Nella notte tra venerdì e sabato un gruppo di 14 famiglie insieme a 10 singoli è entrato nell’edificio ex Biondi di Borgo San Domenico trovando in questo modo un tetto sotto il quale abitare e costruire il proprio futuro.
Si tratta – fa sapere la Rete Diritti in Casa – di persone colpite dalla crisi con perdita del lavoro e che hanno quindi subito lo sfratto senza che nessuno li aiutasse a trovare una sistemazione alternativa accettabile.
Alcune di queste persone hanno subito ben tre sgomberi di polizia, prima in Via Cagliari, poi in Via Zarotto 80 poi l’ex ufficio stranieri della questura in Borgo Riccio.
Questi sgomberi hanno aggravato il problema abitativo in città: ormai il comune si trova ad avere tutte le strutture di accoglienza (dormitori, case d’accoglienza ecc) strapiene, mentre le case popolari sono da sempre in numero insufficiente per far fronte al bisogno. Cosa dovrebbero fare i senza casa? Rassegnarsi a dormire in auto, sotto i ponti, sui treni fermi in stazione o in sala d’aspetto? In case abbandonate e fatiscenti oppure in sovraffollamento con minialloggi che sarebbero troppo piccoli per una famiglia e ne ospitano invece due?
Questa è la situazione in cui si trovano a Parma in prossimità del Natale 2016 centinaia di persone, italiane o provenienti da altri paesi.
Dopo i vari sgomberi subiti abbiamo aspettato per mesi che si aprisse una
trattativa seria e concreta per affrontare l’emergenza abitativa in città, in particolare che il prefetto intervenisse per convocare un tavolo provinciale sull’emergenza abitativa, che si cominciasse a parlare di requisizione di almeno qualcuno dei 51.000 alloggi non utilizzati del parmense, un numero enorme e ben più che sufficiente per soddisfare le esigenze di tutti coloro che ne abbisognano.
Tra i tanti edifici vuoti spiccano quelli di vari enti pubblici e quelli, sempre più numerosi, della chiesa, che subisce la crisi delle vocazioni e si trova ad avere interi palazzi abbandonati.
E’ il caso della ex Comunità educativa delle Orsoline “Biondi” che accoglieva ragazze e ragazzi di famiglie in difficoltà, chiuso dalla scorsa estate e in procinto di essere venduto. Non è accettabile che un edificio destinato a finalità sociali e caritatevoli venga messo sul mercato perdendo la sua originaria funzione per divenire oggetto di speculazione. La chiesa non può farsi agente immobiliare: se gli ordini religiosi non sono più in grado di gestire le strutture che prima operavano in stretto contatto con i servizi sociali pubblici, riteniamo sia giusto che la chiesa restituisca le strutture alla collettività, anche in considerazione del fatto che molte della proprietà della chiesa sono state acquisite come lasciti da parte di privati cittadini per finalità caritatevoli.
Se i preti e i vescovi non aprono le porte ai bisognosi, ci pensano i bisognosi a riprendersi il diritto ad un’esistenza dignitosa aprendo le porte dei palazzi del clero abbandonati.
Ai vicini di casa, agli abitanti del quartiere Oltretorrente, facciamo un appello affinchè non cadano nella trappola del sospetto e della paura: se temete che l’occupazione dell’ex Biondi possa portare disagio e meno sicurezza nel quartiere dovete sapere che chi entra nel movimento di lotta per la casa e ricorre alle occupazioni viene a far parte di una comunità di persone che condividono valori e pratiche che condannano ed escludono comportamenti antisociali e che si prodigano a rendere più sicuri, confortevoli gli edifici.
Molto meno sicuro è invece lasciare edifici vuoti in cui può entrare di nascosto chiunque, edifici che vanno in malora perché nessuno si cura della manutenzione – chiudono gli esponente della Rete per la Casa. E’ stato dimostrato in tutte le precedenti occupazioni a Parma: dopo una iniziale diffidenza da parte del vicinato, dopo aver riscontrato che l’occupazione non porta problematiche insormontabili,(e comunque risolvibili con il dialogo) si sono sempre mantenuti rapporti cordiali, di rispetto e collaborazione. Lo stesso intendiamo sviluppare in Oltretorrente, quartiere con profonde radici popolari, di lotta e solidarietà, del quale vogliamo essere parte integrante e propositiva”.