La mattina del 21 novembre si è tenuto un presidio dei lavoratori e delle lavoratrici del settore tessile in occasione dello sciopero dei tessili. che continuerà per tutta la giornata. La mobilitazione di oggi prevede anche il blocco dello straordinario e delle flessibilità.
Dopo oltre 20 anni il settore tessile/abbigliamento torna allo sciopero generale e lo fa in difesa del contratto nazionale di lavoro scaduto più di sei mesi fa (il 31 marzo 2016) e che riguarda oltre 420mila addetti, la cui trattativa con SMI per il rinnovo si è bruscamente interrotta lo scorso 20 ottobre.
Al centro del mirino dei sindacati l’indisponibilità delle controparti a rivedere l’impostazione sul modello di individuazione ed erogazione degli incrementi salariali e per le richieste normative tutte incentrate a comprimere diritti e ruolo negoziale delle Organizzazioni Sindacali territoriali e delle R.S.U.
Il sistema moda industria pretenderebbe infatti di ridurre le ferie agli impiegati; intervenire sui tre giorni di carenza malattia già retribuiti da molti anni al 50%; il pieno recepimento del Jobs Act nel contratto nazionale, riducendo le tutele a tutti i lavoratori; limitare la fruizione della legge 104 per assistenza; disconoscere il lavoro svolto fino ad oggi per aggiornare gli inquadramenti. Ai lavoratori viene poi proposto un modello contrattuale che, rinviando i calcoli sull’inflazione all’anno successivo, non dà, all’atto della sottoscrizione, nessuna certezza economica. Tutto ciò, mentre le piccole e medie imprese del settore tessile abbigliamento hanno già sottoscritto un rinnovo di contratto che prevede aumenti salariali e non taglia diritti e tutele.
“In un comparto dove la contrattazione di 2° livello, per cultura e per dimensione aziendale, stenta ad affermarsi – hanno spiegato Stefania Pomante, Mario Siviero e Riccardo Marcelli, rispettivamente segretari nazionali del settore FILCTEM CGIL, FEMCA CISL e UILTEC UIL – è irrinunciabile il ruolo regolatore e l’autorevolezza salariale del contratto nazionale”.