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Macelli esteri, carne che si trasforma in italiana. Frodi, riciclaggio e rischi per lavoratori

“Macellazione: attività criminale organizzata, frode, riciclaggio di denaro, evasione IVA, appalti irregolari, lavoratori in nero e lavoratori clandestini. Cercasi qualche imprenditore indignato!”

L’appello del sindacato CGIL sulla situazione vergognosa di alcuni macelli esteri che influiscono sul mercato italiano

“900 lavoratori di cooperative, di cui 440 stranieri e 386 senza contratto di lavoro. 8 milioni di euro di frode fiscale, attraverso false fatturazioni a società fittizie per evadere l’IVA. Questo è il risultato di una vasta operazione condotta da oltre 200 agenti di diversi servizi.

Non è accaduto in Italia ma in Polonia, presso il macello Pini di Kutno, il 5 dicembre scorso, come si apprende da notizie di stampa italiana ed estera. 

In Italia ne sentiamo gli effetti! Pini, oltre ad essere proprietario del macello Ghinzelli di Mantova, è anche un importante importatore di cosce suine presso i nostri distretti alimentari emiliano romagnoli, in particolare quello modenese. Sono decine di migliaia di cosce suine polacche, macellate nello stabilimento di Kutno, che ogni giorno varcano le frontiere italiane per arrivare in alcuni impianti di sezionamento, di rifilatura e salumifici.

Cosce suine con prezzi estremamente concorrenziali che mettono fuori mercato le imprese che lavorano carne italiana, ma anche quelle che comprano materia prima da fornitori che rispettano contratti di lavoro e leggi di ogni Stato europeo.

Cosce suine estere a prezzi stracciati, che diventano italiane, perché lavorate e trasformate in Italia, utilizzate da alcune fra le più grandi imprese della salumeria italiana, con sfavillanti codici etici e urlate dichiarazioni di “responsabilità sociale”.

Carne macellata, lavorata e importata nelle condizioni scoperte in Polonia, che fa aumentare i fatturati di qualche impresa e che crea, indirettamente, la devastazione di un grande pezzo della filiera agroalimentare del nostro Paese (dagli allevamenti agli impianti di sezionamento, passando dai macelli).

Le imprese della lavorazione delle carni italiane e le loro associazioni, invece di dire basta, a questa concorrenza sleale, isolando questi importatori, cosa fanno? Avvallano sistemi di organizzazione del lavoro simili a quelli scoperti in Polonia: appalti a false cooperative, irregolarità diffuse nelle applicazioni contrattuali, sfruttamento dei lavoratori fino a forme di “nuovo caporalato” e evasioni d’IVA, come scoperto dalla Guardia di Finanza di Modena nel 2014 e 2015.  

Se anche gli imprenditori, quelli che subiscono pesantemente questa concorrenza sleale e le loro associazioni non dicono basta, continuiamo a ribadirlo: è a rischio tutta la filiera della lavorazione delle carni italiana. E’ a rischio perché quella carne, lavorata da lavoratori che hanno un costo del lavoro pari ad 1/4 di quello italiano, con quelle irregolarità e illegalità riscontrate dalle forze di polizia polacche, non possono essere prese come pretesto per giustificare i modelli organizzativi presenti nei macelli italiani”.

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