio fianco. Solo dopo una signora anziana si avvicina titubante. Mi guarda. Chiede al figlio di cercare altri posti. Niente, tutti occupati. Si siede stringendosi le spalle.
“No, io di fianco a questa gente non voglio starci.”
Non mi volto. Sento l’uomo alzare il tono della voce e ripetere delle parole rivolte verso di me.
“Allahu akbar, giusto? Siete una vergogna. Non ci posso credere, con che coraggio venite in chiesa?”
Non rispondo. Durante la liturgia la donna e la sua bambina mi porgono il libretto con i passi che il parroco avrebbe letto. “Così può seguire e capire meglio.” Mi dice.
La gentilezza è il filo con il quale cucire ogni brandello che va in pezzi.
La luce viene a mancare per pochi minuti in Chiesa. Un breve cortocircuito.
L’anziana alla mia sinistra allo spegnersi delle luci si volta a guardarmi, allarmata. Chiama con il braccio la signora che sedeva davanti. Mi guardano con sospetto. Un brusio di sottofondo, lo stesso che mi ha accolta all’entrata.
Il parroco ha continuato senza interrompersi.
L’effetto collaterale di tutta l’informazione che alcune emittenti televisive ci danno da mangiare è proprio questo perenne senso di sospetto, di allarme. Il messaggio è che il terrorismo ha una religione, quella islamica. La reazione di chi lo recepisce è la paura immediata di fronte ad ogni musulmano.
Il resto scorre calmo. Qualche sguardo indiscreto verso la fine. Qualche segno di pace. Chi invece non vuole proprio saperne.
“Siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni”, disse Shakespeare. Invece no, quella sostanza ora è la paura, la diffidenza. Abbiamo dimenticato tutto.
Ci si è persino dimenticati che tempo fa anche i cristiani occidentali indossavano il velo muliebre in chiesa durante le azioni liturgiche, perché era consigliato nelle lettere di S. Paolo: «La donna deve portare sul capo il segno dell’autorità di Cristo sulla natura umana. La chioma le è stata data a guisa di velo.»
Un velo che copre il capo, dunque, non può diventare simbolo di violenza, e oggetto di schernimento e isolamento. La libertà di indossarlo non è sinonimo di una mancata occidentalizzazione, bensì di un rispetto verso la propria religione e un completamento della propria identità.
il razzismo è odioso ma che senso ha che una cristiana indossi un simbolo non suo? comunque oggi il velo in chiesa non lo porta più nessuno ed è molto meglio
Rispondo al commento di Vlad:
Mia zia, siciliana e cristiana, scomparsa qualche anno fa, ha portato il velo in chiesa e spesso anche all’aperto fino a poco prima della sua morte. Nessuno l’ha mai accusata o discriminata neanche quando veniva in vacanza a Roma. Anzi… Perche’ era italiana ed aveva una certa età?, e faceva una certa tenerezza quella cara vecchina di altri tempi? Vabbe’… Tantomeno nessuno ha mai preteso che se lo togliesse in forza di qualche mal posto principio o addirittura in virtù di qualsivoglia “dal momento che non lo porta più nessuno, e’ molto meglio così (punto e basta)”.
Se chi legge non riesce a sforzarsi di capire perchè chi ha scritto questo articolo abbia deciso -in quella circostanza specifica- di indossare l’hijab, non ci si deve poi stupire se le conseguenze di un diritto sono atteggiamenti e azioni che, a mio modesto giudizio, potrebbero nascondere alcune delle paure e pregiudizi sottolineati nell’articolo stesso.